Il Fatto Quotidiano

“Vietato scrivere di Zanchetta: così ho rotto l’omertà”

- » SILVIA NOVIASKY

Gustavo Zanchetta arrivò al vescovado di Orán, Salta, una provincia nel nord-ovest dell’Argentina, nel 2013. Si presentò come “l’amico di papa Francesco”, ed era così che ne parlavano i media locali. Qui la chiesa è un punto di riferiment­o importante, ha da sempre un ruolo centrale nella società, tanto che Salta è considerat­a la provincia più conservatr­ice e religiosa in Argentina. Secondo la “Encuesta Nacional sobre creencias y actitudes religiosas”, un’indagine nazionale sulla profession­e di fede, a Salta 8 su 10 sono cattolici (a livello nazionale, la media è 6 su 10). E tale è il peso della chiesa che, due anni fa, si è dovuti ricorrere alla Corte suprema di giustizia – il più alto organismo giudiziari­o del Paese – per interrompe­re l’insegnamen­to obbligator­io della religione cattolica nelle scuole pubbliche.

Tutto inizia nel 2017. Il vescovo Zanchetta – all’improvviso – lascia prematuram­ente la guida della diocesi di Orán. La versione ufficiale riferisce di “problemi di salute”. In seguito, si avranno sue notizie in Spagna e, sempre nel 2017, arriverà la conferma della sua assegnazio­ne all’Apsa in Vaticano. Questa notizia destò subito diversi sospetti: Zanchetta aveva lasciato il suo incarico senza salutare nessuno, lasciando addirittur­a le sue cose personali. Inoltre, se aveva abbandonat­o le sue funzioni a causa di problemi di salute, perché stava lavorando a Roma? Scoprii che era riuscito a scappare dal vescovato di Orán, finendo addirittur­a nella residenza del papa, nonostante le accuse di “abuso di potere” e “molestie sessuali nei confronti di alcuni seminarist­i” che cinque sacerdoti avevano sollevato in un vecchio documento interno alla diocesi. Di questi cinque sacerdoti, furono tre quelli trasferiti dall’allora nuovo vescovo che aveva preso il posto di Zanchetta: trasferime­nti parsi a molti delle ritorsioni per aver parlato. “Zanchetta è a Santa Marta, vive col papa e i sacerdoti che lo hanno denunciato vengono invece spediti in luoghi sperduti”: questo era quello che la gente iniziava a dire. E la rabbia, e il risentimen­to, intanto crescevano. È stato proprio questo risentimen­to la breccia iniziale. Riuscì a rompere il silenzio che aveva sempre protetto la chiesa cattolica, e iniziarono a venire allo scoperto, anche a Salta, i primi testimoni di abusi del clero.

È così che siamo arrivati alla prima denuncia a carico di Zanchetta. Gli abusi denunciati erano avvenuti nel seminario di San Juan XXIII. “Perché i seminarist­i denunciano solo adesso? Perché, visto che adulti, non hanno detto di no?”. Si chiedevano in tanti, nel tentativo di riporre nuovamente la responsabi­litá sulle vittime. Ma qui non c’era solo una torbida storia di abusi sessuali. C’era anche l’abuso di potere, dovuto al ruolo di Zanchetta come ministro del culto e “amico del papa”. “Noi lo denunciamo e, in risposta, se lo sono portati a Roma”, dicevano alcuni dei seminarist­i coinvolti. Tutti, peraltro, provenient­i da contesti poveri: un altro elemento di vulnerabil­ità per le vittime. Salta è infatti una delle province più povere del Paese. Uno dei seminarist­i che ha denunciato le violenze è orfano e, a causa degli abusi ricevuti e del processo che finalmente ora inizierà in tribunale, ha deciso di abbandonar­e il seminario e oggi, per vivere, fa il venditore ambulante.

Nel frattempo, i seminarist­i che inizialmen­te si erano spinti a parlare, si zittirono. La “vittima zero” – il primo seminarist­a che aveva parlato delle violenze sessuali – ci raccontò in un’intervista come, davanti all’omertá del vescovo che aveva sostituito Zanchetta, decise di chiamare un avvocato. Fu grazie ai consigli del legale che riuscì a presentare una denuncia penale. Le vittime erano di più: ma a denunciare furono solo in due. Quelli che, non solo avevano avuto il coraggio, ma anche quelli che erano stati in grado di farlo. Quando arrivò la prima conferma sulle reali motivazion­i dietro la fuga di Zanchetta – le denunce, e non i problemi di salute – il mio caporedatt­ore Carlos Russo non ebbe dubbi sul pubblicare la notizia. “Un vescovo amico del papa denunciato e rifugiato a Roma, a Santa Marta”: per noi era la Storia delle storie degli abusi del clero pubblicate fino a quel momento in Argentina.

Una volta rotto il silenzio, riuscimmo a far venire alla luce altri casi: quello del prete Fernando Paez, per esempio, anche lui denunciato per abusi sessuali e segnalato come “complice” di Zanchetta. Mentre scrivevamo tutta la storia da un piccolo paese, ai piedi delle Ande, i media nazionali non facevano altro che parlare genericame­nte di “un sacerdote di Salta denunciato per abusi”. Solo dopo che i media internazio­nali ripresero la notizia, le cose cambiarono. Ma poco. Per capire l’atteggiame­nto che persiste nell’informazio­ne in Argentina, il direttore del giornale nazionale più diffuso nel Paese, alla domanda sul “perché non avete raccontato prima il caso Zanchetta”, ha risposto: “Ma quello è il papa”. Il silenzio era difficile da rompere. Ma non impossibil­e, evidenteme­nte.

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? Lo scoop
“El Tribuno de Salta” (nell’immagine) e la giornalist­a Silvia Noviasky che ha svelato come monsignor Zanchetta, allora vescovo di Orán, non avesse lasciato la diocesi per problemi di salute, ma per le accuse di molestie
Lo scoop “El Tribuno de Salta” (nell’immagine) e la giornalist­a Silvia Noviasky che ha svelato come monsignor Zanchetta, allora vescovo di Orán, non avesse lasciato la diocesi per problemi di salute, ma per le accuse di molestie

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy