LA CHIESA SI GIOCA TUTTO SUL CELIBATO
Idue papi non sono più solo l’oggetto di un film. Da quando è stata resa nota la notizia dell’imminente pubblicazione di un libro firmato da Benedetto XVI (con il cardinal Sarah) contro ogni ipotesi di modifica del celibato obbligatorio del clero cattolico, il confronto tra i due papi, quello in carica e quello emerito, è divenuto improvvisamente reale e attuale. L’antefatto è noto: un paio di mesi fa, l’assemblea sinodale per la regione amazzonica si era conclusa con l’approvazione di un documento nel quale veniva richiesta, per supplire alla cronica mancanza di preti nella regione, l’ordinazione presbiteriale di diaconi sposati.
CONTRO QUELLA decisione si schierò circa un quarto dei partecipanti all’assemblea. Come avviene sempre in questi casi, la decisione finale è stata comunque rimessa nelle mani del pontefice. Ora, a sorpresa, Benedetto XVI ha deciso di anticipare la decisione di Francesco per affermare che l’indirizzo assunto dalla maggioranza dei partecipanti al Sinodo è radicalmente sbagliato, che il celibato obbligatorio dei preti è un elemento strutturale fondamentale su cui poggia l’intero edificio ecclesiale. Senza celibato non c’è sacerdozio, scrivono Ratzinger e Sarah.
Io credo che il clamoroso intervento di Ratzinger suggerisca due considerazioni generali. La prima è che il terreno del celibato è il terreno decisivo, il più importante, nella battaglia per la riforma della Chiesa. Ratzinger e molti altri importanti gerarchi non hanno probabilmente applaudito nel 2016 la decisione di Bergoglio di riammettere, almeno in alcune circostanze, i divorziati risposati all’eucaristia, ma l’opposizione esplicita a quel provvedimento è stata lasciata a un gruppetto di anziani e politicamente ininfluenti cardinali e alle voci indignate dei giornali e dei siti della destra cattolica. Su altre decisioni di Francesco l’opposizione è stata ancora più timida, giacché si è probabilmente ritenuto che il papa argentino non stesse minacciando seriamente l’assetto fondamentale del cattolicesimo e il potere della sua classe dirigente. Ma sul celibato la destra interna ha pensato di non poter transigere al punto di richiedere all’anziano papa emerito un intervento diretto e frontale. E del resto è comprensibile: il celibato del clero è davvero la trave portante del sistema di autorità ecclesiale formatosi nel medioevo e rafforzatosi nella Controriforma con la nascita dei seminari. Esso prevede la rigida separazione tra i pastori celibi e la massa di fedeli coniugati e la perfetta subordinazione dei secondi ai primi, in nome del riconoscimento di una maggior prossimità dei sacerdoti a Cristo. Il segno più evidente della “diversità clericale” è per l’appunto la presunta castità del prete, la sua capacità di elevarsi al di sopra degli istinti e delle passioni comuni a tutti gli esseri umani. Un prete sposato, scrive Sarah, è un “prete di seconda classe”. La verità è che un prete sposato è un uomo normale e non un semidio che può pretendere un potere assoluto sul gregge e questo per Benedetto XVI e Sarah è assolutamente inaccettabile.
La seconda considerazione che l’uscita del libro suggerisce riguarda la strategia che la destra conservatrice ha concepito su questo decisivo terreno di scontro. Da questo punto di vista, il volume di Ratzinger e Sarah assomiglia a una dichiarazione di guerra. I due alti gerarchi cattolici (e probabilmente tutto il loro entourage) devono essersi convinti che non ci siano più margini di mediazione con il nemico e che l’unica via possibile sia quella del conflitto esplicito e dell’appello al popolo perché insorga contro le eventuali decisioni sbagliate del papa argentino. Erano possibili altre strade, più legate a una strategia diplomatica: ad esempio, la destra poteva accettare che Bergoglio consentisse l’ordinazione di diaconi sposati in Amazzonia, ma lavorare dietro le quinte affinché la decisione fosse rigorosamente limitata a quella zona del mondo. Si è preferito tentare il tutto per tutto, mettere Francesco nell’angolo e intimargli la resa incondizionata minacciando lo scatenamento di un conflitto senza precedenti nella storia recente della Chiesa. L’unico personaggio che poteva tentare questa mossa era Benedetto XVI, colui che per otto anni ha occupato il trono di Pietro, l’insigne teologo, il leader ancora amato da una buona parte del “popolo di Dio”. Gli altri generali dell’esercito conservatore sono figure che non godono di un’oncia del suo prestigio e della sua autorevolezza. Adesso tocca a Francesco rispondere. Le sue formidabili capacità di mediazione sono qui messe alla prova. Ci vorrebbe un miracolo perché il papa argentino fosse in grado di disinnescare il conflitto. Il suo predecessore lo ha messo con le spalle al muro: qualsiasi apertura, anche la più prudente, all’ordinazione di uomini sposati apparirà ai suoi avversari interni come un gesto eretico. Per un altro verso, cedere e assecondare Ratzinger significherebbe di fatto abdicare, rinunciare all’esercizio del potere papale. Stiamo a vedere. La partita è appena iniziata e il finale è tutto da scrivere.