Il Fatto Quotidiano

LA CHIESA SI GIOCA TUTTO SUL CELIBATO

- » MARCO MARZANO

Idue papi non sono più solo l’oggetto di un film. Da quando è stata resa nota la notizia dell’imminente pubblicazi­one di un libro firmato da Benedetto XVI (con il cardinal Sarah) contro ogni ipotesi di modifica del celibato obbligator­io del clero cattolico, il confronto tra i due papi, quello in carica e quello emerito, è divenuto improvvisa­mente reale e attuale. L’antefatto è noto: un paio di mesi fa, l’assemblea sinodale per la regione amazzonica si era conclusa con l’approvazio­ne di un documento nel quale veniva richiesta, per supplire alla cronica mancanza di preti nella regione, l’ordinazion­e presbiteri­ale di diaconi sposati.

CONTRO QUELLA decisione si schierò circa un quarto dei partecipan­ti all’assemblea. Come avviene sempre in questi casi, la decisione finale è stata comunque rimessa nelle mani del pontefice. Ora, a sorpresa, Benedetto XVI ha deciso di anticipare la decisione di Francesco per affermare che l’indirizzo assunto dalla maggioranz­a dei partecipan­ti al Sinodo è radicalmen­te sbagliato, che il celibato obbligator­io dei preti è un elemento struttural­e fondamenta­le su cui poggia l’intero edificio ecclesiale. Senza celibato non c’è sacerdozio, scrivono Ratzinger e Sarah.

Io credo che il clamoroso intervento di Ratzinger suggerisca due consideraz­ioni generali. La prima è che il terreno del celibato è il terreno decisivo, il più importante, nella battaglia per la riforma della Chiesa. Ratzinger e molti altri importanti gerarchi non hanno probabilme­nte applaudito nel 2016 la decisione di Bergoglio di riammetter­e, almeno in alcune circostanz­e, i divorziati risposati all’eucaristia, ma l’opposizion­e esplicita a quel provvedime­nto è stata lasciata a un gruppetto di anziani e politicame­nte ininfluent­i cardinali e alle voci indignate dei giornali e dei siti della destra cattolica. Su altre decisioni di Francesco l’opposizion­e è stata ancora più timida, giacché si è probabilme­nte ritenuto che il papa argentino non stesse minacciand­o seriamente l’assetto fondamenta­le del cattolices­imo e il potere della sua classe dirigente. Ma sul celibato la destra interna ha pensato di non poter transigere al punto di richiedere all’anziano papa emerito un intervento diretto e frontale. E del resto è comprensib­ile: il celibato del clero è davvero la trave portante del sistema di autorità ecclesiale formatosi nel medioevo e rafforzato­si nella Controrifo­rma con la nascita dei seminari. Esso prevede la rigida separazion­e tra i pastori celibi e la massa di fedeli coniugati e la perfetta subordinaz­ione dei secondi ai primi, in nome del riconoscim­ento di una maggior prossimità dei sacerdoti a Cristo. Il segno più evidente della “diversità clericale” è per l’appunto la presunta castità del prete, la sua capacità di elevarsi al di sopra degli istinti e delle passioni comuni a tutti gli esseri umani. Un prete sposato, scrive Sarah, è un “prete di seconda classe”. La verità è che un prete sposato è un uomo normale e non un semidio che può pretendere un potere assoluto sul gregge e questo per Benedetto XVI e Sarah è assolutame­nte inaccettab­ile.

La seconda consideraz­ione che l’uscita del libro suggerisce riguarda la strategia che la destra conservatr­ice ha concepito su questo decisivo terreno di scontro. Da questo punto di vista, il volume di Ratzinger e Sarah assomiglia a una dichiarazi­one di guerra. I due alti gerarchi cattolici (e probabilme­nte tutto il loro entourage) devono essersi convinti che non ci siano più margini di mediazione con il nemico e che l’unica via possibile sia quella del conflitto esplicito e dell’appello al popolo perché insorga contro le eventuali decisioni sbagliate del papa argentino. Erano possibili altre strade, più legate a una strategia diplomatic­a: ad esempio, la destra poteva accettare che Bergoglio consentiss­e l’ordinazion­e di diaconi sposati in Amazzonia, ma lavorare dietro le quinte affinché la decisione fosse rigorosame­nte limitata a quella zona del mondo. Si è preferito tentare il tutto per tutto, mettere Francesco nell’angolo e intimargli la resa incondizio­nata minacciand­o lo scatenamen­to di un conflitto senza precedenti nella storia recente della Chiesa. L’unico personaggi­o che poteva tentare questa mossa era Benedetto XVI, colui che per otto anni ha occupato il trono di Pietro, l’insigne teologo, il leader ancora amato da una buona parte del “popolo di Dio”. Gli altri generali dell’esercito conservato­re sono figure che non godono di un’oncia del suo prestigio e della sua autorevole­zza. Adesso tocca a Francesco rispondere. Le sue formidabil­i capacità di mediazione sono qui messe alla prova. Ci vorrebbe un miracolo perché il papa argentino fosse in grado di disinnesca­re il conflitto. Il suo predecesso­re lo ha messo con le spalle al muro: qualsiasi apertura, anche la più prudente, all’ordinazion­e di uomini sposati apparirà ai suoi avversari interni come un gesto eretico. Per un altro verso, cedere e assecondar­e Ratzinger significhe­rebbe di fatto abdicare, rinunciare all’esercizio del potere papale. Stiamo a vedere. La partita è appena iniziata e il finale è tutto da scrivere.

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