“Ho inventato la fantastoria, ma le Voci furono censurate”
PUPI AVATI Il regista e chi gli chiede un remake della serie andata in onda nel ’95: “La Rai la trattò in modo indecente”
Un originale televisivo in cinque p u n t a t e , t r asmesso per la prima volta nel 1995: sceneggiatura di Pupi Avati, regia di Fabrizio Laurenti, protagonisti Massimo Bonetti e Lorenzo Flaherty. Esoterico, inquietante, disgraziato e censurato, ma con le stimmate del cult: venticinque anni dopo, l’eco di Voci notturne non si è spenta. Pupi Avati, parliamo del Twin Peaks italiano?
Twin Peaksnon è un paragone peregrino, ma Voci notturne ha anticipato quel genere che Il codice da Vinciavrebbe portato al successo planetario: la fantastoria.
Come c’è arrivato? Partendo da Il mattino dei maghi, un testo fondamentale di Louis Pauwels e Jacques Bergier del 1960: dotati di una cultura sterminata, hanno inventato quella letteratura, quel realismo fantastico di cui Dan Brown può essere considerato il peggio che esista.
Lei invece?
Ho ipotizzato che dentro la storia politica, sociale, artistica ci siano contenuti densi e segreti, misteri alchemici, per dirla con il Fulcanelli dei Misteri delle cattedrali, che ho studiato per vent’anni.
Veniamo al Ponte Sublicio. Lo scrittore latino Varrone sostiene che Roma nasca da un ponte sul Tevere, aggregatore di attività commerciali e insediamenti abitativi: un centro di scambi. Un ponte di solo legno, senza chiodi, fatto di incastri e legature, un ponte sacro, da cui il titolo di pontefici o facitori del ponte: vi si sarebbero compiuti sacrifici umani, giovani buttati nel fiume dentro sacchi, ed ecco la suggestione.
Il critico Aldo Grasso non
Aldo Grasso ha dedicato gran parte della propria vita a denigrarmi, come Paolo Mereghetti
È un problema loro
gradì e bersagliò la subliquità del ponte, ovvero quelle “travi oblique e sublique” del cartello iniziale. Grasso ha dedicato gran parte della propria vita a denigrarmi: non ha mai avvertito un minimo di interesse per il mio lavoro, e quando è accaduto l’ha fatto per denigrarmi, come Paolo Mereghetti. Ma è un loro problema, non mio. Si sopravvive, tanto è vero che Voci notturne, da me scritto e prodotto, è misteriosamente sopravvissuto.
Merito dell’idea?
Be’, la sceneggiatura è prodigiosa. Il progetto narrativo parte da un cadavere rinvenuto sotto il Ponte Sublicio: un uomo espressione dei poteri forti romani lo riconosce come proprio figlio, ma lo stesso giovane telefona dall’America per tranquillizzare i genitori. Ho pensato anche di rifarlo.
Sui forum, in verità, chiedono il sequel.
Sì, lo so, noi avevamo pensato al remake, ma c’è un problema, come ci hanno spiegato i consulenti scientifici della questura: la storia oggi non starebbe in piedi, l’esame del Dna accerterebbe subito l’identità della vittima. La bellezza dell’intrigo, non sapere se quell’uomo avesse riconosciuto davvero il figlio, spazzata via: il Dna è la discriminante, Voci notturne non avrà un remake.
Piove sul bagnato?
Be’, la Rai lo trattò in modo indecente, lo mandò in onda in concomitanza con il campionato, poi a un certo punto per dare spazio a una partita importante programmò due puntate insieme senza dire niente: una specie di massacro. Noi con gli ascolti televisivi siamo sempre andati bene, con le Voci no.
Nondimeno…
Ha un suo mondo di affezionati, che mi scrivono, che continuano a insistere per un sequel, un remake o per rimetterlo in vita.
Allora qualche soddisfazione non se la prese?
Mi divertii. All’epoca non c’era Wikipedia, si andava ancora in biblioteca: i ragazzi mi portavano una mole di fotocopie, io scrivevo a Todi e mandavo le puntate. Mi sono fatto una bibliografia straordinaria, di cui Aldo Grasso non ha la minima cognizione.
Nelle successive, sporadiche programmazioni a notte fonda, Voci notturnesubì la
censura.
La presidente della Rai Letizia Moratti ricevette una diffida: io avevo responsabilizzato delle malefatte la Società Teosofica, che immaginavo non esistesse più dai primi del Novecento, invece ancora c’era… Abbiamo provveduto a tagliare le sequenze in cui veniva citata: l’intelligibilità ne risente, qualcosa si è perso, di certo Voci notturne non si è avvantaggiato.
Progetto maledetto? No, rivendico la primogenitura nella storia del cinema: non esiste prima di questo il genere fantastoria, una mistura di eventi storici accertati con intreccio thriller, giallo. È un tipo di scrittura per cui provo grande nostalgia, ma Dan Brown mi ha così avvilito che basta, ho già dato.
E ora?
Lei mi parla ancora, un film intimista che si ispira al papà di Elisabetta e Vittorio, Giuseppe Sgarbi. La dialettica tra un vecchio reticente, cui muore la moglie dopo sessantacinque anni di matrimonio, e un ghostwriter – sarà Fabrizio Gifuni – mandato a Ro Ferrarese a raccoglierne le memorie con la promessa di pubblicargli poi il romanzo: due idee di famiglia agli antipodi, due generazioni diverse a confronto, bellissimo. E poi stiamo lavorando su Dante, tra un anno sono settecento che è morto: è ora che si racconti chi fosse, la vita pazzesca di questo essere umano.
Sto lavorando a un film su Giuseppe Sgarbi e al rapporto con il ghostwriter che ne ha raccolto le memorie