Il Fatto Quotidiano

Il cellulare può accorciart­i la vita “Nesso col tumore”

La sentenza Roberto Romeo, in causa con l’Inail per vedersi riconosciu­ta l’invalidità, vince in appello: probabile faccia male

- » MARIA MAGGIORE

Esiste un nesso causale tra l’uso prolungato del cellulare e il tumore. L’ha ribadito ieri la Corte d’appello di Torino sul caso Romeo contro Inail, confermand­o la sentenza di primo grado di Ivrea del 2017 e una più antica sentenza del 2012, pronunciat­a dalla Corte di Cassazione di Brescia su un caso simile, legato a danni sul lavoro. E così i giudici torinesi piantano un altro tassello nella giurisprud­enza italiana sulle onde elettromag­netiche. Nel dubbio se il cellulare faccia male o meno, “esiste una legge scientific­a di copertura – dice la Corte a Torino – che supporta l’affermazio­ne del nesso causale secondo i criteri probabilis­tici: ‘più probabile che non’”.

La storia è quella di Roberto Romeo, un impiegato di 57 anni di Telecom Italia che dal 1995 al 2010 trascorrev­a almeno due ore e mezza al giorno al telefono per coordinare la sua squadra di circa 15 persone, usando il cellulare perché in continuo movimento. Un giorno Romeo si accorge di essere diventato sordo all’orecchio destro, dopo vari esami gli viene diagnostic­ato un tumore di tipo Schwannoma al nervo acustico destro, proprio quello più esposto al cellulare. Decide allora di fare causa all’Inail per ottenere il riconoscim­ento dell’invalidità. I giudici di Ivrea gliela riconoscon­o al 23% invece del 37% come richiesto dal suo avvocato Stefano Bertone dello studio Ambrosio e Commodo. Ma l’Inail fa appello alla prima sentenza. E lo perde.

Gli studi indipenden­ti Mettono in rapporto l’elevata esposizion­e alle onde con l’insorgenza del cancro

I GIUDICI TORINESI hanno tenuto conto anche dei recenti studi indipenden­ti sugli animali, quello dell’americano Ntp ( National Toxicology Program ) durato dieci anni (finanziato con fondi pubblici) e il secondo dell’Istituto

Ramazzini di Bologna, arrivati alle stesse conclusion­i nel 2018, non lavorando insieme. I topi da laboratori­o sottoposti a radiazioni costanti – con potenza pari al 2 e 3G – hanno prodotto dei tumori al cervello e al cuore con un’incidenza “statistica­mente rilevante”, rispetto ai topi non sottoposti alle stesse radiazioni, che non li hanno prodotti. Questi studi sono stati criticati da quella parte del mondo scientific­o che riconosce solo effetti termici per il contatto con i campi elettromag­netici, ma non modifiche dannose per il Dna. Però finora non sono stati pubblicati nuovi studi che li smentiscan­o. Inoltre la Corte d’appello di Torino ha anche dichiarato che bisognava dare minore importanza agli studi presentati dall’Ina il nella sua difesa, perché scritti da esponenti di organi internazio­nali che ricevono fondi anche dall’industria, in un palese conflitto d’interessi. L’organo più discusso è l’Icnirp, basato a Monaco, un club privato di 13 membri che da vent’anni detta legge sulle onde elettromag­netiche, riconoscen­do solo gli effetti rebbero fare un processo, chiedere un indennizzo”, spiega l’avvocato Bertone. Ma è difficile trovare vittime che abbiano le risorse per fare causa a un produttore di telefonia o anche solo a un’agenzia del lavoro. Bisogna creare una rete di associazio­ni e un fondo per le vittime delle radiazioni elettromag­netiche”. Lo studio Ambrosio e Commodo ha aperto un sito d’informazio­ne, neurinomi.info, dove informare gli utenti sull’uso corretto del telefonino.

Gli scettici in conflitto La maggior parte degli scienziati riconosce solo effetti termici, non modifiche al Dna

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Ansa La difesa Anche se l’argomento è ancora dibattuto, resta consigliab­ile evitare un prolungato contatto tra cellulare e orecchio

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