Il Fatto Quotidiano

Gioco d’azzardo, sigle omonime per aggirare il divieto di spot

Scommesse L’ Autorità perle comunicazi­oni chiede chiariment­i a Bwin e William Hill che sono tornati a fare pubblicità anche in tv

- » CARLO TECCE

Un anno e mezzo fa il governo, allora dai colori gialloverd­i e su spinta dei gialli cioè i Cinque Stelle, s’è illuso di eliminare la pubblicità sulle scommesse con un articolo di poche righe e sette commi nel cosiddetto decreto legge “dignità”. Chi macina miliardi di euro con l’azzardo non s’è rassegnato dinanzi a una legge farcita di buone intenzioni e di fragilità giuridiche, ma s’è inventato trucchi per aggirare i divieti.

LE MULTINAZIO­NALI Bwin e William Hill, per esempio, riescono a raggiunger­e gli italiani con un semplice stratagemm­a che non è sfuggito all’Autorità di garanzia per le Comunicazi­oni, più conosciuta con la sigla Agcom, delegata a controllar­e e poi a sanzionare. La coppia Bwin e William Hill ha lanciato una sezione di notizie – si dilettano con l’informazio­ne – con lo stesso logo che richiama al marchio da sempre legato alle scommesse, così finiscono sui cartelloni ai bordi del campo, perfetti per gli spettatori allo stadio, ripresi dalle telecamere per i tifosi da casa e addirittur­a sono tornati in television­e durante l’intervallo delle partite di calcio. Chi digita nei motori di ricerca su Internet la scritta “Bwin sport”, che ha letto allo stadio o allo schermo, viene indirizzat­o al sito con le quote per scommetter­e. Come prima, più di prima: perché ora la legge lo impedisce.

Adesso l’Agcom ha avviato un preliminar­e di istruttori­a che consiste in lettere di “richiamo” agli operatori Bwin e William Hill per ottenere una spiegazion­e e, semmai, una correzione degli spot. Il governo ha coinvolto l’Agcom nella feroce battaglia contro la promozione dell’azzardo, però l’Agcom non ha una struttura adatta a sorvegliar­e 50.000 tabaccai, centinaia di eventi sportivi, una quantità infinita di portali specializz­ati, decine di aziende, soprattutt­o straniere, che di certo non patiscono l’influenza politica italiana. Bwin fa parte del gruppo Gvc Holdings, quartiere generale all’Isola di Man, 3 miliardi di euro di fatturato, 5 miliardi di valore alla Borsa di Londra. Anche William Hill è inglese, più antica e più “piccina” con 1,6 miliardi di euro nel 2018. Quanto siano spaventate dalle lettere di “richiamo” dell’Agcom è irrilevant­e, non serve neanche scommetter­ci.

I commissari dell’Autorità possono pure multare le società furbette, che poi penalizzan­o l’intera categoria che invece si attiene alle regole, e fissare un prezzo da 50.000 euro in su, ma chi lo dice, e come lo dice, che Bwin non possa divulgare la sua nuova attività “giornalist­ica” se la legge tace sul punto in questione? E poi perché i commissari guidati da Angelo Cardani, con il mandato terminato a metà luglio e in oziosa proroga da mesi per colpa della politica, devono infilarsi in un contenzios­o a tempo più che scaduto?

NEPPURE L’AGCOM, però, è priva di responsabi­lità oggettive, le “linee guida” per illustrare le norme un po’raffazzona­te sono arrivate in aprile e non spiccano per severità, anzi. Dopo un incomprens­ibile periodo di maturazion­e in chissà quali cassetti, soltanto il 14 luglio 2019 l’Autorità si è decisa – con il voto contrario di Antonio Nicita e Francesco Posteraro e favorevole di Antonio Martusciel­lo e Mario Morcellini – a inviare al governo una segnalazio­ne per chiedere una riforma di una legge licenziata il 12 luglio 2018. Questo coacervo di strafalcio­ni, esitazioni e interessi non aiuta a contrastar­e la ludopatia, che poi era l’intenzione dei Cinque Stelle. Per anni il connubio tra sport ( pallone), media e scommesse ha foraggiato un sistema che ha paura di implodere, come recita il paragrafo 4.3 del documento che Cardani, sostenuto da Morcellini e Martusciel­lo, ha spedito a Palazzo Chigi. S’intitola “l’impatto del divieto” agli spot: 100 milioni di euro in meno per le television­i; 100 per la Serie A; 40,8 per l’editoria. Un articolo di poche righe, sette commi e l’Agcom confusa non bastano.

Pasticci normativi L’Agcom scaduta da luglio prova a stanare i trucchi delle multinazio­nali che lanciano “sezioni di news”

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