Dopo la cessione dei gioielli Unicredit fa 8 mila esuberi
La parola chiave è sovracapacità ( o verb ank i ng ). È il problema che, insieme alla richiesta di rendimenti più alti da parte degli azionisti, ha scatenato l’ultimo dramma bancario italiano. Alla presentazione del nuovo piano industriale Team 23, ieri l’amministratore delegato di UniCredit Jean Pierre Mustier ha annunciato l’ennesimo taglio della forza lavoro pari al 10% nei prossimi quattro anni: 8mila dipendenti in meno. Il salasso colpirà soprattutto la Penisola dove sono previste circa 5.500 uscite, che si assommano alle 500 rimaste del precedente piano Transform 2019, e la chiusura di altre 450 filiali.
GLI OBIETTIVI del piano Team 23 sono quattro: rafforzamento della base clienti, massimizzazione della produttività, attenzione al rischio, gestione del capitale. Proprio sul fronte del capitale, nel quadriennio 2020- 23 Mustier prevede di remunerare gli azionisti con 16 miliardi: 6 miliardi sotto forma di dividendi, 2 con il riacquisto di azioni ( buyback) e altri 8 sotto forma di incremento del patrimonio netto tangibile. Se il piano di Mustier sarà realizzato, uscirebbe il 14,5% degli attuali 38mila bancari italiani. Le filiali in Europa occidentale sono circa 2.870 di cui 2.400 in Italia: il programma prevede la chiusura di una ogni sei. La banca vuole ridurre i costi di un miliardo nell’Europa occidentale, pari a un taglio del 12% sui conti 2018. Per realizzare i suoi obiettivi di risparmio, Mustier prevede di spesare 1,4 miliardi di euro di costi di ristrutturazione: 1,1 miliardi di questi riguarderanno l’Italia (il 78% del totale) e solo 300 milioni l’Austria e la Germania, dove tagli pesanti erano stati realizzati negli esercizi precedenti. Immediate le reazioni dei sindacati dei bancari italiani, impegnati nelle trattative con l’Abi per il difficile rinnovo del contratto di categoria, che hanno già dichiarato irricevibile il piano e sono pronti alle barricate.
Per UniCredit quello proposto da Mustier non è il primo progetto “lacrime e sangue”. Nel piano Transform 2016-19, ultimato a fine settembre, i costi netti sono calati di 2,1 miliardi con il taglio del 21% dei dipendenti (14mila uscite) e la chiusura di una filiale ogni quattro nei “mercati maturi”. Al 30 settembre scorso il gruppo contava 84.652 dipendenti, dei quali 24.308 nell’Europa centrorientale e 60.345 in quella occidentale, ma nel 2007, quando UniCredit acquisì Capitalia, ne contava circa 170mila. Da allora la forza lavoro si è dimezzata: dal 2007 UniCredit solo in Italia ha realizzato 26.650 uscite, quasi tutti prepensionamenti incentivati spesati dal Fondo di solidarietà del settore finanziato solo da banche e lavoratori, e probabilmente punta ora a gestire le nuove uscite attraverso Quota 100. La riduzione del personale è stata dovuta in parte anche alle cessioni: sotto la gestione Mustier UniCredit ha ceduto Fineco, la polacca Bank Pekao, è uscita dalla banca turca Yapi Kredi e dall’ucraina Ukrsotsbank, ha venduto l’asset manager Pioneer e le attività nelle carte in Italia, Germania e Austria, ha liquidato la quota in Mediobanca. Il tutto per sostenere la redditività languente delle attività core e saziare gli inestinguibili appetiti degli azionisti. Nei giorni scorsi Alessandro Mazzucco, presidente della Fondazione CariVerona che controlla l’1,8% di UniCredit, aveva chiesto che il nuovo piano contenesse “una manovra straordinaria” per remunerare gli azionisti. A Piazza Affari il piano di Mustier però non ha scaldato il titolo UniCredit che ha chiuso la seduta a -0,45% a fronte di un indice Ftse Mib invariato.
MA È L’INTERO SETTORE a dover fronteggiare problemi irrisolti, dovuti non tanto ancora alla disruption in arrivo dal fintech – che comunque incombe – quanto alla sovracapacità bancaria, un fenomeno che ha tre dimensioni interconnesse: l’offerta di credito, le pressioni concorrenziali e l’infrastruttura (personale e filiali). Secondo una ricerca della Bce pubblicata a novembre, l’Italia è quinta tra le principali 26 economie mondiali dopo Germania, Giappone, Austria e Francia per peso della sovracapacità bancaria. Non a caso proprio Italia, Germania e Austria sono i principali mercati di UniCredit.
Miliardi: i costi netti dopo il piano Transform 2016-19 con il taglio del 21% dei dipendenti (14 mila uscite) e la chiusura di una filiale ogni quattro nei “mercati maturi”
Forza-lavoro dimezzata Le 26.650 uscite dal 2007 sono quasi tutti prepensionamenti. Ora si userà anche Quota 100
I numeri
La quota dei 38 mila bancari italiani che uscirà Le filiali in Europa occidentale sono circa 2.870 di cui 2.400 solo in Italia