Wuhan, città ribelle contro il governo ammansita dal virus
Wuhan è una megalopoli da 11 milioni di abitanti oggi fantasma. La vera città proibita dopo che il governo cinese ha chiuso quella di Pechino per il rischio di contagio da coronavirus che proprio da Wuhan si è propagato, facendo 17 morti e 600 infettati per poi superare i confini nazionali e raggiungere Hong Kong, Taiwan, Singapore, gli Stati Uniti, l’Arabia Saudita, il Brasile, il Vietnam, e forse anche la Scozia.
NEL GIRO DI POCHI giorni, dal 27 dicembre, giorno in cui nei forum medici iniziano a girare informazioni su “strani casi di polmonite”, il mercato degli animali da cui il virus si sarebbe propagato a partire dai pipistrelli per poi mutare nei serpenti e fare il salto all’uomo viene disinfettato e chiuso, e la città-capoluogo della provincia di Hubei viene blindata. Da Wuhan non partono treni e non ne arrivano, i trasporti pubblici sono fermi. Per strada si aggirano solo forze dell’ordine e operatori sanitari muniti di mascherine. Un’escalation di isolamento rapidissima, estesa da ieri anche ad altre quattro città della provincia: ultima Xiantao dopo Chibi, Huanggang e Ezhou. Pechino così come Macao vieta i festeggiamenti per il Capodanno cinese nonché l’uscita dei nuovi film in sala. I cinema sono pericolosi per il propagarsi del virus. Una quarantena senza precedenti nel nuovo secolo. Come pure senza precedenti, a luglio scorso, era stata la protesta di Wuhan contro l’apertura di un termovalorizzatore approvata dieci anni prima e il cui progetto sarebbe dovuto partire nel 2019. Una mobilitazione di decine di migliaia di persone allarmate che la vicinanza dell’impianto di conversione dei rifiuti alle case possa innalzare il rischio per gli abitanti di inalare di sostanze tossiche. Una protesta che arriva nel bel mezzo delle manifestazioni partite a Hong Kong il 9 giugno e dal movimento pro-democrazia riceve sostegno. È proprio a Wuhan, infatti, che la polizia in assetto antisommossa “prova” le repressioni che poi metterà in atto nell’ex colonia britannica. “Oggi, Wuhan, domani, #HongKong, solidarietà con le proteste ambientali in atto nella Cina continentale #Cina”, recitano gli striscioni degli studenti hongkonghesi in piazza contro la legge sull’estradizione. Nei video di luglio postati su Youtube , Wuhan è tutt’altro che una città fantasma. Per l’arteria principale sfilano i manifestanti. Dietro, la polizia avanza e in un attimo dissolve il corteo. Seguono gli arresti arbitrari.
UN ASSAGGIO DI CIÒ che accadrà a Hong Kong nei mesi successivi. Pechino non può permettersi proteste, ma, al contempo, neanche di fare a meno dei termovalorizzatori per ripulire l’economia ad alto tasso di industrializzazione, specie in distretti molto inquinati, come quello di Wuhan. Dopo le proteste, però, le autorità locali fanno sapere di tenere in conto le rimostranze della popolazione e della costruzione dell’inceneritore non si parla più, come della legge per l’estradizione a Hong Kong.
Ora, a pochi mesi da lì, i residenti della regione di Hubei si trovano a fare i conti con un pericolo molto più concreto delle scorie del termovalorizzatore. E sarebbero potrebbero anche fronteggiarlo, perché – ironia della sorte – è a Wuhan che si trova il solo laboratorio cinese in grado di maneggiare i virus più pericolosi per l’uomo, come ricorda un rapporto recente del Cdc statunitense e come da piano post-Sars del 2003. La Cina, infatti, si è dotata di un sistema di laboratori di alta sicurezza, indicato con la sigla Bsl-4 di cui il più alto in grado è proprio la struttura, gestita da ll ’ A cc ad em ia delle Scienze e situata in un quartiere centrale della città di Wuhan, realizzata in collaborazione con esperti francesi, statunitensi e australiani. La classificazione Bsl-4 implica che il laboratorio è dotato di procedure di sicurezza che impediscono la “fuga” di materiale biologico. O almeno così dovrebbe essere. Intanto, il governo ha annunciato la costruzione in sei giorni di un ospedale specializzato a Wuhan.
Nel silenzio Gli abitanti dal luglio 2019 contestavano l’inceneritore: ora le strade sono deserte