Craxi, Kennedy e riforme: il Conte bis è Federico
Il papà Carmelo era ministro Psi, lui è il deputato LeU “mente” dell’intesa in Cdm
Sull’importanza
di essere Conte potrebbe sbizzarrirsi un moderno Oscar Wilde. Come nella commedia del tardo Ottocento, oggi il dibattito politico italiano pare non possa prescindere dal nobile appellativo divenuto ( cog) nome proprio: del deputato, del presidente, del lodo sulla prescrizione, dell’intero governo. È tutto un Conte bis, come l’accordo trovato attorno alla riforma Bonafede che recupera gli anni di prescrizione per chi viene assolto in Appello dopo una condanna in primo grado e che rende potabile la riforma Bonafede a Pd e Leu.
L’ideatore dell’omonimo accordo non è però il presidente del Consiglio, ma l’onorevole Federico Conte, 47 anni, avvocato (del popolo?), eletto con Liberi e Uguali e d’improvviso deus ex machina della giustizia.
D’altra parte, pur essendo alla prima legislatura, la scuola politica di Conte è piuttosto referenziata: il padre Carmelo entra in Parlamento nel 1979 e ci esce nel 1994 causa disfacimento della Prima Repubblica e, soprattutto, del suo partito: il Psi. Federico ha diciassette anni quando il padre entra nel governo Andreotti (il sesto di sette, 1989, pieno merito del cartello tra Craxi, il Divo e Forlani), responsabile di uno di uno di quei ministeri dal nome romantico e dal sapore antico – tipo Marina Mercantile – ovvero “I problemi delle aree urbane”.
TEMPO un paio d’anni e da Eboli – provincia di Salerno – Federico si sposta a Roma per studiare giurisprudenza alla Luiss. Qui si laurea con la lode con una tesi sui reati contro la pubblica amministrazione. Relatrice? Paola Severino, poi ministra montiana e madre della legge sull’i nca nd id abi li tà dei condannati che farà decadere Silvio Berlusconi dal Senato. Conte bis esercita da avvocato e intanto si avvicina alla politica, declinando nel Partito democratico l’eredità socialista del padre: “Sono avvocato di f ro nt i er a”. Quale frontiera? “Quella tra la teoria del diritto e la sua realizzazione pratica. Politicamente, la linea del riformismo”.
Nel variegato correntismo dem si affaccia dalle parti di Gianni Cuperlo e nel 2013 viene eletto nell’ assemblea nazionale, poi diventa segretario in Campania. Qui si candida con Vincenzo De
Luca nel 2015, non eletto. Accusano il Pd di nepotismo, ma lui alza le spalle: “A Kennedy nessuno ha mai rinfacciato chi fosse il padre”.
CON L’ISPIRAZIONEdi John Fitzgerald, nel 2017 Conte lascia il Pd e si trasferisce in Articolo 1- Mdp, con cui conquista il seggio alla Camera nel 2018, prima fiero oppositore dei gialloverdi e poi tifoso dell’intesa tra 5 Stelle e centrosinistra nelle settimane del suicidio leghista.
Eppure sulla giustizia, lui che ora è conciliator etra Movimento, PdeLeU, Conte non ha proprio idee grilline. Basti pensare a una proposta di legge firmata nell’ estate di due anni fa che proponeva di abolire l’ergastolo. “È un’antica battaglia di sinistra, – dice oggi – quasi ideologica, culturale, perché il fine pena mai non si concilia con il principio di rieducazione”. Per non agitare il governo sarà meglio fermarsi al lodo prescrizione.
Eletto con Mdp Ha lasciato il Pd nel 2017 e in Parlamento ha firmato un ddl per abolire l’ergastolo