Haftar resiste anche a Putin: la tregua per ora è solo a metà
Alzare il prezzo Il generale non ha firmato: vuole ulteriori garanzie dallo sponsor russo
La notizia più evidente nella complessa questione libica è che non esistono soluzioni facili. Ieri a Mosca nemmeno la forza morale del Cremlino e la forte vicinanza tra la Russia e la Libia di Khalifa Haftar ha convinto il generale a mettere la firma sull’accordo di tregua che invece il rivale Fayez al Serraj, capo del governo di Tripoli, ha avallato.
IL VERTICE A MOSCA. Non è solo l’Italia, quindi, a non essere in grado di produrre risultati apprezzabili nel conflitto, ma la sua complessità mette in difficoltà anche diplomazie più sperimentate. Nei giorni scorsi sono state scritte intere pagine per esaltare le capacità del ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, il quale però ieri pomeriggio ha dovuto prendere atto di quello che i giornali di Bengasi chiamano “il fallimento” della pace. I due contendenti non hanno mai voluto incontrarsi, ognuno ha trattato solo con il proprio “tutor”: la Russia rappresentata dal ministro degli Esteri Sergej Lavrov e la Turchia rappresentata dal ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu. Non è un caso che l’accordo preveda un “supporto turco-russo” al processo di pacificazione oltre al “dialogo intra-libico”.
Il testo proposto alla firma di Serraj, Haftar, del presidente della Camera dei rappresentanti Aguila Saleh, del presidente dell’Alto consiglio di Stato Khalid El-Mishri e del presidente della Camera dei rappresentanti di Tripoli Sadiq el Khaliy, prevede “l’osservanza incondizionata della cessazione delle ostilità”, di determinare “una linea del fronte” che assicuri un cessate il fuoco sostenibile, di assicurare “l’accesso sicuro, la consegna e la distribuzione di assistenza umanitaria”, di definire una commissione militare di “5+5 membri” di entrambe le parti per determinare la linea del fronte e monitorare l’attuazione del cessate il fuoco, di formare “gruppi di lavoro” per elaborare le modalità dell’accordo politico “intra-libico”, con una data del loro incontro da definire.
Le parti hanno poi espresso sostegno all’iniziativa della Federazione russa e della Repubblica turca per una cessazione delle ostilità in Libia. Nessun riferimento concreto agli aspetti economici, anche se la gestione delle riserve petrolifere e soprattutto il modo in cui vengono spese dalla Banca centrale libica, è un nodo decisivo.
Proprio pochi giorni fa, la National Oil Corporation (Noc), l’ente che ha il monopolio legale del commercio di petrolio, i cui ricavati vengono versati alla Banca centrale gestita da Tripoli, ha indicato in 20,3 miliardi di dollari le entrate fino a novembre con una produzione di petrolio e gas costanti a 1,23 milioni di barili al giorno a novembre.
Il ruolo turco. Haftar si è preso un giorno per decidere se firmare e infatti è rimasto a Mosca. Probabilmente discuterà ancora con la Russia ulteriori garanzie che quasi sicuramente arriveranno. Il generale libico sembra quello con più carte da giocare, con più alleati (la Russia, il decisivo appoggio del vicino Egitto oltre che Arabia Saudita ed Emirati arabi uniti, la Francia), mentre al Serraj ha deciso di gettarsi nel rapporto privilegiato con la Turchia dopo il raffreddamento dei rapporti con Usa e Italia. E Istanbul, inviando alcune decine di militari, si è guadagnata un ruolo di primo piano che fino a poco tempo fa le era precluso.
IL RUOLO ITALIANO. Per quanto riguarda Roma, invece, la giornata ha offerto l’occasione per andare a vedere le carte di Istanbul e anche di riallacciare i rapporti con la Turchia di Erdogan. Vertice positivo, secondo Palazzo Chigi, in cui Giuseppe Conte ha però voluto ribadire l’importanza che il processo di pace “appartenga ai libici” con una posizione che scommette su un cessate il fuoco che sia duraturo e di lungo periodo. Nessuna critica ai russi o ai turchi, ma l’Italia che non ha forze militari sul campo – per una precisa scelta politica presa da tempo e che oggi per la prima volta viene ridiscussa, sia pure con molta cautela – lavora sul
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versante nordafricano, invitando i libici a guardarsi “da ingerenze esterne” come ripete Conte e puntando ad avere nel processo di pace “tutti i paesi limitrofi della Libia”, come sta cercando di fare Luigi Di Maio con il suo tour nordafricano (ieri è stato a Tunisi do