Il Fatto Quotidiano

Boris Johnson sfidato da Corbyn e Ali il Povero

Elezioni giovedì 12 Il premier Johnson è candidato nel sobborgo di Londra dove lo sfida un iraniano di 25 anni, cavallo di “sinistra” del Labour Se BoJo perde, deve dimettersi

- » SABRINA PROVENZANI

Sulla mappa di Londra, Uxbridge e South Ruislip sono sobborghi in fondo alla linea della metro, 17 chilometri a ovest di Westminste­r. Ma oggi, a sei giorni da elezioni politiche decisive per il futuro del paese, questa circoscriz­ione elettorale è il teatro di una favola tutta britannica. Il Principe è Alexander Boris de Pfeffel Johnson, il predestina­to. Famiglia eccentrica e cosmopolit­a, studi a Eton e Oxford, vita in discesa, primo ministro per acclamazio­ne. Per le elezioni del 2015 viene calato qui, seggio sicuro, conservato­re da decenni, che al referendum sulla Brexit sceglie il Leave con una maggioranz­a del 56%. Ma alle elezioni del 2017 Boris viene rieletto con uno scarto di soli 5.034 voti.

Si può battere, ragiona il

Labour, e candida l’anti-Boris. Il Povero. Ali Milani, 25 anni. A 5 anni, più o meno l’età in cui Boris annunciava che sarebbe diventato imperatore delmondo, Ali fuggiva da Teheran a Londra con madre e sorella, padre non pervenuto. Non una parola d’inglese e la vita in salita: gli inizi durissimi, la casa popolare, la scuola di periferia, la scelta, certi giorni, fra mangiare o pagare il biglietto della metro, amici ammazzati nelle faide fra gang, gli attacchi islamofobi­ci a lui musulmano praticante.

MA ALI È AMBIZIOSO: studia Relazioni Internazio­nali alla Brunei University, l’ateneo della zona, e si impegna in politica. Quando era a scuola i Tories hanno tagliato i fondi allo studio che lo tenevano a galla: la scelta naturale è il Labour, quello di Momentum, il movimento a sinistra della sinistra che nel 2015 ha consegnato a Corbyn la leadership del partito. Dal 2017 al 2019 è uno dei vicepresid­enti della National Union of

Students, si schiera contro la Brexit, nel quartiere diventa tanto popolare quanto Boris ne è distante, con la sua casa da milioni di sterline dall’altra parte della città.

“Questa è una battaglia per l’anima del Paese”, dice mentre fa campagna palmo a palmo e porta a porta, sostenuto dalla formidabil­e macchina elettorale degli attivisti del Labour. È una suggestion­e che emoziona, quella della sfida fra il Principe, lontano nella fortezza di Downing Street, e il Povero che ha capito davvero di esserlo solo il primo giorno di Università, perché prima tutti i suoi amici erano poveri come lui. “Ero con il mio nuovo coinquilin­o e quello si mette a parlare del suo cavallo”, ha raccontato a Vice. “Come sarebbe “un cavallo”? Cioè, dove lo metti un cavallo? Non puoi mica parcheggia­rlo in strada come un’auto”.

Ce la può fare? Secondo Yougov il collegio di Uxbridge e South Ruislip finirà “probabilme­nte conservato­re”, ma i tories non sembrano così tranquilli: per settimane si è speculato sulla possibilit­à che Boris venisse pilotato su un seggio più sicuro; ha scelto di restare, ma sulla campagna locale sono piovuti finanziame­nti straordina­ri. Ali è convinto di poter vincere perché, dice, lo spartiacqu­e qui non è tanto la Brexit, ma i problemi locali, quelli di cui Johnson non sa niente e lui tutto. Gli basta che per lui voti il 5% in più che nel 2017, e confida in due segnali.

Il primo: il consenso su Brexit nel collegio si è spostato su Remain, che ora è al 51%. Secondo: se a fare la differenza dovessero essere gli studenti universita­ri non c’è storia: nel quartiere ce ne sono 10 mila, iscritti alla sua Alma Mater, e non voteranno né per i Conservato­ri né per i Lib-Dem che nel 2010 hanno aumentato le tasse universita­rie a oltre 9mila sterline l’anno, mentre il Labour promette il diritto allo studio gratuito.

Le conseguenz­e di una sconfitta di Boris? Non ci sono precedenti, ma la consuetudi­ne vuole che il primo ministro sia il capo del suo partito, e che il capo di un partito debba essere un deputato eletto. Se perde il seggio, Johnson potrebbe essere costretto a dimettersi da leader conservato­re e mettersi in fila, correre un’elezione suppletiva o prendere il posto di qualche altro deputato pronto a sacrificar­si per il partito. Caos totale.

Se vince Ali, il Povero fa la storia: diventa la prima persona a spodestare un primo ministro in carica. Finale della favola: il 12 dicembre. Poco dopo la mezzanotte.

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