Dalla Baviera fino a Codogno Il viaggio del virus “cinese”
Gli studi Gli esperti del Sacco: “Il ceppo è con alta probabilità lo stesso del Nord Italia”. Alcuni focolai lombardi non paiono legati al Lodigiano
Viaggio lungo ma rapidissimo quello fatto dal virus SarsCov2. I ricercatori sono come segugi, studiano il carattere per comprenderne gli spostamenti che lo hanno poi portato in Italia. Oggi sappiamo molto più di pochi giorni fa. Possiamo dire in particolare che il ceppo isolato in Germania è con altissime probabilità lo stesso che è arrivato nel nord Italia alla fine di gennaio. Ne vedremo i motivi. C’è però dell’altro e più casalingo, stando ai dati messi in fila dall’equipe del professor Massimo Galli a capo del dipartimento di malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, la mappa sui nostri territori, in divenire e non ancora divulgabile, mostra in Lombardia nuovi focolai che non sembrano collegati direttamente al primo nato a Castiglione d’Adda e a Codogno. Si tratta di due novità non di poco conto.
TORNIAMO, ALLORA, al viaggio dalla Cina. Spiega il professor Galli: “La sequenza tedesca (isolata il 28 gennaio nella regione della Baviera, ndr) e quelle isolate in Italia sono certamente parenti. Se immaginate un ramo con le sue foglie, la foglia tedesca è più vicina alla base del ramo e agli altri rami formati dalle sequenze isolate in Cina. Ci sono quindi buone probabilità che il virus tedesco sia più vecchio del nostro, che sia stato il primo ad essere importato dalla Cina e che a partire da quel virus si sia successivamente innescata da noi l’epidemia. Non occorre nemmeno rammentare quanto intensi siano gli scambi tra Baviera e Lombardia”. Ecco, quindi la novità: il virus tedesco è lo stesso arrivata da noi in Italia. Tre elementi, dunque, portano gli esperti a sostenere il collegamento diretto. Prima la derivazione del SarsCov2 tedesco da quello isolato nella regione di Hubei. Secondo, la sua età in qualche modo più adulta rispetto al nostro e terzo le sequenze molecolari, basate sulle analisi e le variazioni dei nucleotidi, che fanno match con quelle isolate dall’o s p ed a l e Sacco sui primi tre ceppi arrivati poco dopo il 20 febbraio, data in cui all’ospedale di Codogno viene individuato il paziente uno.
La caccia, dunque, continua a livello europeo e soprattutto a livello italiano. Qui, come già anticipato dal Fatto nei giorni scorsi, è pronta una mappa che potrà spiegare in modo non completo ma certamente esauriente, gli spostamenti del nostro SarsCov2 che provoca la malattia chiamata Covid-19. Il primo dato nuovo è l’emersione di nuovi focolai in Lombardia che non risultano collegati a quello di Codogno, il che dal punto di vista sanitario e dello stesso ordine pubblico indica un allarme ulteriore.
PER CAPIRE bisogna tornare al 20 febbraio. Alle 21 di quella sera, l’Italia ha il suo primo paziente affetto da Covid-19. Da lì e in meno di 72 ore il contagio si allarga a diversi province lombarde, a quelle venete, dell’Emilia Romagna e parte del Piemonte. Una velocità fulminea raccontata ieri in Regione Lombardia attraverso tre slide che rappresentano sulla mappa della Lombardia l’incredibile diffusione in poco tempo di SarsCov2. Tanto veloce che il 23 febbraio il virus è già stato trovato a Cuneo e in Trentino. Attenzione però non significa che a partire dal 20 il virus si è propagato, il virus già viveva sotto traccia. Significa piuttosto che da quel 20 febbraio, il sistema sanitario lo ha cercato ovunque. Spiega G a l l i : “S ul fronte italiano adesso stiamo cercando di ampliare il numero delle sequenze disponibili per seguire il virus in quello che è stato il suo percorso e per capire se l’intera epidemia lombarda abbia o meno la stessa origine. I casi di Bergamo, dell’Emilia e del Veneto sono probabilmente tutti collegati con l’epidemia della zona rossa del lodigiano”. Tra il 20 e il 23, dunque, il virus probabilmente viaggia ma soprattutto emerge. Di certo i casi delle prime 72 ore sono tutti collegati al Lodigiano. Il che è già una notizia che ancora mancava. Ma c’è di più. Con lo studio dei casi e l’isolamento delle varie sequenze molecolari ci si trova oggi di fronte ad altri focolai che apparentemente non sono riconducibili al primo. Il dato potrebbe essere confermato, ma potrebbe essere anche solo apparenza.
“Ora - prosegue Galli - bisognerà capire se alcuni dei casi osservati più di recente, per cui non emergono d’acchito rapporti diretti con la zona rossa dai racconti dei pazienti, si confermeranno, dopo l’analisi delle sequenze, collegati all’epidemia principale. Sarebbe importante per escludere altre introduzioni dalla Cina o da altrove, che ci potrebbero complicare il contenimento dell’ep id emia”. È fondamentale il lavoro molecolare. Solo la comparazione tra le varie sequenze del virus isolate in diverse zone ci potranno dire se questi nuovi focolai sono o meno figli del primo sviluppatosi tra Codogno e Castiglione d’Adda.
La mappatura
Nelle prime 72 ore i casi sono tutti collegati al Lodigiano, poi “emergono” isolati