Nissan, piano segreto per mollare Renault
Il caso Ghosn è il segnale che spinge i giapponesi a separarsi dagli alleati
Nissan sta mettendo in atto il piano supremo per liberarsi di Renault. Almeno stando all’indiscrezione del F inancial Times, secondo cui la dirigenza della casa giapponese preme sull’acceleratore per mettere fine all’alleanza tossica con la Losanga, vista dopo vent’anni come un freno allo sviluppo del marchio giapponese. L’operazione appare quanto mai complessa, dati i rapporti di forza all’interno del gruppo, dove a fare la voce grossa è Renault, che detiene con pieni diritti di voto il 43% della Nissan, mentre quest’ultima possiede il 15% della Régie, ma senza quei diritti.
COLPA dell’equivalente di quei 5 miliardi di euro sborsati dai francesi nel 1999 per salvare l’azienda giapponese, che finanziariamente navigava in pessime acque. E che, per tale motivo, in questo ventennio si è dovuta accontentare di una posizione di sudditanza, psicologica e non, con la rabbia che covava comunque sotto la cenere. Solo la diplomazia del latitante Carlos Ghosn (ripudiato dai giapponesi, sta litigando pure coi francesi citando in giudizio Renault per ottenere il pagamento dell’indennità di pensionamento, quasi 250.000 euro, che non è gli stata pagata dopo il suo arresto) aveva impedito deflagrasse. Sotto accusa per illeciti finanziari e latitante lui, stanno volando gli stracci.
Ma come farà Nissan a disimpegnarsi? In questa fase, come sottolinea il F inancial Times, il divorzio passa per la separazione netta dei due settori di ingegneria e produzione, che sono per certi versi il cuore di un’azienda automobilistica. Successivamente, saranno necessarie modifiche al consiglio di amministrazione, che restituiscano la piena sovranità a Nissan. Non uno strappo che possa consumarsi in breve tempo, a occhio e croce. Non dimentichiamo però che una delle virtù migliori dei giapponesi è la pazienza, anche se ora qualche segno d’insofferenza c’è. Comunque sia, la strategia potrebbe essere quella di accumulare risorse per poi ricomprarsi la libertà con una complessa operazione di buy- back d elle proprie azioni, e in tale direzione pare si stia muovendo l’a z ie nd a giapponese. A quel punto, bisognerà capire quale sarà la reazione di Renault, che difficilmente vorrà privarsi dell’apporto soprattutto tecnologico di un partner che ha nella ricerca e sviluppo uno dei suoi punti forti.
C’è poi un’altra questione.
In un contesto automotive in cui ci si aggrega sempre più (vedi la fusione Fca-Psa, ma anche la partnership pesante tra Ford e Volkswagen), chi invece si separa è certamente più debole. E ha bisogno di nuovi alleati, perché da soli non si può far fronte agli investimenti su elettrificazione e guida autonoma, temi su cui si gioca il futuro dell'auto.
A CONDIRE ulteriormente il quadro, c’è pure una potenziale presenza italiana. È quella di Luca De Meo, l’ex numero uno di Seat, che ha lasciato dopo averla riportata ai profitti, e che proprio dai vertici di Renault è stato contattato per ricoprire quel ruolo da condottiero che un tempo fu di Ghosn. Se accetterà le lusinghe (e il maxi stipendio) di Boulogne-Billancourt, toccherà a lui gestire la patata più bollente di questo inizio d’anno per l’auto.
Il reclamo L’ex numero uno ha citato in giudizio i francesi per ottenere 250.000 euro di pensione