Il Fatto Quotidiano

“Ormai è tardi: sfida poveri-ricchi per le regioni con un clima sano”

IlsummitCo­p25 Dati dell’Onu sempre più allarmanti. Il climatolog­o Mercalli: “Anche arrivando a emissioni zero avremo conseguenz­e gravi”

- » PAOLO FROSINA

Quasi mezzo milione di vittime e danni per 3,5 miliardi di dollari. È il bilancio degli oltre 12mila eventi meteorolog­ici estremi (cicloni, siccità, ondate di calore) che hanno colpito il pianeta tra il 1999 e il 2018, secondo i numeri del Climate Risk Index presentato alla Cop25 di Madrid dalla ong tedesca Germanw at ch . E le catastrofi ambientali non sono più un’esclusiva del Sud del mondo: in cima alla lista dei Paesi più colpiti nel 2018, dice il rapporto, ci sono Giappone e Germania. L’Italia, invece, è al sesto posto per numero di morti nell’ultimo decennio. “Il cambiament­o climatico presto sarà un’ emergenza sociale visibile a chiunque”, dice al Fatto Luca Mercalli, climatolog­o e docente, il più noto divulgator­e italiano su questo tema.

Dottor Mercalli, siamo ancora in tempo?

Il processo ormai è irreversib­ile. Se arriviamo allo zero netto di emissioni entro il 2050, come ha chiesto la Commission­e Ue, possiamo evitare la catastrofe. Ma anche riuscissim­o a mantenere il riscaldame­nto globale sotto i 2 gradi, vedremo comunque effetti molto pesanti nei prossimi decenni.

Per esempio?

Le migrazioni. Avremo una fuga di massa dai Paesi caldi dove vivere sarà diventato impossibil­e. Al contrario ci saranno isole per ricchi, zone con temperatur­e ancora accettabil­e dove si farà a gara per stabilirsi. In Italia, ad esempio, immagino una fuga dalle grandi città verso i borghi dell’A p p e nnino. E poi nuove forme di sfruttamen­to: i privilegia­ti che lavorano in ufficio se la caveranno con i condiziona­tori. Ma chi accetterà di lavorare all’aria aperta? I disperati, chi non può permetters­i altro. Saranno gli schiavi del prossimo futuro.

Come valuta i primi giorni della Conferenza Onu sul clima a Madrid?

Le prime giornate sono sempre uguali: appelli ogni volta più allarmati, che condivido al 100%. Ma di appelli ne ascoltiamo da trent’anni e restiamo sempre in questo stato d’inerzia estenuante.

Ci sono Stati più responsabi­li di altri?

Gli Usa di Trump, che ha scelto di uscire dagli accordi di Parigi comunicand­o un pericoloso messaggio di negazione. E poi Cina, India e gli Stati del sud-est asiatico, tra i più restii a limitare le emissioni.

Non è comprensib­ile, visto che i Paesi occidental­i hanno inquinato per anni senza limitazion­i?

Se siamo tutti su un aereo che precipita è inutile stare a litigare. I governi dei Paesi in via di sviluppo sanno bene che gli effetti del riscaldame­nto globale sarebbero devastanti anche per loro. Cercano di negoziare in modo da non uscirne “cornuti e mazziati”, e d’altra parte è a questo che servono le Cop.

Il Global Risk Index propone uno strumento finanziari­o specifico dell’Onu per i danni climatici, una specie di assicurazi­one.

Può certamente aiutare, ma solo fino a un certo punto. Con la frequenza che hanno assunto gli eventi estremi negli ultimi anni, alcuni Paesi rischiano di non risollevar­si più. Si creano effetti a lungo termine sull’economia e anche sulla psicologia delle persone. Prenda Venezia: un’acqua alta al mese è accettabil­e, due o tre lo sono meno, quando diventano quattro o cinque allora te ne vai. Nel resto del mondo è lo stesso.

Chi accetterà di lavorare all’aria aperta, senza condiziona­tore? Solo i disperati, gli schiavi dei prossimi decenni

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Ansa è meteorolog­o, climatolog­o e divulgator­e televisivo
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