Conte prova a smarcarsi da Trump su 5G e Web tax
Londra Il presidente americano minaccia: “L’Italia non andrà avanti sul superInternet coi cinesi”. La risposta del premier: “Non ci sfiliamo”
Sul prato dove Obama e Cameron hanno giocato a golf insieme, nelle sale del The Grove - il centro congressi immerso nella brughiera londinese di Watford - dove è di casa anche il Bilderberg, alle 4 di pomeriggio Giuseppe Conte corre via dopo aver incontrato il presidente americano Trump. Ci tiene a rassicurare la stampa italiana: tra “Giuseppi” e “The Donald” non è successo niente, il che di solito conferma che qualcosa è andato storto. “Grande sintonia e grande amicizia”, fa sapere palazzo Chigi al termine del bilaterale che si è tenuto a margine del vertice Nato, ringraziando il presidente Usa per le “parole gentili” che ha riservato al lavoro “fantastico” che sta facendo il governo italiano. Soprattutto, spiegano, c’è stata grande “attenzione” da parte di Trump al discorso con cui Conte gli ha illustrato “la nuova normativa italiana sulla sicurezza cibernetica e sul 5G”. Ovvero il decreto, ormai convertito in legge, con cui il governo può esercitare il golden power - i poteri speciali - per verificare i contratti di sviluppo del 5G che riguardano aziende non europee, soprattutto le cinesi Zte e Huawei, multinazionali che per gli Stati Uniti fanno spionaggio per conto del governo di Pechino e che in Italia sono in espansione.
UN TEMA che preoccupa eccome il presidente americano, evidentemente non rassicurato dalle promesse che gli arrivano dall’Italia, come quella per cui verrà sostituita l’intera infrastruttura informatica dei nostri ministeri, attualmente affidata proprio a Huawei. Che il clima sia teso lo dimostra il fatto che ieri le pressioni americane si sono spinte alla minaccia. Trump, prima di incontrare Conte, ha fatto sapere di “avere l’impressione” che l’Italia “non andrà avanti” con il 5G. Una frase che il premier è stato costretto a smentire: “Non ne abbiamo parlato”, ha detto prima del bilaterale in cui ha spiegato al presidente americano “la nuova normativa” di cui sopra. Per poi aggiungere: “Non è che l’Italia si può sfilare da una tecnologia, applicheremo tutti gli strumenti di protezione di cui siamo dotati”.
Non è l’unico punto di frizione tra gli alleati. Perché al netto della Libia - Conte ha chiesto un maggior coinvolgimento dell’Italia nella risoluzione politica del conflitto - e delle missioni spaziali - pare che torneremo insieme sulla Luna e andremo pure su Marte - sul tavolo c’è altra carne viva, ovvero la tassazione dei giganti del web. Trump, al solito, minaccia dazi per chi oserà introdurre la digital tax.
CONTE invece - sulla linea del ministro Francesco Boccia che ha definito “scomposta e ingiusta” la reazione della Casa Bianca - ha ammesso che non gli fa “certo piacere” sentirsi minacciato per una scelta di politica economica che è tutta nazionale: “Siamo alleati e abbiamo un rapporto privilegiato, ma siamo uno Stato sovrano: possiamo anche confrontarci e scambiare opinioni, ma poi decide ciascuno Stato nell’ambito della propria sovranità”.
Toni poco concilianti con quelli della sera prima, quando Trump, al termine del ricevimento con la regina, gli ha dato un passaggio sulla vettura presidenziale per andare da Buckingham Palace a Downing Street. D’altronde, a voler leggere tra le righe, il presidente americano era stato chiaro anche lì. Appena saliti in macchina, insieme alla first Lady Melania e al presidente francese Emmanuel Macron, ha battuto le nocche sui vetri del finestrino: “Indestructible”, ha sentenziato Trump tastando lo schermo a prova di bomba. Come a dire che finché sta con lui sta al sicuro. Fuori, c’è il mondo cattivo (che fa affari con i cinesi e chiede pure di pagare le tasse a Google, Facebook e Amazon).
C’è un rapporto privilegiato, ma poi decide ciascuno Stato nell’ambito della propria sovranità
GIUSEPPE CONTE
Tasse per i “giganti” L’altra questione che divide i due alleati: The Donald schierato con Google e Amazon