Il Fatto Quotidiano

Verifica post-manovra Conte2, la tregua giallo-rosa: a gennaio cronoprogr­amma

MAGGIORANZ­A La battaglia del Mes Il dem Bettini invoca “una verifica”, il premier precisa: “Nuova agenda”. E Di Maio e Zingaretti convergono

- » LUCA DE CAROLIS

Èscoppiata la pace, anzi la tregua. Anche se i diversi restano tali. Perché Pd e Cinque Stelle non hanno la stessa idea di futuro assieme. E il Mes rimane una grana, che ieri ha portato a un’infinita riunione di maggioranz­a da nervi scoperti. Eppure ora cercano un avvenire oltre Natale, i gialloross­i. Ufficialme­nte perfino Italia Viva, la creatura del Matteo Renzi che si nutre di guerra. Così ecco il lunedì degli impegni incrociati in cui il Pd, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e i Cinque Stelle convergono su una verifica di governo a gennaio. O meglio su un tavolo comune, dove fare il punto su programmi e direzione politica. Basta qualche ora, con Goffredo Bettini, gran visir del segretario dem Nicola Zingaretti, che apre la fila facendo il poliziotto cattivo a Mattino24: “A gennaio verifica di governo, o si approva o non si approva, non possiamo stare sospesi a Di Maio e Renzi”. Ovvero, o dentro o fuori.

Ma sul fondo si litiga

Riunione fino a notte sul testo. I 5Stelle Maniero e Paragone: “Così non lo votiamo”

POCO DOPO, lo chiedono a Conte: a gennaio si fa la verifica? E lui, che un “raduno” per cercare la quadra lo aveva proposto a novembre in un’intervista al Fatto, precisa e rilancia: “Un attimo dopo la manovra e il decreto Fiscale, mi farò portatore di questa iniziativa. Non abbiamo scritto quali sono le priorità, il cronoprogr­amma, quindi chiederò alle forze politiche di condivider­e un percorso anche a livello di priorità che dovremo andare a perseguire e a realizzare”. Ossia, verifica no, è un termine troppo brutale. Ma cronoprogr­amma “da qui fino al 2023” sì, eccome. Cosa diversa dal nuovo contratto di governo invocato più volte da Di Maio: inaccettab­ile per il Pd, e irrealizza­bile anche per Conte, che a precisa domanda dà precisa risposta: “Un nuovo contratto? No”.

Nel pomeriggio, il presidente della Camera Roberto Fico: “Abbiamo visto che una forma cosiddetta di contratto non funziona, perché non è la costruzion­e di una visione del Paese”. Invece quello vuole Fico, “un’alleanza con una visione”. Cioè l’obiettivo di molti dem (Dario Franceschi­ni), in fondo di Conte, ma non di Di Maio, che teme anche un accenno di fusione. Però legge il gioco, il capo politico del M5S, che si prende ore prima di dire la sua. Poi alle sette di sera batte un colpo: “La condivisio­ne di un’agenda con precise priorità, come chiesto settimane fa dal M5S, dimostra che ci sono le basi per fare ancora meglio”. Di Maio rivendica di averlo proposto per primo, il pit stop per aggiustare la macchina. Anche se lo aveva chiamato contratto di governo, tramite cui spartirsi obiettivi con il Pd senza contaminar­si. Invece i dem vogliono la discussion­e politica in cui tutti dovranno rimettersi in gioco. Però ora la priorità è andare avanti. Scelta obbligata anche per lo Zingaretti che in serata esulta:

“Ha fatto bene il premier Conte a rilanciare questa sfida per costruire un’agenda del 2020”. E non cita la parola verifica. Ma non è affare solo di buoni sentimenti.

Perché i suoi lo hanno fatto capire al segretario, che non era il caso di forzare. E segnali chiari contro il voto anticipato sono arrivati anche a Di Maio. Non solo dai ministri, ma anche dai parlamenta­ri. Racconta un big: “Luigi è stato chiamato da diversi eletti che gli hanno rimprovera­to la rigidità su Mes e prescrizio­ne. ‘Così cade il governo, e poi serve calma per lavorare’. Ma lui difendeva dei principi...”. Però il ministro in colloqui riservati lo ha ripetuto: “Arriveremo al 2020 e poi si vedrà, non voglio mica l’esercizio provvisori­o”. Certo, qualcosa nel caos a 5Stelle si muove. Qualche sera fa il capo ha portato a cena gli aspiranti capigruppo della

Camera per cercare un’intesa. Serata tranquilla, ma niente accordo.

PERÒ, IERI SERAi deputati hanno ricevuto una email con la candidatur­a di un’unica squadra per il Direttivo. L’aspirante capigruppo è l’ex sottosegre­tario Davide Crippa, mentre l’attuale vicario Francesco Silvestri si propone da tesoriere, per sbloccare l’impasse. Si vedrà nella votazione di domani, se Crippa e i suoi otterranno il quorum della metà più uno degli aventi diritto al voto. Proprio nel giorno in cui il Parlamento si esprimerà sul Mes. Ieri sono circolate bozze della risoluzion­e di maggioranz­a, a cui lavorano il ministro degli Affari europei, il dem Enzo Amendola e il sottosegre­tario del M5S Laura Agea. E nel testo spiccano la logica del pacchetto (il trattato va approvato tutto assieme) e il no a restrizion­i ai titoli di debito, punti per convincere i 5Stelle. Ma non è facile chiudere. Lo conferma la riunione di maggioranz­a, che si protrae sino a notte tra forti tensioni. E in serata arrivano proteste dal M5S. “Così com’è la riforma del trattato è invotabile” ringhia Alvise Maniero, uno dei deputati che voleva presentare una mozione contro il vecchio fondo salva-Stati. E il senatore Gianluigi Paragone condivide: “La bozza circolata è una presa in giro”. Perché la voglia di tregua è forte. Ma la distanza, quella c’era e c’è.

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L’11 novembre Conte annunciò in un’intervista a Travaglio il cronoprogr­amma. In alto, a destra, Goffredo Bettini
Ansa L’intervista al Fatto L’11 novembre Conte annunciò in un’intervista a Travaglio il cronoprogr­amma. In alto, a destra, Goffredo Bettini
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