Di Maio a Lavrov: “In Libia ci vuole la de-escalation”
Il ministro sostiene la Russia sulle sanzioni Ue e insiste: “La situazione a Tripoli si risolve soltanto con il dialogo”
“Se c’è un’escalation in Libia, noi promuoviamo una de - esc alat ion”. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha ribadito l’intenzione del governo italiano di spegnere qualsiasi reazione sul campo a Tripoli, ancora prima di “verificare le informazioni che arrivano dal terreno”. Il riferimento del titolare della Farnesina è alle notizie s ul l’avanzata degli ultimi giorni del generale Khalifa Haftar sulla Capitale libica con il sostegno di mercenari russi, argomento discusso dai media proprio nel giorno del l’incontro tra Di Maio e l’omologo russo, Sergej Lavrov in occasione dei Me d Dialogue 2019, la conferenza dei Paesi del Mediterraneo organizzata dalla Farnesina e dall’Ispi.
“Per noi, Mosca è un importante partner commerciale”, ha sottolineato il titolare della Farnesina. Tanto che anche il premier Giuseppe Conte ha incontrato Lavrov ieri nella pausa del vertice a Palazzo Chigi sulla manovra. Al centro di entrambi i colloqui, soprattutto la questione libica e le sanzioni europee contro la Russia con il ministro italiano che ha sottolineato l’importanza di evitare la “fuga in avanti” da parte degli alleati europei e “altre inter fere nze” in attesa della Conferenza di Berlino sulla Libia, rinviata già due volte e prevista all’inizio del 2020 nella capitale tedesca e che, dopo il fallimento di quella di Palermo e la ripresa dell’offensiva da parte di Haftar, deve avere come primo obiettivo “quello del cessate il fuoco” secondo Di Maio.
PER QUESTO il ministro degli Esteri avrebbe ribadito al suo omologo la necessità di “una soluzione non militare” del conflitto. A preoccupare, soprattutto per le conseguenze sull’immigrazione, è l’intensificarsi di quella che il titolare della Farnesina ha definito “una guerra civile”. Ma per Lavrov, figlio della Guerra fredda, già viceministro degli Esteri della Federazione russa sotto la presidenza di Boris Eltsin, la Conferenza di Berlino è solo “un’altra occasione persa” vista “l’assenza delle parti libiche e dei paesi vicini come l’Unione africana”. In futuro – ha avvertito – spero in un approccio più inclusivo. D’altra parte secondo Lavrov, “la situazione in Libia è estremamente complessa perché i gio
“Ci vogliono le prove” I due responsabili degli Esteri smentiscono la presenza di militari di Mosca nell’ex colonia
catori sono troppi e si sollevano troppe domande su chi è più legittimo”. Una sorta di compendio di teorie che però, a detta del ministro russo, “non tiene conto della fragilità della situazione. La Russia sembra sia coinvolta in tutto ciò che accade, ma bisogna essere onesti: tutti quelli che sanno leggere e scrivere sanno chi sostiene le parti in guerra in Libia”. Ogni riferimento agli Stati Uniti di Donald Trump è casuale. “Nel Mediterraneo ci sono molti militari americani. E sono lì senza diritto. Perché tutte le volte che accade qualcosa viene subito accusata la Russia?”, si è difeso il ministro che ha sparato anche sulla Nato, colpevole a suo dire di aver “svolto una avventura pericolosa che ha portato risultati negativi sull’economia e sulla sicurezza del Paese. La mancanza di dialogo e la decisione di spodestare Gheddafi – ha fatto notare – ha portato a conseguenze che la Libia sta pagando ancora adesso”. A proposito dei diversi attori, il ministro Di Maio ha fatto capire di non credere all’accordo sui confini marittimi siglato a Istanbul tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il premier del governo di Accordo Nazionale riconosciuto dall’Onu, Fayez al-Sarraj in seguito al quale la Grecia ha richiamato l’ambasciatore. “È tutto da dimostrare”, ha tagliato corto il titolare della Farnesina per il quale il dialogo con la Turchia va “affrontato nonostante possa aver messo in atto azioni che a noi non stanno bene”. Quanto ai partner Ue, Di Maio ha ribadito di voler chiedere una “riflessione sulle sanzioni comminate da Bruxelles dopo la crisi Ucraina”. “L’Italia si muove nel solco dell’Ue ma non possiamo non mettere in conto gli effetti sulle nostre aziende delle sanzioni russe. Per questo promuoviamo passi avanti sull’accordo di Minsk, necessario per risolvere la situazione”. Prima su tutte, la sanzione sul Parmigiano Reggiano “che non rientra nei parametri delle altre”.