Manital, in 10 mila tremano con l’imputato del crac Idi
Pulizie Il colosso, in crisi da tempo, è stato ceduto a Incarnato, indagato e con una piccola srl. Stipendi non saldati da luglio e contratti a rischio
C’era una volta un colosso delle pulizie e dei servizi aziendali di nome Manital. La sua Spa, Manitalidea, fatturava 238 milioni, soprattutto con appalti pubblici. Fino all’estate scorsa, quando l’Antitrust svela un cartello su una gara Consip da 2,7 miliardi e Manital si becca una sanzione da 33 milioni, un pezzo di una più ampia multa da 235 milioni comminata anche a “concorrenti” come Manutencoop e Romeo Gestioni. E mentre la società cercava di crescere, acquistando l’azienda di efficientamento energetico Olicar e il resort del castello di Parella, vicino a Ivrea, per una conseguente crisi di liquidità 10 mila lavoratori (in totale con le consorziate) hanno iniziato a non ricevere gli stipendi. Eppure due mesi fa la vecchia proprietà era uscita di scena a prezzi stracciati e il nuovo padrone, Giuseppe Incarnato, aveva varato un piano su due punti che prevedeva di rinunciare allo Stato come cliente e puntare su aziende private, anche estere. Aveva promesso di sistemare tutto in venti giorni, ma i dipendenti continuano ad aspettare i loro salari.
L’azienda sta in realtà chiedendo ai committenti di retribuire gli addetti al posto suo e se alcuni enti pubblici come l’Inps a Roma, hanno accettato, per tanti altri la “surroga” è lenta e farraginosa. Non contenta, la proprietà ha ora promesso che saranno onorati entro il 20 dicembre. Ma come risolvere il guaio in sole due settimane? Mistero. Secondo i sindacati, Manitalidea rischia anche di perdere contratti con società del calibro di Grandi Stazioni e Sogei.
PER CAPIRE che succede bisogna tornare all’ottobre 2019 quando Graziano Cimadon, imprenditore di Ivrea vicino ai Ds, decide di vendere Manitalidea, in affanno per la multa Antitrust e anche per i ritardi di pagamento della Pubblica amministrazione che deve alla società 73 milioni (su 189 milioni di crediti in bilancio). L’azienda ha chiuso il 2018 in rosso (-7,5 milioni) per l’impatto negativo della gestione finanziaria ed è pesantemente indebitata (262 milioni). Ma soprattutto ha un contenzioso da 200 milioni con le Entrate per una cartella del 2003. È in ritardo anche l’assegnazione delle gare pubbliche già vinte per 600 milioni. È allora che Incarnato, con la sua I.G.I Investimenti, compra Manitalidea per soli 50 mila euro. I sindacati temono il peggio: la I.G.I investimenti è una piccola realtà rispetto a Manital. Curiosamente è omonima della Igi Sgr di Interbanca, colosso che gestisce centinaia di milioni di investimenti, mentre l’azienda di Incarnato è solo una srl: nel 2018 ha fatturato appena 77 mila euro, ha chiuso in perdita di 14 mila euro e ha debiti per 4,5 milioni. Preoccupa pure il curriculum di Incarnato, noto per aver rilevato il Giornale dell’Umbria, chiuso dopo meno di un anno. Su di lui, tra l’altro, pende una richiesta di rinvio a giudizio della Procura di Roma per bancarotta nell’ambito dell’inchiesta sul mega crac dell’Idi, l’istituto dermatologico del Vaticano di cui è stato direttore generale. Il piano dell’imprenditore, a suo dire, porterà Manital a fatturare 450 milioni entro il 2024 grazie anche a una ricapitalizzazione da 50 milioni. Il progetto prevede un “riposizionamento su grandi gruppi industriali italiani”, l’internazionalizzazione, sinergie con la neonata azienda telco di Incarnato, Semitechgroup, e “l’abbandono delle commesse del settore pubblico” (di cui Consip non sa nulla) e in cambio del quale la società spera di sfuggire all’Antitrust. Idea alquanto creativa. L’Antitrust non prevede forme di “patteggiamento” e, quando si viene multati, o si paga o si va al Tar. Resta la possibilità di un accordo privato, ma in questo caso le altre aziende colpite dalla multa dovrebbero accettare di versare di tasca propria la parte di Manitalidea in virtù di questo patto di non concorrenza. Curioso è pure il progetto di lasciare la committenza pubblica, che vede contrarie le consorziate. Ciononostante Manitalidea l’ha già messa in pratica, specie nel Centro-Sud. In Sicilia sta saltando il contratto con l’Azienda sanitaria provinciale (Asp) di Enna, in Calabria ha vinto l’appalto di pulizia dell’Università mediterranea di Reggio, ma ha disertato le convocazioni dell’Ispettorato del lavoro per avviare la commessa. Intanto, spiega Cinzia Bernardini della Filcams Cgil, in Campania tremila addetti alle pulizie delle scuole sono senza stipendio da luglio perché il ministero non ha avviato i pagamenti in surroga. Situazioni al limite un po’ ovunque, con problemi anche per amministrativi e dirigenti. “Molte famiglie sono monoreddito”, fa notare Mimma Calabrò della Fisascat Cisl Sicilia.
FINORA i dipendenti Manital hanno continuato a garantire i servizi, perché perdere contratti non conviene a nessuno. Tantomeno l’addio alle commesse statali al Sud, dove le aziende private scarseggiano. Per Incarnato, la “perdita” di fatturato sarà compensata dall’espansione in Europa, in Romania e Polonia (leggi delocalizzazioni). I 10 mila dipendenti di Manital, che non ha risposto alle domande del Fatto, tremano.
La strana strategia L’azienda chiede ai committenti di pagare i dipendenti e sta lasciando la Pa