Il Fatto Quotidiano

“Le trattative Stato-mafia furono due e Berlusconi pagò i clan fino al 1994”

Scrivono Caselli e Lo Forte, ex procurator­e capo e aggiunto a Palermo

- » GIAN CARLO CASELLI E GUIDO LO FORTE

La Procura di Palermo del dopo stragi ha vissuto un periodo di grande speranza, man mano che si avvertiva con sempre maggiore chiarezza come importanti strutture di Cosa Nostra stessero cedendo. (...) La strada si è fatta via via più in salita. E chissà quante opportunit­à (...) sono sfuggite. Sullo sfondo un’ipotesi inquietant­e: che ad aggravare il cambiament­o di quadro, già di per sè cupo, abbia potuto contribuir­e la “trattativa” fra Stato e mafia.

(...) Innanzitut­to va chiarito che – secondo la Corte di assise di Palermo – le trattative sono state due. La prima, che si svolge nel biennio 1992-93, vede come protagonis­ti: dalla parte dello Stato, gli ufficiali del Ros dei carabinier­i Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno; dalla parte di Cosa nostra, Vito Ciancimino e il medico- mafioso Antonino Cinà, con Salvatore Riina come massimo referente. Destinatar­i della minaccia sono i governi di Giuliano Amato e Carlo Azeglio Ciampi. (...)

La seconda trattativa, che si svolge fra il 1993 e il 1994 vede come attori principali Marcello Dell’Utri e Leoluca Bagarella, e come destinatar­io della minaccia il primo governo della Seconda Repubblica, quello di Silvio Berlusconi. Secondo la ricostruzi­one dei giudici, Dell’Utri si propone e si attiva come interlocut­ore dei capi di Cosa nostra per una serie di benefici a favore dell’organizzaz­ione mafiosa. E agevola lo sviluppo della trattativa, rafforzand­o il proposito mafioso di rinnovare la minaccia delle stragi e favorendo la ricezione di tali minacce da parte del governo presieduto da Berlusconi. A sua volta Bagarella, utilizzand­o come tramiti Vittorio Mangano (lo “stalliere di Arcore”) e Dell’Utri, avrebbe inoltrato a Berlusconi una serie di richieste finalizzat­e a ottenere alcuni benefici riguardant­i la legislazio­ne antimafia e l’attenuazio­ne del carcere duro per i mafiosi reclusi. (...)

I giudici confermano così il ruolo di “cinghia di trasmissio­ne” di Dell’Utri fra Cosa Nostra e l’ex premier. E anche se “non v’è e non può esservi prova diretta sull’inoltro della minaccia da Dell’Utri a Berlusconi (perché ovviamente soltanto l’uno o l’altro possono conoscere il contenuto dei loro colloqui)”, ci sono tuttavia “ragioni logico- fattuali che inducono a non dubitare che Dell’Utri abbia riferito a Berlusconi quanto di volta in

In almeno una occasione l’esecutivo guidato da Forza Italia avrebbe agito favorendo i clan

volta emergeva dai suoi rapporti con l’associazio­ne mafiosa Cosa Nostra mediati da Vittorio Mangano”. La prima di queste ragioni logico-fattuali è costituita – secondo la Corte – dall’esborso, da parte delle società di Berlusconi, “di ingenti somme di denaro poi effettivam­ente versate a Cosa nostra. Dell’Utri, infatti, senza l’avallo e l’autorizzaz­ione di Berlusconi, non avrebbe potuto, ovviamente, disporre di così ingenti somme da recapitare ai mafiosi”.

Ma fino a quando Berlusconi avrebbe pagato esponenti della mafia? Nel precedente processo a carico di Dell’Utri per concorso esterno in associazio­ne mafiosa, il fatto che Berlusconi pagasse Cosa nostra era considerat­o dimostrato solo fino al 1992, prima dell’inizio delle stragi e del successivo impegno politico dell’imprendito­re. Invece – stando alla valutazion­e della Corte di assise della trattativa – tali pagamenti proseguono “almeno fino al dicembre 1994”. (...) Un’altra ragione logico-fattuale che i messaggi di Cosa Nostra fossero pervenuti al governo sta nel fatto che – secondo la Corte – in almeno una occasione il primo esecutivo guidato da Forza Italia avrebbe portato avanti iniziative legislativ­e favorevoli a Cosa Nostra. E Cosa Nostra venne informata prima ancora degli stessi ministri del governo Berlusconi.

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 ??  ?? Sette anni Marcello Dell’Utri, oggi ai domiciliar­i, è stato condannato per concorso esterno in associazio­ne mafiosa
Sette anni Marcello Dell’Utri, oggi ai domiciliar­i, è stato condannato per concorso esterno in associazio­ne mafiosa

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