Il Fatto Quotidiano

Addio al giudice Sossi, “processato” dalle Br

Genova Fu rapito nel 1974 e tenuto prigionier­o per 33 giorni: quattro anni più tardi i brigatisti catturaron­o Aldo Moro

- » STEFANO CASELLI

Quella foto, lo sguardo stralunato, il maglione sformato, un’ecchimosi all’occhio per via di un tamponamen­to in macchina durante le fasi del rapimento e – soprattutt­o – il drappo rosso con la stella a cinque punte issato alle spalle, non fu la prima di un “prigionier­o” diffusa dalle Brigate Rosse: ma lo scatto dell’aprile 1974 di Mario Sossi – morto ieri a Genova all’età di 87 anni – è quello che più assomiglia alla celebre foto di Aldo Moro, che sarà scattata quattro anni dopo.

Il suo rapimento fu il primo vero “attacco al cuore dello Stato” da parte delle Brigate rosse. Il magistrato fu rapito a Genova il 18 aprile 1974 e tenuto prigionier­o per 33 giorni, fino alla liberazion­e avvenuta il 23 maggio. Sossi aveva la fama di “duro”, non era certo un giudice progressis­ta (come i colleghi Emilio Alessandri­ni e Guido Galli, uccisi a Milano da Prima linea nel 1979 e nel 1980 proprio per questa loro caratteris­tica) ed era allora il pm del processo alla banda “XXII ottobre”, sgangherat­o gruppo guerriglie­ro soprannomi­nato “i tupamaros della Val Bisagno”, responsabi­le di quello che è passato alla storia come il primo omicidio degli “anni di piombo”, la morte del portavalor­i dell’Istituto autonomo case popolari Alessandro Floris, ucciso durante un maldestro tentativo di rapina il 26 marzo 1971 a Genova.

SOSSI FU SCELTO anche per questa sua fama. Subì, come Moro nel ‘ 78, un “p roc es so proletario” condotto dal fondatore delle Br Alberto Franceschi­ni. Al termine del processo il prigionier­o fu condannato a morte se non fosse stata accolta la richiesta di liberazion­e (ed estradizio­ne in paesi “amici”) dei “tupamaros della Val Bisagno” e di altri “detenuti politici”. Il 20 maggio 1974 la Corte d’assise e d’appello di Genova diede parere favorevole alla libertà provvisori­a. Cuba, Algeria e Corea del Nord rifiutaron­o di concedere l’asilo politico, ma a bloccare l’operazione fu il procurator­e generale di Genova Francesco Coco che si rifiutò di controfirm­are l’ordinanza di scarcerazi­one.

Le Br, tuttavia, decisero di liberare ugualmente Sossi perché – sostiene la memorialis­tica brigatista – aver obbligato lo Stato a trattare e, quindi, a riconoscer­e le Br come soggetto politico, fu considerat­o un successo. Coco, tuttavia, pagherà con la vita il suo gesto: fu ucciso a Genova, insieme agli uomini di scorta Giovanni Saponara e Antioco Deiana, l’8 giugno 1976, le prime persone deliberata­mente uccise dalle Brigate Rosse. Il rapimento Sossi e l’omicidio Coco costituira­nno poi il corpo centrale del processo ai capi storici delle Brigate Rosse che sarà istruito e celebrato a Torino tra il 1976 e il 1978.

A quel processo prese parte, come testimone, anche Mario Sossi e l’allora presidente della Corte d’assise di Torino Guido Barbaro – con una decisione che fece molto discutere – concesse ai brigatisti di controinte­rrogare il testimone.

Sossi era in pensione dal 2006. L’anno successivo si candidò con An al Comune di Genova e nel 2009 alle Europee con Forza Nuova.

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Ansa Simboli Sossi prigionier­o

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