Fondazione Open, bancomat e primarie I giudici: “Ecco perché ha agito da partito”
Respinto il ricorso di Marco Carrai: “È trait d'union tra finanziatori e politici”
“Due
giudici fiorentini decidono che Open non è una fondazione, ma un partito. E quindi cambiano le regole in modo retroattivo. Aprendo indagini per finanziamento illecito ai partiti! Ma come? Se era una fondazione, come può essere finanziamento illecito a un partito? E allora chi decide oggi che cosa è un partito? La politica o la magistratura?”.
COSÌ MATTEO RENZI il 27 novembre scorso tuonava dalla propria pagina Facebook all’indomani delle perquisizioni disposte dalla Procura di Firenze nell’ ambito dell ’ inchiesta sulla Fondazione Open. È l’indagine nella quale sono stati iscritti l’ex presidente della Open, Alberto Bianchi, per traffico di influenze e finanziamento illecito e Marco Carrai, che ne è stato membro del cda, ma per il solo finanziamento illecito.
Anche Carrai nei mesi scorsi è stato perquisito. Provvedimento contro il quale l’imprenditore amico del leader di Italia Viva ha fatto ricorso al Tribunale del Riesame che lo ha respinto. Ma è interessante leggere le sette pagine di motivazioni, depositate pochi giorni fa, per trovare una risposta alla domanda: perché i giudici hanno equiparato la Fondazione Open a un partito politico?
Davanti al Tribunale del Riesame, i difensori di Carrai hanno puntato sulla legge numero 3 del 9 gennaio 2019, nota come “Spazza corrotti ”, fortemente voluta dal M5S, e che riguarda “misure per il contrasto dei reati contro la Pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici”.
I LEGALI quindi hanno depositato i pareri affidati ai professori Giulio Ponzanelli, Domenico Pulitanò e Giovanni Maria Flick. “Affermavano i difensori – è scritto nelle motivazioni – che tutti e tre tali studiosi erano giunti al medesimo risultato: è certo che almeno sino all’entrata in vigore della legge numero 3 del 9 gennaio 2019, la Fondazione Open non potesse essere considerata né quale ‘ partito politico’, né quale ‘articolazione di partito politico’, sicché era da escludere che ad essa, per i fatti avvenuti tra il 2012 e il 2018, potesse applicarsi la norma penale relativa al finanziamento illecito ai partiti”.
Sono motivazioni che non hanno convinto i giudici del Riesame, i quali scrivono che la Fondazione Open “su ll a base degli esiti dell’attività investigativa svolta” appare aver “agito come ‘articolazione’ di partito politico”.
Ed elencano anche gli elementi sui quali basano questa
Su facebook
La risposta a Matteo Renzi che tuonava: “Chi decide cosa è un partito? La magistratura?”
convinzione. Dalle indagini e dalla documentazione sequestrata – si spiega – emergono infatti riferimenti: alle primarie del 2012, al “comitato per Matteo Renzi Segretario”, e anche “alle ricevute di versamento da ‘parlamentari’”. Inoltre emerge che la “Fondazione ha rimborsato spese a parlamentari”, ai quali sono state messe a disposizione anche “carte di credito e bancomat”. Nel cda della Open in passato sedeva anche l’ex ministro Luca Lotti, non indagato: lui aveva a disposizione un bancomat che però, secondo quanto spiegano al Fattofonti vicine alla Open, non l’avrebbe praticamente mai usato.
Su Carrai, invece, i giudici scrivono: “Il ricorrente ha svolto un ruolo di primaria importanza nel reperimento dei finanziatori della Fondazione e nel collegamento tra costoro e gli esponenti politici rappresentati dalla Fondazione”.
PER IL TRIBUNALE del Riesame, quindi, il decreto di perquisizione disposto nei confronti di Carrai è legittimo. E lo stesso esito hanno avuto i ricorsi presentati da alcuni imprenditori perquisiti senza essere indagati in qualità di finanziatori della Fondazione.