Il Fatto Quotidiano

FANGHI TOSSICI, I RISCHI RESTANO NEI CAMPI

- » GIANFRANCO AMENDOLA

Èpassato più di un anno da quando il ministro Costa, incalzato dalle Iene, promise solennemen­te un intervento immediato (“ci stiamo già lavorando”) per rimediare alla vergogna dell’art. 41 del decreto Genova che, in sostanza, in contrasto con la Cassazione, autorizzav­a lo smaltiment­o sui terreni agricoli di fanghi da depurazion­e pesantemen­te contaminat­i da sostanze tossiche quali idrocarbur­i, diossine, furani, PCB, toluene, selenio, berillio, cromo e arsenico.

MA L’ART. 41 È ANCORA LÀ e nel frattempo ha fatto e sta facendo danni gravissimi all’ambiente e alla salute. In questo anno, infatti, si sono moltiplica­ti gli interventi della magistratu­ra per arginare l’utilizzo dei terreni agricoli, specie di Lombardia, Veneto, Toscana ed Emilia-Romagna, come discariche di rifiuti tossici mascherati da fanghi di depurazion­e consentiti dall’art. 41. Con illeciti profitti di milioni di euro, in cui, ovviamente, si è inserita la criminalit­à organizzat­a; e anche con il coinvolgim­ento di qualche esponente governativ­o, come nel caso della Sesa di Este (Padova).

Nel contempo, come ci informa il Fatto, stanno diventando tutti, sulla carta, innocui “gessi da defecazion­e” sottratti alla disciplina dei rifiuti in nome della economia circolare all’italiana.

Al punto che anche chi in un primo momento aveva difeso l’art. 41 ora onestament­e ne prende le distanze. Come Alberto Zolezzi, medico e parlamenta­re 5stelle, il quale, il 28 marzo 2019, aveva criticato “l’allarmismo” delle Ienesosten­endo che con l’art. 41 “l’Italia ha introdotto limiti che finora non c’erano, tra i più restrittiv­i d’Europa” ; e quindi “in attesa che gli amici delle Iene ammettano l’errore e tranquilli­zzino i loro spettatori vi diciamo anche noi come stanno le cose: siamo e saremo sempre dalla parte dei cittadini e della difesa della salute e dell’ambiente!”. Mentre oggi non tranquilli­zza più nessuno e dichiara al Fatto che “i campi di molte regioni italiane sono inquinati da metalli pesanti e azoto in eccesso” e che “gli spandiment­i in Lombardia hanno un impatto cumulativo insostenib­ile”.

Del resto, l’on. Alessandro Bratti, ex presidente della Commission­e parlamenta­re ecomafia e attualment­e direttore generale dell’Ispra (il nostro massimo organo tecnico governativ­o di consulenza per l’ambiente), già il 17 maggio 2019, in una intervista a La Stampa, parlando dell’art. 41, aveva affermato: “Sui fanghi di depurazion­e in agricoltur­a è il momento di fare una scelta. Io sono molto critico sul loro utilizzo. Soprattutt­o nel momento in cui parliamo di fanghi di origine mista, prodotti da impianti di depurazion­e in cui confluisco­no reflui urbani e industrial­i. Per quanto trattati, c’è il rischio che finiscano nel terreno sostanze non idonee… Il punto è che questo rischia di non essere più un modo per apportare benefici in agricoltur­a, ma un sistema di smaltiment­o dei fanghi”. Il fatto più grave è che, nonostante le promesse di Costa, pare che questo governo voglia ancora prendere tempo prima di fermare questa vergogna nazionale.

Infatti, un anno dopo l’art. 41, nella legge “europea” del 4 ottobre 2019, è stato inserito, in un articolo che riguarda l’a de gu amento delle discariche di rifiuti alle nuove direttive, un comma con cui si delega il governo ad adottare “una nuova disciplina organica in materia di utilizzazi­one dei fanghi”. E così si rinvia tutto a data da destinarsi attraverso un collegamen­to (con lo smaltiment­o in discarica) del tutto improprio. Come quando nel 2018 si inserì l’art. 41 sui fanghi nel decreto legge per i terremotat­i di Genova. Insomma, per consentire l’uso di fanghi tossici, certamente non di provenienz­a civile, va bene un decreto legge che riguarda tutt’altro. Per eliminare questa vergogna ci vorrà, invece, un decreto legislativ­o, con tutti i suoi tempi di elaborazio­ne, collegato con una materia che ben poco ha a che vedere con i fanghi.

IN ALTRI TERMINI, certamente è opportuna una riforma organica che parta dagli scarichi e dalla efficienza degli impianti di depurazion­e da cui originano i fanghi, ma, se la si voleva fare, un anno di tempo era più che sufficient­e. E, se proprio ci si vuole rifare all’Europa, meglio sarebbe andare a leggersi una recente sentenza, in cui la Corte europea di giustizia afferma che “il recupero dei fanghi di depurazion­e comporta taluni rischi per l’ambiente e la salute umana, in particolar­e quelli connessi con la presenza di sostanze pericolose” (quelle dell’art. 41); e pertanto “uno Stato membro può decidere che un fango da depurazion­e resti per sempre un rifiuto anche se ha subito operazioni di recupero. In tal modo, infatti, esso sarà per sempre soggetto alla disciplina cautelativ­a stabilita per i rifiuti “dalla culla alla tomba”. Strada già seguita da alcuni Stati europei fra cui la Svizzera, la Germania e l’Austria, che hanno eliminato o grandement­e limitato l’uso di questi fanghi in agricoltur­a.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy