Il Fatto Quotidiano

Stupro e pene basse: manca il “dispregio”

Le motivazion­i del giudice che spiegano la pena mite per i violentato­ri di Viterbo

- » SELVAGGIA LUCARELLI

Si

aspettavan­o le motivazion­i della sentenza su Francesco Chiricozzi e Riccardo Licci, per capire le ragioni delle condanne tutto sommato miti per quelli che sono stati definiti “i due stupratori di CasaPound”. E a leggerle, le motivazion­i, si ha la sensazione, sgradevole, che il fatto sia stato sottodimen­sionato, non tanto per una questione di pena, ma di valutazion­i.

Si aspettavan­o le motivazion­i della sentenza per capire le ragioni delle condanne tutto sommato miti per quelli che sono stati definiti “i due stupratori di CasaPound”. E a leggerle, le motivazion­i, si ha la sensazione, sgradevole, che il fatto sia stato sottodimen­sionato non tanto per una questione di pena, ma di valutazion­i. Francesco Chiricozzi e Riccardo Licci sono stati condannati a 3 anni il primo e a 2 anni e 10 mesi l’altro, per violenza di gruppo su una donna stordita e ubriaca. I fatti risalgono all’11 aprile di quest’anno. Chiricozzi aveva 19 anni, Licci 21. Lo stupro avviene nel pub “Old Manners” di proprietà di Chiricozzi, ritrovo dell’e s t re m a destra viterbese.

Entrambi all’epoca sono già indagati per lesioni, minacce e danneggiam­ento. Insomma, alla loro tenera età, sono già cittadini modello. La sera dell’11 aprile conoscono A., 36 anni e disturbi della personalit­à per cui assume psicofarma­ci, e la violentano ininterrot­tamente per un paio d’ore, approfitta­ndo del suo stato di ubriachezz­a e semi-incoscienz­a. Uno stupro feroce. A. viene sottoposta a pratiche sessuali anche anali e orali con mani e oggetti. I due le dicono “Zitta troia”, “Ti ammazzo”, bestemmian­o. Lei si lamenta “Basta basta”. Licci prende il suo cellulare e filma la violenza. In una foto la ragazza è rannicchia­ta per terra, nuda, in una Chiricozzi le mette una mano sulla bocca.

Le foto e i video vengono inviati agli amici quella stessa notte su una chat di gruppo di cui fa parte anche il padre di Licci. Lo stesso padre che poi, quando scopre la denuncia, scriverà al figlio “Riccardo, butta il cellulare subito”.

Insomma, una storia raccapricc­iante da cui emergono un totale disprezzo per la vittima e una ferocia sprezzante. La ragazza sporge denuncia il giorno dopo, Chiricozzi cancella whatsapp, le riprese della videosorve­glianza del suo locale spariscono. Sul telefono di Licci invece viene ritrovato tutto. La polizia giudiziari­a recupera tramite i tecnici le immagini del pub. Chiricozzi afferma che sia whatsapp che le immagini del locale “si sono cancellate da sole”. Non ricorda i “Zitta troia”, i “Basta basta”. Dice che i due erano “in imbarazzo” nel trovarsi a fare sesso con la stessa donna. Non ricorda a cosa alludesse l’amico quando gli diceva “Me tti li nella f..”. Con imbarazzo, si intende. Licci riesce a fare quasi di meglio: nega di aver diffuso foto, afferma di averle realizzate perché aveva trovato GOLIARDICA la situazione. Dice che quel “basta basta” per lui era sintomo di appagament­o sessuale, che il suo “Zitta troia” era eccitazion­e.

ENTRAMBI MENTONOdic­endo che la ragazza li ha denunciati per vendicarsi di quei video, visto che la ragazza, quando denuncia, non ne conosce neppure l’esistenza.

Come è possibile dunque che le condanne siano state così miti? Il giudizio abbreviato ha ridotto di un terzo la pena inflitta che era di 6 anni. Il giudice poi ha ridotto di un altro anno la pena per “l’attenuante del risarcimen­to del danno”. I due in effetti hanno risarcito la vittima con 30.000 euro a testa che il giudice ha ritenuto possano “consentire adeguate terapie e ristoro morale”, visto anche “il danno fisico di modestissi­ma entità”. Certo. Considerat­o che, come ammesso dallo stesso giudice, la ragazza era semi-incoscient­e e in uno stato di minorata difesa, non poteva certo opporre resistenza e avere chissà quali lesioni. Rischia di pagare di più un giornalist­a condannato per diffamazio­ne che due stupratori, apprendiam­o oggi.

LA PENA È RIDOTTA di un ulteriore anno per “attenuanti generiche”. Ricorda infatti il giudice che “la loro azione non fu determinat­a da dispregio della persona, ma da impulsi (negativi) sessuali”, che “la condotta processual­e è stata corretta avendo fornito loro stessi la versione dei fatti dalla quale emerge la loro penale responsabi­lità” e poi “le particolar­i modalità del fatto vedono i due imputati – giovanissi­mi – coinvolti in una serata con una donna molto più grande di loro, preda anche loro dell’alcol… condizione di cui bisogna tener conto nel valutare lo stato psicologic­o”. Infine: “La ragazza è stata riaccompag­nata a casa a ulteriore conferma della inconsapev­olezza del rilievo penale della condotta”.

Non una parola sui video e i filmati dello stupro inviati agli amici, che secondo il giudice, dunque, non sono indicativi di “d i sp r e g i o ” della persona. La condotta processual­e viene considerat­a corretta perché hanno ammesso le loro responsabi­lità, dimentican­do che dopo aver provato a raccontare la favoletta “era consenzien­te”, entrambi non potevano negare nulla, visto che i video li inchiodava­no.

Il fatto che la donna fosse più grande al limite avrebbe dovuto instillare soggezione anziché freddezza e sull’averla riaccompag­nata a casa, il giudice stesso ricorda come dai video si evinca che lei non fosse neppure in grado di uscire dal pub di Chiricozzi senza cadere per terra. L’hanno riaccompag­nata a casa perché non avevano alternativ­e, oltre al marciapied­e o la cunetta. Insomma, non sono tanto i 2 e 3 anni di pena a essere miti, in questa orribile vicenda, ma le parole di un giudice per cui le immagini di una donna nuda, ubriaca, stuprata inviate agli amici non sono neppure il segno più spregevole del disprezzo.

La loro azione non fu determinat­a da dispregio della persona, ma da impulsi (negativi) sessuali

Una donna molto più grande di loro, in preda all’alcool… condizione di cui bisogna tener conto nel valutare lo stato psicologic­o

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Un selfie di Francesco Chiricozzi e Riccardo Licci postato su Instagram
Ansa Estremi Un selfie di Francesco Chiricozzi e Riccardo Licci postato su Instagram
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