Caso Azzolina, il software: ecco perché non è plagio
300 le parole copiate contro le 4 mila della Madia
Con gli strumenti informatici impiegati per l’ex ministra le differenze tra i due casi sono evidenti e vengono confermate dagli esperti dell’Università di Pisa
Il caso del presunto plagio riscontrato da Repubblica nella “tesi” del 2009 del neo ministro dell’ Istruzione Lucia Azzolina perla “Scuola di specializzazione per l’insegnamento secondario della Toscana” presso l’Università di Pisa fa discutere. Le opposizioni, per dire, ne chiedono le dimissioni. Il caso è stato sollevato domenica dal linguista Massimo Arcangeli, ex preside della facoltà di Lettere dell’Università di Cagliari (dove insegna) e presidente della commissione che ha dato l’abilitazione ad Azzolina. È assai difficile sostenere che sia un plagio, a partire dal fatto che non si tratta di una tesi. È un resoconto dell’esperienza del tirocinio della Azzolina alla scuola di specializzazione per insegnanti di sostegno (a pagamento, circa 1.600 euro per due anni), la cosiddetta Siss, che ora non esiste più. “È un resoconto di un’esperienza pratica, non un trattato scientifico. Non equiparabile, nella maniera più assoluta, a una tesi di laurea o di dottorato”, ha spiegato al Fatto Florinda Nicolai, fino al 2006 docente di linguistica generale alla facoltà di lingue e di neurolinguistica all’Università di Pisa e della Siss. Aggiunge che agli studenti veniva richiesto un elaborato che riportasse l’esperienza di tirocinio. Andava consegnato solo al docente che si occupava dell’ insegnamento del sostegno per una materia specifica (come l’insegnamento dell’inglese o della matematica), per poi essere discusso e valutato dai docenti nel corso dell’esame finale orale.
IL TIROCINIO era la prova pratica, serviva a dimostrare che lo studente Azzolina era stato capace di mettere in pratica i concetti studiati durante i corsi, oltre al superamento delle prove scritte relative ai corsi teorici. Le linee guida per l’elaborato prevedevano una breve introduzione dell’ambito in cui tale esperienza didattica si era svolta. Quello trattato dalla Azzolina era “un caso di ritardo mentale lieve associato a disturbi depressivi” - questo il titolo dell’elaborato - di uno studente di 4° liceo artistico con cui lei si era misurata come insegnante di sostegno, come previsto dalla Siss.
In quest’ambito, quello della descrizione di un’esperienza pratica, appare fuorviante applicare i concetti di plagio che valgono per tesi di laurea e di dottorato. “Si trattava di una relazione di tirocinio, non di una tesi - ha confermato al Fatto un portavoce dell’Università di Pisa - Erano relazioni lontane dall’idea di tesi, prevedevano l'analisi di un caso specifico e pratico con 3-4 pagine di introduzione teorica”.
È proprio nell’introduzione che due software antiplagio - gli stessi che il Fatto ha usato nel caso della tesi di dottorato dell’ex ministro della Pubblica amministrazione Marianna Madia - hanno trovato blocchi di frasi riprese da altri testi, non citati tra virgolette e neanche in bibliografia, per un totale di circa 300 parole su 9mila (l’analisi è ancora in corso). I software non rilevano fonti di prima mano da cui la Azzolina avrebbe attinto, ma altre fonti che, a loro volta, richiamano definizioni di “ritardo mentale ” apparentemente provenienti dal Dizionario di psicologia di Umberto Galimberti, edito per la Utet nel 1992, dal Trattato italiano di Psichiatria a cura di Luigi Ravizza et all. e dal Manuale Diagnostico e Statistico dei disordini mentali : gli stessi evidenziati da Arcangeli su Repubblica. Il Fatto ha riscontrato, sempre nell’introduzione, anche un paragrafo di quattro righe che appare in una tesi di laurea in Medicina e Chirurgia del 2006 (“Il funzionamento adattivo nel ritardo mentale: confronto fra capacità intellettive e competenza adattiva”) di Massimo Marcelli. Nella 30 pagine successive, dove si descrive l’esperienza di tirocinio, non appare al momento nessun testo ripreso senza essere correttamente citato.
Nel capitolointroduttivo, la Azzolina ricorda le definizioni di “ritardo mentale” in uso corrente in letteratura per introdurre la sua esperienza di tirocinio con una studentessa del liceo artistico. Questo avviene nelle prime dieci pagine di introduzione alle definizioni, quella che secondo le linee guida dell’Università di Pisa ricadeva nella “Cornice teorica dell’argomento”. Anche laddove non cita e non virgoletta, dal testo della Azzolina appare chiaro che si stanno riportando definizioni di “ritardo mentale” nei testi di riferimento per l’ambito della pedagogia e della psichiatria: difficile possa sorgere il dubbio che tali definizioni siano frutto del suo pensiero originale. “È come se si dovesse fare un tirocinio nell’ambito delle scienze dure, e si richiamasse nell’introduzione le varie definizioni di atomo, andando via via sempre più in dettaglio - spiega la Nicolai -. Non ci si aspetta che ogni volta lo studente citi dai testi originali in cui il concetto è stato esposto la prima volta, ma che spieghi bene le definizioni e i concetti utilizzati durante il tirocinio”.
A questo serviva il capitolo introduttivo dove si riscontrano, per ora, cinque blocchi di frasi prese da altri autori e non citate correttamente.
In tutto 300 parole L’ex insegnante di Pisa: “Non c’era bisogno, non sono lauree, ma lavori descrittivi”