La polizia arriva di notte: fabbrica svuotata
La Faist si trasferisce in Umbria, interrotto il presidio degli operai per far partire i macchinari
L’ennesimo dramma senza senso apparente del lavoro, con un’azienda che chiude all’improvviso i battenti e sposta la produzione altrove, benché gli affari siano in salute. Non è servita a nulla la protesta, la “battaglia romantica” dei 17 lavoratori (una era interinale, e la maggior parte donne) della Faist di Cerratina, in provincia di Lanciano, che dormivano da giorni in automobile fuori dalla loro fabbrica, dove si producevano turbine di auto e veicoli commerciali all ’ interno di una multinazionale inglese con 33 stabilimenti e 4 mila addetti in tutto il mondo. A turno stazionavano lì fuori, sotto un cielo nero che spruzzava neve, per cercare di evitare che la loro casa lavorativa da vent’anni venisse sgomberata e traghettata di peso altrove. Ma non è servito.
Il blitz che ha spento le loro ultime speranze è scattato all’alba di venerdì. Erano le 5 del mattino: un numero consistente di poliziotti mandati dalla questura di Chieti è piombato sul posto e ha liberato l’ar ea dirimpetto all’ingresso dei cancelli dell’azienda, bloccato dalle auto dei dipendenti in presidio. Poco dopo sono usciti dalla struttura, scortati dai militari, sei tir carichi dei macchinari delle linee produttive che la Faist ha voluto trasferire d’imperio in un altro suo complesso in Umbria, a Montone, in provincia di Perugia.
DAI LAVORATORI nessuna ribellione ulteriore: solo rassegnazione e sguardi attoniti. E pensare che nel pomeriggio si sarebbe dovuto tenere un meeting in prefettura sulla vicenda, ovviamente saltato a tempo indeterminato. “È una vicenda surreale che un’azienda smonti la fabbrica prima di aprire la procedura per i licenziamenti collettivi prevista dalla legge. E la cosa grave è che nessuno sia riuscito, nonostante i nostri numerosi appelli, a farci organizzare un incontro – dice al Fatto Domenico Bologna, segretario Abruzzo e Molise della Fim Cisl -. Ma noi continueremo la nostra lotta sia a livello legale che istituzionale. Si tratta di un precedente pericoloso”. “Siamo tornati ai tempi in cui le forze dell’ordine e lo Stato erano schierati a difesa del padrone – protesta Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione comunista -. La polizia è intervenuta in una vertenza sindacale che si era appena aperta, pregiudicandone l’esito. Consentendo ai tir di portare via i macchinari, il questore ha in pratica delegittimato il corretto confronto sindacale”.
Il questore di Chieti Ruggiero Borzacchiello, rispedisce al mittente le accuse: “Noi non abbiamo sgomberato assolutamente niente, la richiesta è arrivata dall’azienda che ci ha rappresentato la situazione dicendo che c’erano dipendenti che impedivano l’accesso dei mezzi: siamo andati lì, abbiamo avuto anche la possibilità di interloquire proprio per capire e cercare di comprendere le ragioni che erano sul tavolo. Le operazioni si sono concluse in maniera pacifica, senza nessuna problematica, non ci sono stati episodi di violenza. Le altre motivazioni le lascio a chi di dovere”.
IL DEPUTATO abruzzese di Italia Viva Camillo D’Alessandro annuncia che presenterà un’interrogazione parlamentare: “Nello sfregio di ogni regola, la Faist ha sgomberato macchinari e impianti abbandonando i lavoratori al proprio destino – scrive in una nota -. Il caso Faist deve diventare nazionale”.
In uno degli striscioni che tappezzavano le mura intorno alla fabbrica di Lanciano trascinata via in una notte sanremese di metà inverno, stava scritto: “L’indifferenza ora è complice dei misfatti peggiori”.
Lo sgombero La produzione è stata spostata, ma gli affari sono buoni. Il questore: “La richiesta è stata dell’azienda”