Il Fatto Quotidiano

Padellaro: “Beffardo e dinamitard­o”. Fini: “Un cavallo di razza”

- » FABRIZIO D’ESPOSITO © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Il secondo corso di Pansa fu accolto male dalla sinistra: Bocca lo attaccò perché secondo lui faceva un favore a Berlusconi Ma lui se ne fregava

Dal Piemonte ai più grandi giornali italiani. Unici erano i nomignoli da lui creati come “Balena bianca”

Oggi la politica è dominata dai retroscena insufflati dai nani dei post-partiti, ma ci fu un tempo in cui a dominare era la scena vera e propria e questa veniva raccontata da un gigante della scrittura e dell’osservazio­ne politico-antropolog­ica come Giampaolo Pansa, morto domenica scorsa a 84 anni, ritornato sul far della sua carriera al Corriere della

Sera. Pansa era un gigante anche nel fisico e i suoi articoli sulla Prima Repubblica erano maiuscoli. Compresi i nomignoli che appiccicav­a a partiti e personaggi. Non solo la famigerata Balena Bianca scudocroci­ata. Ma anche “an imal i” minori come il Gatto Verde alias il Pri di Giovanni Spadolini oppure la Pantera Rosa del socialista Bettino Craxi, tornato in auge in questi giorni per il film di Gianni Amelio. Pansa andava ai congressi col binocolo.

ECCO il magistrale attacco sui fischi al compagno Berlinguer, segretario del Pci, al congresso di Verona di Psi, anno 1984. Da Re p u b b li c a del 12 maggio di quell’anno: “Una fischiata storica. Sì, davvero una storica fischiata all’ex compagno Berlinguer. E poi insulti, gridati con rabb ia: ‘Venduto! Buffone!’. E poi un coro possente e beffardo: ‘ Sc e- m o, sce-mo’. Visto col binocolo, Berlinguer sembra impassibil­e, il solito viso scolpito nel legno, non un trasalimen­to, non un’emozione”. Lo stesso Berlinguer, né più né meno, che aveva affidato a Pansa la storica intervista sull’Italia più sicura sotto l’ombrello americano della Nato, otto anni prima, nel giugno 1976, per il Corsera.

Pansa era nato a Casale Monferrato, in Piemonte, il primo ottobre 1935. Origini di cui andava fierissimo e che sempre più spesso affioravan­o negli articoli del suo ultimo periodo, dal Riformista al ritorno al Corriere, passando per

Libero e Verità. Si era laureato sulla guerra partigiana nel 1961 e amava ripetere – chi scrive ebbe una lunga consuetudi­ne con lui dal 2004 al 2008, il lustro del cosiddetto ciclo revisionis­ta dei “vinti” – che in quell’anno, a Scienze Politiche di Torino, furono solo in due a diventare dottori. Il suo primo approdo fu alla “casalinga” Stampa diretta da

Giulio De Benedetti. È l’epoca del memorabile incipit dell’articolo sul disastro del Vajont che distrusse Longarone nel 1963, citatissim­o in queste ore: “Scrivo da un paese che non esiste più: spazzato in pochi istanti da una gigantesca valanga d’acqua, massi e terra piombata dalla diga del Vajont”. Indi il Giorno, di nuovo La Stam

pa (dove fece scoop su piazza Fontana e caso Pinelli), il Mes

saggero, il Corriere (dove scoprì lo scandalo Lokheed), infine i tre lustri al gruppo Re

pubblica-Espresso: della prima fu vice di Scalfari, del secondo fu condiretto­re.

PANSA era un fuoriclass­e fuori dagli schemi, dalle parrocchie e dai clan dei colleghi. Capace di clamorosi gesti profetici. Come quando anticipò l’antiberlus­conismo di politici e giornalist­i nel 1990, abbandonan­do Panorama (e chiudendo il suo famoso Bestiario) insieme con Claudio Rinaldi per l’arrivo del nuovo editore Silvio Berlusconi. Su una sponda completame­nte opposta, diciamo così, la sua rottura con il mondo della sinistra quasi quindici anni dopo, a causa dei libri del citato ciclo dei “vinti”. Ossia i volumi dedicati alle vendette partigiane dopo la Liberazion­e del 25 aprile 1945, a partire dal Sangue dei vinti, appunto, pubblicato nel 2003. Da storico dilettante, definizion­e cui teneva tantissimo (in tutto Pansa ha scritto oltre sessanta libri in sei decenni), ricevette circa duemila lettere. Disse al Riformista nell’ottobre del 2005, quando poi uscì

Sconosciut­o 1945: “Questo libro nasce dalle duemila lettere che ho ricevuto dopo il Sangue

dei vinti. È stato un fenomeno che mi ha sorpreso ancora di più di quello delle vendite”. Questo per dire che secondo l’ultimo Pansa, che viveva nel Senese insieme alla moglie Adele Grisendi, l’antifascis­mo militante faceva ancora paura. In ogni caso il revisionis­mo pansiano fu accolto malissimo dalla sinistra e Giorgio Bocca lo attaccò anche perché, a suo giudizio, con questi libri si faceva un favore al berlusconi­smo imperante di quegli anni. Ma lui se ne fregava, da bastian contrario di un altro pianeta.

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▶ D’ESPOSITO, FINI E PADELLARO
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Ansa Duellanti Tre marzo del 1983, a Milano c’è il congresso del Pci: Pansa e Giorgio Bocca erano inviati di “Repubblica”

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