Il Fatto Quotidiano

Il piccolo Mose del Friuli che uccide il Tagliament­o

- » GIANNI BARBACETTO

Tullio Avoledo, scrittore che ama raccontare storie così distopiche da diventare più reali del reale, ama anche il paesaggio in cui è immerso e che diventa la scena dei suoi romanzi. È il Friuli. Lo ama a tal punto da essersi impegnato nella difesa del Tagliament­o, il fiume simbolo del Friuli. Racconta: “Un amico mi ha chiesto: ‘Ma non hai niente di più bello da fare?’. La mia risposta è: ‘Un sacco di cose, ma nessuna importante e vitale come questa’. Quando qualcuno viene a trovarmi, e magari è la prima volta che arriva in Friuli, lo porto sul colle del castello di Pinzano e gli faccio vedere questo paesaggio mozzafiato. Chi non capisce la bellezza e l’importanza, chi non vede l’unicità e la fragilità di questo ambiente, non può decidere del suo destino”.

Il Tagliament­o è un ecosistema unico nel continente. È l’ultimo grande fiume dell’Europa centrale che ancora scorre liberament­e, l’ultimo corridoio fluviale delle Alpi morfologic­amente intatto. Per studiare il corso dei suoi 170 chilometri arrivano ricercator­i, professori e studenti da tutto il mondo.

È un ambiente bellissimo e fragile. “Da decenni”, denuncia Avoledo, “c’è un sotterrane­o fiume infernale di proposte demenziali, autostrade e sbarrament­i, cemento e asfalto, che vorrebbe violare una natura incontamin­ata, di cui non siamo padroni ma custodi, in cambio di inesistent­i benefici ( chiedete agli abitanti della Carnia che bene ha portato loro l’autostrada che va in Austria)”.

DA ANNI LA LOBBY delle grandi opere cerca d’imporre una superstrad­a o un’autostrada che porti il traffico e le merci dalla Lombardia e dal Veneto verso l’Est Europa. C’è già la A4, la Venezia-Udine-Tarvisio, che arriva in Austria, ma si continua a ipotizzare una nuova direttrice che da Pordenone punti subito a nord, verso Gemona, senza dover passare, come oggi, da Palmanova. Ora il progetto, abbandonat­o perché cannibaliz­zava l’autostrada già esistente a cui si sta aggiungend­o la terza corsia, torna alla ribalta: la Regione ha commission­ato uno studio di fattibilit­à.

Ma c’è di peggio: è nato il progetto per realizzare un piccolo Mose friulano, che avrebbe l’obiettivo (incerto) di proteggere la città di Latisana dalle eventuali inondazion­i del fiume, ottenendo l’esito ( certo) di distrugger­e l’a m bi e nt e dell’ultimo bacino fluviale ancora incontamin­ato in Europa.

Eccole qua, le grandi opere che a fronte di una distruzion­e certa del patrimonio naturale promettono incerti, anzi incertissi­mi, benefici economici o di protezione ambientale. Il piccolo Mose del Friuli è una struttura di cemento armato di 150 metri alta 11, con paratie mobili in caso di piena, che creano un invaso di 18 milioni di metri cubi. Soluzione tecnicamen­te discutibil­e, che potrebbe essere sostituita da altre opere che costano molto meno e fanno molto meno male all’ambiente.

“Qualcuno trama, nel silenzio dei media, per attentare alla libertà e alla bellezza del nostro fiume”, conclude Avoledo. “Dobbiamo fermarlo. Ce lo chiedono i nostri antenati e ce lo chiedono, con voce sempre più alta, i nostri figli. Per riparare ai danni dell’avidità umana ci vogliono secoli. Per fermare gli errori sul nascere basta l’impegno di tutti gli uomini e le donne di buona volontà che questa terra, e la Terra in genere, riesce ancora a generare”.

twitter: @gbarbacett­o

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