Il Fatto Quotidiano

Benetton, il vizio del debito : perché Atlantia rischia il crac

- » FABIO PAVESI

Ora è il momento del redde rationem per i Benetton. L’e ve ntuale revoca della concession­e delle autostrade italiane gestite da Aspi, non potrà che riverberar­si a cascata a monte dell’intera filiera societaria: da Autostrade per l’Italia su verso Atlantia, che di Aspi possiede l’88%, fino a Sintonia ed Edizione, la holding di Ponzano che di Atlantia ha il 30% del capitale. Comunque andrà, sarà un sommovimen­to tellurico per l’intero impero della potente famiglia, costruito più di 20 anni fa su un enorme castello di debito.

COSA C’È di meglio che gestire business monopolist­ici, che vivono di rendita su tariffe garantite e con hanno (apparentem­ente) rischi operativi? Anziché fare maglioni (che infatti sono in profonda crisi da anni con il marchio di casa) meglio sfruttare le grandi privatizza­zioni per assicurars­i quelle mucche da mungere che sono le concession­i pubbliche: dalle autostrade fino agli aeroporti. In fondo da imprendito­re metti il minor capitale possibile, sai che avrai flussi di cassa così imponenti da attirare banche e investitor­i disposti a prestarti denaro perché a garanzia ci sono flussi di reddito che valgono, nel caso di Autostrade, incassi. Un vero Bengodi, senza precedenti in altri settori. L’unica avvertenza è che quelle concession­i così ricche te le devi meritare, garantendo efficienza e sicurezza della rete. Proprio quello che i Benetton hanno dimostrato di non saper gestire e tutelare con il disastro del ponte Morandi, che ha scoperchia­to il vaso di Pandora fatto di manutenzio­ni al minimo, report falsati e investimen­ti tenuti al lumicino.

E ora i conti non tornano più. Se Autostrade perdesse la concession­e svanirebbe­ro quei flussi di cassa che hanno consentito di indebitars­i oltre misura e il castello da Autostrade in su crollerebb­e di schianto. Aspi con i suoi oltre 3 miliardi di fatturato è il gioiello della Corona per Atlantia. Valeva prima della conquista della spagnola Abertis (anch’essa a debito) il 60% dell’intero fatturato annuo. Aspi apporta anche una forte dose di redditivit­à industrial­e: 2 miliardi sui circa 5,6 di margine operativo lordo della controllan­te quotata. E nei primi nove mesi del 2019 c’è l’apporto di Abertis di cui Atlantia possiede il 50% più un’azione. Nel 2018 il peso della redditivit­à industrial­e di Aspi era ancora più pronunciat­o: 2 miliardi su 3,76. Ancora più imponenti i flussi di cassa operativi: da Aspi arrivavano ad Atlantia pre Abertis ben 1,7 miliardi sui 2,9 totali della holding.

Tagliare quel contributo così importante avrebbe l’effetto di dimezzare ricavi e margini, ma non il debito, che diverrebbe ingestibil­e prima per Aspi e subito dopo per Atlantia. Ed è proprio su questa consideraz­ione che le tre agenzie di rating in rapida succession­e hanno portato il rating di Atlantia a livello spazzatura. I flussi di cassa mancanti di Autostrade spingerebb­ero il rapporto debito/margini a livelli non sostenibil­i.

Del resto già oggi sia Aspi che Atlantia viaggiano con debiti molto elevati. La prima ha un debito netto di 8,8 miliardi, di cui oltre 2 con la Banca europea degli investimen­ti e con la Casa depositi e prestiti, che in virtù del downgradin­gdel rating potrebbero chiederne il rimborso anticipato. Oltre 7 miliardi sono prestiti obbligazio­nari. Il peso del debito vale già oggi oltre 4 volte il margine lordo. Significa che ci vogliono 4 anni interi di margini cumulati per rimborsare l’intero ammontare, senza però fare investimen­ti, ammortizza­re più nulla, pagare gli interessi e i dividendi.

CON LA REVOCAdell­a concession­e quel debito dovrebbe essere ripagato chiamando in causa Atlantia che ne garantisce buona parte. Ma il vizietto di tirare a più non posso l’indebitame­nto affligge tutti i business del gruppo. Atlantia prima di Abertis aveva debiti netti per 12,4 miliardi su un margine lordo di 3,5 miliardi. Dopo l’acquisizio­ne del gruppo spagnolo il debito è schizzato a 38 miliardi su un Mol che dovrebbe raddoppiar­e a quota 7 miliardi ma che tiene la forchetta debito/mol a livelli elevatissi­mi. Ora molti osservator­i mettono in guardia dagli effetti domino sugli obbligazio­nisti e azionisti della galassia, come la lettera inviata dagli investitor­i istituzion­ali di Atlantia a Bruxelles per mettere in mora il governo. Sapevano però quale livello elevato del loro stesso debito era caricato sulla società. E quando la leva debitoria è così elevata, il rischio non è remoto. Nessuno poteva prevedere il disastro di Genova, ma più che prendersel­a con il governo dovrebbero chiedere conto ai Benetton e ai loro manager della manutenzio­ne così carente. Anche quella dai bilanci si poteva vedere. Da anni.

La miniera d’oro

Senza la concession­e, la controllan­te dimezzerà redditivit­à e flussi di cassa essenziali per sopravvive­re

I numeri

Miliardi: è il fatturato di Aspi; la redditivit­à industrial­e è di 2 miliardi su 5,6 di margine operativo lordo di Atlantia

Miliardi: il debito di Aspi di cui 2 miliardi con Banca europea degli investimen­ti e Cdp. Oltre 7 miliardi sono dei prestiti obbligazio­nari

Miliardi: il debito di Atlantia dopo l’acquisizio­ne del gruppo spagnolo Abertis Prima era di 12,4 miliardi

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Ansa A cascata Atlantia possiede l’88% di Autostrade per l’Italia

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