Addio al giudice Sossi, “processato” dalle Br
Genova Fu rapito nel 1974 e tenuto prigioniero per 33 giorni: quattro anni più tardi i brigatisti catturarono Aldo Moro
Quella foto, lo sguardo stralunato, il maglione sformato, un’ecchimosi all’occhio per via di un tamponamento in macchina durante le fasi del rapimento e – soprattutto – il drappo rosso con la stella a cinque punte issato alle spalle, non fu la prima di un “prigioniero” diffusa dalle Brigate Rosse: ma lo scatto dell’aprile 1974 di Mario Sossi – morto ieri a Genova all’età di 87 anni – è quello che più assomiglia alla celebre foto di Aldo Moro, che sarà scattata quattro anni dopo.
Il suo rapimento fu il primo vero “attacco al cuore dello Stato” da parte delle Brigate rosse. Il magistrato fu rapito a Genova il 18 aprile 1974 e tenuto prigioniero per 33 giorni, fino alla liberazione avvenuta il 23 maggio. Sossi aveva la fama di “duro”, non era certo un giudice progressista (come i colleghi Emilio Alessandrini e Guido Galli, uccisi a Milano da Prima linea nel 1979 e nel 1980 proprio per questa loro caratteristica) ed era allora il pm del processo alla banda “XXII ottobre”, sgangherato gruppo guerrigliero soprannominato “i tupamaros della Val Bisagno”, responsabile di quello che è passato alla storia come il primo omicidio degli “anni di piombo”, la morte del portavalori dell’Istituto autonomo case popolari Alessandro Floris, ucciso durante un maldestro tentativo di rapina il 26 marzo 1971 a Genova.
SOSSI FU SCELTO anche per questa sua fama. Subì, come Moro nel ‘ 78, un “p roc es so proletario” condotto dal fondatore delle Br Alberto Franceschini. Al termine del processo il prigioniero fu condannato a morte se non fosse stata accolta la richiesta di liberazione (ed estradizione in paesi “amici”) dei “tupamaros della Val Bisagno” e di altri “detenuti politici”. Il 20 maggio 1974 la Corte d’assise e d’appello di Genova diede parere favorevole alla libertà provvisoria. Cuba, Algeria e Corea del Nord rifiutarono di concedere l’asilo politico, ma a bloccare l’operazione fu il procuratore generale di Genova Francesco Coco che si rifiutò di controfirmare l’ordinanza di scarcerazione.
Le Br, tuttavia, decisero di liberare ugualmente Sossi perché – sostiene la memorialistica brigatista – aver obbligato lo Stato a trattare e, quindi, a riconoscere le Br come soggetto politico, fu considerato un successo. Coco, tuttavia, pagherà con la vita il suo gesto: fu ucciso a Genova, insieme agli uomini di scorta Giovanni Saponara e Antioco Deiana, l’8 giugno 1976, le prime persone deliberatamente uccise dalle Brigate Rosse. Il rapimento Sossi e l’omicidio Coco costituiranno poi il corpo centrale del processo ai capi storici delle Brigate Rosse che sarà istruito e celebrato a Torino tra il 1976 e il 1978.
A quel processo prese parte, come testimone, anche Mario Sossi e l’allora presidente della Corte d’assise di Torino Guido Barbaro – con una decisione che fece molto discutere – concesse ai brigatisti di controinterrogare il testimone.
Sossi era in pensione dal 2006. L’anno successivo si candidò con An al Comune di Genova e nel 2009 alle Europee con Forza Nuova.