I decreti Sicurezza accendono il ritiro dem
Termina la due giorni del Pd nell’abbazia di Contigliano: il dibattito sul futuro coi 5S
“Noi possiamo anche parlare di modificare i decreti Sicurezza e di provare a farlo oltre i rilievi di Sergio Mattarella. Ma se siamo minoranza nella maggioranza, non ci riusciremo ”. Secondo giorno del“Conclave” delPd, al l’Abbazia di
San Pastore a Contigliano. Fa un po’ meno freddo del giorno prima e il dibattito si anima. Non ha ancora parlato Nicola Zingaretti. Ma è Cecilia D’Elia, da sempre vicina al segretario, a indicare con lucidità il nodo politico. Da Dario Franceschini per finire allo stesso Zingaretti, i vertici del Nazareno ieri si sono spinti in maniera abbastanza compatta a ribadire come la prospettiva politica irrinunciabile per il Pd in questo momento sia arrivare a un’alleanza organica con M5s. Sentire Andrea Orlando: “Noi non vogliamo nessun matrimonio, ma per governare il paese serve un’alleanza con un progetto”. Avvert imento: “Ai nostri alleati dobbiamo dire: o rinunciate all’antipolitica o la difficoltà di portare avanti questo governo crescerà”. Ma intanto la possibilità dei dem di dettare l’agenda è relativa. “Non siamo subalterni”, enuncia Zingaretti nella sua relazione. E elenca 5 punti programmatici. Rivoluzione verde, sburocratizzazione, Equity Act per parità salariale uomo- donna ed equilibrio nord-sud, aumento della spesa per l’educazione, piano per la salute. Vorrebbe essere una direzione strategica per l’esecutivo. Ma è talmente vasta da essere vaga, talmente “lunare” in quanto a scelta di tempi (il 26 si vota in Emilia-Romagna) e a concrete possibilità di arrivare a mediazioni da sembrare fuori contesto.
RESTA la realtà. Tanto per cominciare, appunto, i decreti sicurezza. Denuncia Matteo Orfini (che sulla prospettiva di un matrimonio con M5S è molto critico): “Non mi convince l’idea che arriviamo in Parlamento senza un accordo di maggioranza. Se non alziamo l’asticella con il M5s non otteniamo un risultato”. La mette un po’ più morbida il capogruppo alla Camera, Graziano
Delrio: “Possiamo re introdurre lo Sprar perché su questo M5s sono d’accordo, ma dobbiamo pretendere che la gestione di questo passaggio vada fatta su principi non mediabili”. Conclusione del segretario: “Io mi rifiuto di chiamare quei decreti ‘decreti sicurezza’. È solo propaganda. Ma siamo figli di un compromesso che tutti abbiamo accettato il giorno del giuramento del governo. Ora dobbiamo capire dentro questa situazione come arrivare all’obiettivo più alto e ambizioso possibile”. Chiosa Orlando uscendo: “Il segretario questo lo ha spiegato bene”. Per restare sul dossier è Matteo Mauri, viceministro dell’Interno, a chiarire che la titolare del Viminale, Luciana Lamorgese, vorrebbe portare i decreti in Cdm. Quando lo farà e soprattutto se il Pd riuscirà a introdurre delle modifiche è tutto da vedere.
E POI c’è il reddito di cittadinanza. Sia Zingaretti sia Franceschini lo hanno di fatto difeso, ma c’è una parte del partito, capitanata da Lorenzo Guerini che mette l’accento sulla crescita. Mezzo Pd risponde da sinistra.
Dopo l’Emilia e la Calabria ci sono le altre Regionali. Un assaggio di quanto può accadere si è avuto ieri, con un Vincenzo De Luca che si aggirava per il monastero con una postura molto poco pacifica. Mini-vertice finale tra lui, il figlio Piero De Luca e il segretario. In Campania non ci pensa proprio a non ricandidarsi. Ma Italia Viva non lo vuole e – nell’ottica di un tentativo di alleanza col M5S – non è esattamente il candidato ideale.
L’intruso
Nel monastero irrompe anche il governatore De Luca: vuole assicurazioni sulla Campania