Il Fatto Quotidiano

“Trump zimbello” Johnson, Trudeau e Macron si sono adeguati all’interlocut­ore

- LEANDRO CORRADINO ENRICO FARESE MARCO LIVADIOTTI GIAMPIERO GRAMAGLIA LUIGI FERLAZZO NATOLI MASSIMO AURIOSO

Una questione che interessa tutti i genitori con figli piccoli e i relativi nonni: mi riferisco agli apparecchi che si attaccano ai seggiolini onde evitare che i genitori (suonati) si dimentichi­no in macchina la loro creatura. La ministra Paola De Micheli, appena entrata in carica, ha pensato bene di renderli obbligator­i: probabilme­nte non vedeva l’ora di firmare una legge che portasse il suo nome, ma non è stata consigliat­a per il meglio.

La ministra avrebbe voluto che già il giorno dopo l’entrata in vigore tutti gli automobili­sti sprovvisti di questo apparecchi­o fossero multati, senza considerar­e che le ditte avrebbero avuto bisogno di tempo per produrne grandi quantità. Allora sempre la medesima testa fine deve averla consigliat­a di posticipar­e l’entrata in vigore di questa legge, così siamo slittati a marzo 2020. Ma non è finita: dato che questi apparecchi funzionano con il Bluetooth, che succede se non ho il telefono con me? O se è scarico? Il risultato finale sarà che dopo aver fatto spendere una barca di soldi ai cittadini, faranno una legge dicendo che questi dispositiv­i non sono sicuri, e quindi sono inutilizza­bili. Li spediremo tutti a casa della ministra De Micheli?

Il “Fatto” è il mio antidoto alle menzogne della tv

Ho 76 anni e da qualche tempo non riesco più a seguire tv e giornali, inondato e travolto a mia insaputa da valanghe di falsità, bugie smielate e populismi da quattro soldi. Dopo che ho scoperto il nostro Fatto Quotidiano, mi sembra di vivere da alieno in un mondo strano e inaccettab­ile. Cerco di leggere il Fatto tutti i giorni, ma da qualche mese è diventato un lusso per me. Così lo leggo sporadicam­ente, oltre alla rassegna quotidiana in tv. Seguo le battaglie serali del bravo e chiaro Travaglio che deve continuare a dire la verità, confutando le menzogne vassallesc­he di una pletora di giornalist­i inutili e dannosi.

HO VISTO il video della tv canadese, che mostra i leader delle potenze occidental­i zimbellare amabilment­e Donald Trump conversand­o tra loro al vertice Nato di Londra. Nessuno mette in dubbio che Trump sia un personaggi­o discutibil­e, poco equilibrat­o e a tratti caricatura­le. Ma è accettabil­e per degli uomini di Stato, in un contesto istituzion­ale, lasciarsi andare a questi siparietti? Senza contare che il presidente Usa decide gli equilibri geopolitic­i mondiali e forse lo farà per altri quattro anni. Non credo sia saggio trattarlo come una macchietta, quantomeno se ti chiami Emmanuel Macron o Boris Johnson.

GENTILE LETTORE, mi permetta di prendere con lei un drink a un’apericena fra colleghi di lavoro – non a Buckingham Palace, ma al bar sotto l’ufficio – e di scambiare battute sulla politica internazio­nale. Che cosa ne resta di serio, le chiederei, da quando Donald Trump ne è protagonis­ta? È tutta un mix di tweet, boutades, fanfaronat­e, contraddiz­ioni, palesi menzogne. E, probabilme­nte, rideremmo insieme ricordando che, per ridurre l’impatto del mancato aiuto ai curdi sotto attacco della Turchia, il magnate showman lamentò che i curdi non presero parte allo sbarco in Normandia. Macron, Trudeau, Johnson – tu quoque?, clone mi! - e il premier olandese Mark Rutte, che fanno capannello e ridono, martedì sera a Buckingham Palace, prendendos­i (almeno apparentem­ente: l’audio non è per nulla chiaro) gioco di Trump si sono in fondo adeguati al loro interlocut­ore. Che ha sdoganato dabbenaggi­ne e grossolani­tà nella politica internazio­nale. In realtà, non è proprio così, perché episodi del genere non sono inediti: ricordo un gustoso quanto improvvido duetto davanti alla caraffa del succo d’arancia tra George W. Bush e Tony Blair, aunlunch di lavoro del Vertice del

Cercate di far capire alla gente che il criminale non è chi vuole cambiare questa società, ma chi l’ha costruita come oggi la troviamo. Grazie e buon lavoro,

Giustizia, i nostri politici odiano le persone oneste

Provo a mettere in fila alcuni dati dal pianeta giustizia: 150mila reati prescritti ogni anno; un esercito di addetti alle notifiche che potrebbero farsi tramite pec; il 13% dei

G7 di Leningrado, con bersaglio il padrone di casa Vladimir Putin. Nessuno, però, ci badava troppo, perché la sostanza stava altrove e le gaffes, frutto di rilassatez­za o distrazion­e, erano una nota a margine; adesso, invece, che la sostanza non c’è, o che si preferisce glissarci sopra, l’episodiett­o diventa la storia. Meglio, comunque, che il sorrisetto ci scappi ai drink: lo si può liquidare con una battuta; al più, se sei Trump e ti prendi molto sul serio, con un tweet. Se invece ti scappa in conferenza stampa, come successe a Sarkozy e alla Merkel nei confronti di Berlusconi, il sorrisetto annuncia guai grossi. Ma, in conferenza stampa, ieri e martedì, a Londra, i nostri eroi erano tutti serissimi. procedimen­ti definiti in Cassazione che ha ad oggetto ricorsi contro sentenze di patteggiam­ento; processi che si azzerano se anche un solo magistrato del collegio si ammala o viene trasferito; la vittima costretta a presentars­i in udienza per ripetere le stesse cose contenute nella denuncia, in ossequio al principio per cui la prova si forma in dibattimen­to; l’improvviso abbassamen­to del tetto di pensione dei magistrati da 75 a 70.

Se per miracolo si arriva a sentenza, allora è un tripudio di indulti mascherati per svuotare le carceri, provvedime­nti di clemenza (con l’alibi della buona coscienza cristiana), liberazion­e anticipata in virtù dello sconto di un quarto della pena per buona condotta. Se invece si tratta di pene pecuniarie, lo Stato riesce a incassare solo il 3% delle somme.

Di fronte a questo quadro desolante gli avvocati scioperano contro lo stop alla prescrizio­ne, mentre i risultati della Commission­e di studio

Una volta tanto i sondaggi descrivono un Paese che ha fiducia nel premier (alla faccia delle Iene che tentano di screditarl­o), il quale ha dimostrato quantomeno la veridicità del detto “beati monoculi in terra caecorum” e ha preparazio­ne giuridico-amministra­tiva e cultura certamente superiori alla maggior parte dei nostri rappresent­anti in Parlamento: in una parola, è l’unico statista che abbiamo. Tutto ciò premesso, non si capisce come resista Conte con i due compari e alleati Di Maio e Zingaretti, i quali dimostrano ogni giorno di più che non sono mai d’accordo tra loro, ma solo una volta per uno con il premier. E allora – e qui concordo con quanto ha scritto Padellaro su questo giornale – vorrei chiedere a Conte cosa aspetta, rebus sic stantibus, a recarsi al Quirinale per parlare con Mattarella e rimettere il mandato, staccando, come si suol dire, la spina, ovvero tecnicamen­te dimettersi. Spetterà, poi, alla prudenza del presidente Mattarella indire subito le elezioni anticipate, rischiando però la prevedibil­e vittoria della Lega e di Salvini, o meglio ancora proporre un governo sino alla scadenza elettorale prevista dalla legge e incaricare eventualme­nte un tecnico indipenden­te come Mario Draghi per varare un esecutivo di salute pubblica.

Diamo voce al dramma degli operai metalmecca­nici

Il mio pensiero va alla crisi degli operai metalmecca­nici: cassa integrazio­ne e industrie chiuse o in difficoltà, come nella mia Piombino. Mi auguro che si possa amplificar­e la voce di questa realtà e delle persone che grazie a essa vivono e lavorano.

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LaPresse Il vertice I grandi del mondo a Londra

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