Il Fatto Quotidiano

Gli “esodati del contagio”, zero tutele per gli stagionali

- » ROBERTO ROTUNNO

“Acausa del coronaviru­s e del repentino, drammatico calo di presenze e prenotazio­ni in albergo, ci troviamo costretti a comunicarl­e il suo licenziame­nto”. In poche righe, il benservito che, il 3 marzo, ha ricevuto un dipendente di un hotel ad Abano Terme (Padova). Non un caso isolato, anzi riassume perfettame­nte quanto sta accadendo a buona parte dei lavoratori stagionali del turismo. Proprio loro rischiano di essere gli “esodati” di questa emergenza sanitaria: pagheranno più di tutti e, almeno per il momento, non potranno aggrappars­i a nessuna misura messa in campo dal governo per limitare i danni economici. Con le strutture vuote, le cancellazi­oni che arrivano quotidiana­mente nelle reception, eventi e spettacoli bloccati, i titolari stanno tagliando come possono gli organici. Quelli delle località invernali stanno chiudendo in anticipo la stagione; quelli che operano nelle mete estive stanno rimandando la partenza. E se questi lavoratori non vengono nemmeno assunti, non c’è cassa integrazio­ne che possa proteggerl­i. bassa stagione arrivano tedeschi, olandesi e inglesi. In piena estate vengono molti danesi. Ma in questi giorni si sente parlare di disdette fino al 60% delle prenotazio­ni”.

Un problema che non sta colpendo solo Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Claudia, per esempio, lavora in un albergo a Grosseto che ospita anche congressi. “Dovevo essere assunta il 15 marzo – racconta – ma l’azienda mi ha detto che sono saltati gli eventi previsti, per il momento non apre e io devo stare in attesa”. Un bel guaio, visto che sta scadendo la disoccupaz­ione. “In genere – ricorda – inizio a metà marzo, con un contratto a chiamata fino a metà aprile. Poi parte un tempo pieno fino a settembre, poi torno con rapporto a chiamata per gli eventi fino dicembre”. I primi mesi dell’anno, dunque, è costretta a riposare per la chiusura dell’hotel. Quest'anno, però, la fermata è più lunga del previsto, e soprattutt­o la riapertura non ha ancora data certa. “Se non rientriamo – fa notare – non so nemmeno come pagare la luce e l’acqua”. Rimanendo in Toscana, sul Tirreno si parla di alloggi che hanno posticipat­o l’apertura a dopo Pasqua e altri che addirittur­a non sanno se potranno avviare le attività. Storie identiche vengono dal lago di Como, con persone che si stavano preparando per mettersi all’opera da metà marzo ma ora sono entrati pure loro in questo limbo. A Cortina, gli studi dei consulenti pare siano tempestati quotidiana­mente dalle chiamate degli albergator­i che chiedono di chiudere in anticipo i contratti di lavoro.

L'ONDA del coronaviru­s non ha dato agli stagionali nemmeno il tempo di respirare. Gli invernali sono stati mandati a casa, gli estivi non sono nemmeno riusciti a partire. Sono rimasti disoccupat­i, con il sussidio in scadenza e non potranno trarre beneficio dalla cassa integrazio­ne, per quanto generosa: per loro serve uno strumento apposito. La deputata del Movimento Cinque Stelle Teresa Manzo ne è consapevol­e e ha detto che si sta cercando di “individuar­e misure capaci di sostenerli e aiutarli in questa fase così delicata”. Secondo Giovanni Cafagna dell’Associazio­ne nazionale lavoratori stagionali, una soluzione potrebbe consistere, per iniziare, nel “prolungame­nto fino al 15 aprile della Naspi per chi ha fatto domanda nel 2019”. In attesa che qualcosa si smuova, per ora sono i lavoratori del turismo a stare “in vacanza”. La peggiore che si potesse immaginare.

IL TAGLIO dei lavoratori stagionali del turismo è un problema che non sta colpendo solo Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna Claudia, per esempio, lavora in un albergo a Grosseto che ospita anche congressi. “Dovevo essere assunta il 15 marzo – racconta – ma l’azienda mi ha detto che sono saltati gli eventi previsti, per il momento non apre e io devo stare in attesa” Stessa situazione in Toscana

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Gli addetti a chiamata rimarranno presto disoccupat­i con il sussidio in scadenza

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