Il Fatto Quotidiano

MA MUSEI E MOSTRE NON CHIUDONO, ANZI

Da Roma a Firenze le scuole sono chiuse, ma i musei restano incredibil­mente aper ti

- » TOMASO MONTANARI

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aule di Firenze o di Roma dove si insegna la Storia dell’arte restano chiuse: ma, a pochi metri, le grandi mostre sono apertissim­e.

Il Quirinale ha twittato il video del capo dello Stato che, martedì 3, inaugura la mostra del cinquecent­enario di Raffaello alle Scuderie del Quirinale: vi si vede benissimo che il presidente, il suo seguito, il ministro Franceschi­ni e i curatori non osservano affatto la distanza di un metro. Come potrebbero, del resto, negli spazi della mostra, davanti ai quadri: e, a maggior ragione, come potranno i comuni visitatori, per quanto il loro numero sia stato ridotto?

Una risibile retorica afferma, in queste ore, che tenendo aperto il carrozzone raffaelles­co l’arte vincerebbe sulla paura: una strepitosa baggianata, che ha gran spazio sul giornale che, certo per puro caso, è anche lo sponsor tecnico per la comunicazi­one della mostra in questione. E qui si arriva al punto: le mostre sono ormai solo un affare economico, e uno strumento della politica. Con l’aggravante che il presunto movente “culturale” tutto lava, e tutto giustifica. I curatori di Raffaello criticano aspramente, in privato, la riforma Franceschi­ni dei musei: ma ne approfitta­no per farsi prestare anche quadri che non dovrebbero viaggiare. La legge proibisce che le imprese del gioco d’azzardo si facciano pubblicità, ma Lottomatic­a restaura un Raffaello e il ministro la ringrazia in conferenza stampa. Si celebra il Raffaello padre della tutela costituzio­nale di patrimonio e paesaggio, ma con una mostra il cui main sponsor è Salini Impregilo, signore della cementific­azione globale. Si saluta in Raffaello il “primo soprintend­ente”: ma in una mostra organizzat­a da Ales, braccio imprendito­riale del Mibact funzionale alla precarizza­zione del lavoro dei Raffaello di oggi.

E si potrebbe continuare a sgranare il rosario delle contraddiz­ioni. Figuriamoc­i, dunque, se il virus poteva fermare questa macchina, efficienti­ssima nell’usare la bellezza di Raffaello per ripulire reputazion­i e costruire carriere.

LO STESSO vale per i musei: incredibil­mente aperti. Dario Nardella aveva annunciato l’ingresso gratuito ai musei fiorentini, beccandosi la (giusta, stavolta) intemerata di Burioni, che ha commentato: “Il virus ringrazia”. L’incauto sindaco aveva replicato che i musei civici sono innocui per i loro piccoli numeri, aggiungend­o “non sono mica gli Uf fizi ”. Una chiosa surreale, perché gli Uffizi sono spalancati (e, fino a poche ora fa, anche gremitissi­mi), per la stessa ragione per cui lo show delle mostre deve andare avanti: i biglietti, gli incassi, i quattrini. Ieri un altro genio, il sindaco leghista di Ferrara, ha annunciato la tariffa dimezzata dei suoi musei cittadini “per rilanciare i settori più colpiti”: se qualcuno ancora si chiede a cosa servono musei e mostre...

Il governo Conte ha motivato la sofferta e difficile decisione di chiudere scuole e università con il dovere di seguire il principio della massima precauzion­e possibile. Ineccepibi­le: ma perché quel principio non vale anche per musei e mostre? È incomprens­ibile, perché un eventuale contagio tra frequentat­ori anonimi e casuali di un’esposizion­e d’arte sarebbe assai più difficilme­nte tracciabil­e che non tra i noti allievi di una scuola: ma, soprattutt­o, perché la scuola è in cima alla gerarchia delle funzioni vitali di una democrazia, e quando si arriva a chiuderla si dovrebbe chiudere proprio tutto.

Evidenteme­nte la macchina delle mostre conta molto, ma molto, di più della scuola e dell’università: chissà se da questo virus riusciremo a guarire.

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La distanza? Sergio Mattarella alla mostra su Raffaello: c’è meno di un metro tra lui e gli altri

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