Il Fatto Quotidiano

Le provocazio­ni beffarde e l’istinto dinamitard­o: con lui non finiva mai 0-0

- » ANTONIO PADELLARO

Mi hanno sempre colpito i furori di Giampaolo Pansa, l’impeto con cui investiva la vittima di turno, il politico mellifluo, il collega infingardo, l’asprezza delle sue profezie catastrofi­che sull’Italia popolata da troppi italiani per potersi salvare. L’ultima volta che gli parlai fu giusto un anno fa negli studi di Piazza Pulita, quando da uno schermo lontano (così come lunare appariva il suo distacco dalle cose di questo mondo dopo la scomparsa improvvisa del figlio Alessandro) ebbe a definire il Salvimaio “un governo di terroristi”, annunciò la “guerra civile”, a cui unico rimedio, disse, sarebbe stato “un governo di tecnici sostenuto dai militari”. Non provai neppure a replicare: ne conoscevo abbastanza l’istinto dinamitard­o, la provocazio­ne anche beffarda mirata a sorprender­e comunque il pubblico, perché il giornalist­a Pansa non faceva mai zero a zero. Non so se in questo giorno gli farebbe piacere il paragone con certi virtuosi del pallone, geniali nell’illuminare l’azione ma troppo innamorati di se stessi, e scostanti, per partecipar­e al gioco di squadra.

PER UNA VITA ho invidiato il suo strepitoso stile pop nel senso del miglior giornalism­o popolare: descrizion­i accurate, dialoghi sfolgorant­i ma soprattutt­o metafore passate alla storia come la Balena Bianca con cui immortalò la vecchia Dc. Per un apprendist­a della carta stampata (mi considerav­o tale anche se lavoravo al Corriere della Sera) quelle paginate erano materia di studio da scomporre e ricomporre per cercare di carpirne il segreto. Mi ripeto: quegli articoli erano come la formula della Coca Cola di cui sono noti gli ingredient­i ma non la chimica da cui scaturisce il sapore inimitabil­e. Con Giampaolo ci trovammo all’inizio degli anni 90 all’Espresso dove aveva seguito il grande Claudio Rinaldi come condiretto­re. Me lo ricordo come il paladino di una sinistra intransige­nte, preceduto da una medaglia al valore: la tesi di laurea sulla guerra partigiana tra Genova e il Po, un testo che ebbe l’onore della pubblicazi­one con Laterza. Nelle riunioni di redazione saliva in cattedra con il piglio del docente rassegnato alla mediocrità degli allievi. Da grande affabulato­re gli piaceva raccontare un episodio sulla leggenda luciferina di Giulio De Benedetti, suo direttore alla Stampa a cui ebbe la disavventu­ra di sottoporre una recensione non richiesta sul film Il giorno più lungo. Giulio il terribile convocò l’autore e sotto il suo sguardo sgomento prese lo scritto e lo ridusse in mille pezzetti. A questo punto, Giampaolo, con la mano a imbuto, mostrava come il frutto del suo lavoro si fosse trasformat­o in una nevicata di coriandoli che De Benedetti lasciava cadere con le fatidiche parole: “Ecco, Pansa, cosa faccio del suo articolo”. Sottotesto: care fighette, allora questo mestiere era lacrime e sangue. La vita successiva di Giampaolo è segnata dall’enorme successo de Il sangue dei vinti, sulle efferatezz­e occultate della guerra partigiana. Con le polemiche incandesce­nti che ne seguirono e che seppe alimentare con decine di altri titoli. Uno dei quali: La destra siamo noi sembrò dare ragione a quanti sostenevan­o la sua resa al nemico “fascista”. Altri si chiesero quando è che Pansa avesse smesso di essere di sinistra. Ho sempre ritenuto che avessero torto entrambi: lui pensava di essere rimasto sempre lo stesso, ma non sopportava più l’o p po r t un i sm o trasformis­ta della sinistra, le falsificaz­ioni faziose dei cantori progressis­ti, la perdita di contatto con il popolo, la svendita dei propri valori. Oggi possiamo dire che aveva visto lungo. Quando dirigevo l’Unità e molti lettori criticaron­o il suo parteggiar­e per i “vinti”, scrisse cose che mi fecero male. Oggi vorrei tanto tornare indietro, alle sue lezioni di giornalism­o duro e puro, a quelle passioni che lo accendevan­o per chiedergli: dai Giampaolo, raccontaci di quella volta che.

Le sue paginate erano come la formula della Coca Cola, di cui sono noti gli ingredient­i ma non la chimica e da cui scaturisce il sapore inimitabil­e

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Giampaolo Pansa alla presentazi­one del libro di Manfellott­o
Foto di U.Pizzi Per Roma Giampaolo Pansa alla presentazi­one del libro di Manfellott­o

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