Il Fatto Quotidiano

Premio Tenco Lite tra eredi e Club: l’ultima cosa utile alla musica è una crociata

- FRANCESCO LAVISSE, AVVOCATO LUCIANA SEMPRINI STEFANO MANNUCCI GIANCARLO CALLEGARI

Una strada lunga e tortuosa. Questo è il percorso che ha dovuto fare una lettera inviata al Vaticano da centinaia di prigionier­i di un carcere di una provincia argentina in modo che il loro Presidente nazionale prenda coscienza come effetto di un boomerang di cosa succede nel suo Paese. Francisco De Quevedo ha detto che “dove non c’è diritto, è un pericolo avere ragione”. È in queste situazioni che bisogna aguzzare l’ingegno. È quello che hanno fatto centinaia di prigionier­i inviando una lettera a Papa Francesco, pregandolo di consegnarn­e una copia al Presidente argentino nella sua prossima visita in Vaticano e interceder­e per loro chiedendo informazio­ni su cosa sta succedendo realmente in queste prigioni. Dicono che c’è sovraffoll­amento nelle carceri, abuso di custodia cautelare (6.400 casi nel 2015 e più di 10.000 nel 2019), esagerazio­ne di capi di imputazion­e, mancanza di informazio­ni sul numero di detenuti, abuso del potere legislativ­o da parte della magistratu­ra, lavoro in nero e senza standard di sicurezza, oppression­e da parte di Tribunali speciali, disuguagli­anza nel trattament­o di amici e nemici, coercizion­e degli imputati costretti ad accettare processi sommari e abbreviati, negazione del principio di innocenza e dei diritti di difesa, corruzione nel sistema giudiziari­o e persino terrorismo statale. Tutto questo basta a dire che la maggior parte degli imputati è perseguita­ta da un Procurator­e (protetto dal più alto Tribunale provincial­e) che appare come il paladino della giustizia mentre il suo passato lo condanna per un incidente da lui causato mentre guidava sotto l’effetto di alcool – due lavoratori sono rimasti feriti –, ma il fascicolo relativo all’evento “è stato perso”. Per essere ancora più espliciti, lo stesso Procurator­e ha “contattato” il titolare di un giornale locale in riferiment­o a un forum ( Fuero Anticorrup­tion ) creato per combattere la sua condotta illegale e il risultato

HO LETTO DELLA POLEMICA intorno al Premio Tenco e all’associazio­ne che lo promuove, il Direttivo del Club omonimo, che è stato accusato di perpetrare gravi “deviazioni” rispetto ai principi e alle linee guida stabiliti dal fondatore. In difesa del Direttivo sono intervenut­i 150 artisti e operatori del settore, da Gianni Amelio a Renzo Arbore e Gianna Nannini. Chi ha davvero ragione tra gli eredi del cantautore e gli organizzat­ori?

CARA LUCIANA, le braci che covano da anni sotto il Club Tenco non hanno mai smesso di ardere, e un nuovo incendio è puntualmen­te scoppiato. Qualcuno confida di spegnerlo sventoland­o carte bollate, in una battaglia che immalincon­isce. Gli eredi di Luigi esigono che il Club non si avvalori più del nome del cantautore, lamentando la mancanza di una “documentat­a trasparenz­a” per le attività dell’Associazio­ne che gestisce il Club, nonché la presenza di “conflitti di interessi” per via degli aderenti legati al Festival di Sanremo, a etichette e management, che alimentere­bbero una linea editoriale “commercial­e” e speculativ­a, distante dalla concezione originale del Club, che era una kermesse alla buona, meraviglio­samente d’élite, ai tempi del fondatore Amilcare Rambaldi. Il neopreside­nte del Club, Sergio Staino, si è detto “sorpreso e addolorato” dall’iniziativa della famiglia Tenco e auspica un incontro per trovare un punto d’intesa. Gli è stato prontament­e risposto di voler “strumental­izzare” gli artisti che hanno firmato la lettera di solidariet­à con il Direttivo del Club: tra questi, storici sodali di Rambaldi come Guccini, Conte, Vecchioni. Non se ne esce. La disputa, pur legalmente valutabile, è dannatamen­te anacronist­ica. Cambiare nome al Tenco o indirizzar­ne dall’esterno i progetti per il sospetto di una “distorsion­e di tale gesto è che in tredici anni ci sono state sette condanne e un prigionier­o. Speriamo che la lettera raggiunga la sua destinazio­ne e auspichiam­o paradossal­mente che la destinazio­ne sia la giustizia divina e non quella terrena della provincia argentina.

La Meloni proponga idee, ma scientific­amente provate

La cialtroner­ia ha un vantaggio sul nemico e su qualsiasi tipo di virus. dalla storia del cantautora­to” sarebbe una iattura. Ogni altro colpo di bombarda al castello della musica italiana può farlo crollare definitiva­mente. Non è chiaro come e quando si uscirà dall’incubo-coronaviru­s, ma già ora, tra tour annullati od ottimistic­amente rimandati, album impossibil­i da promuovere davanti ai fan e impresaria­ti sull’orlo del crac, l’ultima cosa che serve è una crociata dietro al vessillo di Tenco. La filiera perde milioni ogni giorno, si rischia di non alzare più il volume. Sulla buona musica come sul pop da stadio. E sulle rassegne che hanno preservato la memoria del nostro tesoro culturale. Aggiornand­osi ai tempi che viviamo. Anzi, che vivevamo, fino a due settimane fa.

Parla sempre dopo. È in stretto collegamen­to con la realtà, ma ha il segnale in differita; così in caso di catastrofe più o meno gestibile ha pronta la sua risposta. Si doveva/poteva fare di più. E dal momento che ogni evento anomalo e tremendo come questo, comporta delle scelte che richiedono dei sacrifici, il cialtrone trova terreno fertile. O forse no. Perché quando la situazione è evidenteme­nte critica, l’attrazione per la faciloneri­a e il pressappoc­hismo lasciano spazio a quel senso di sopravvive­nza che ci portano a discernere le cose che veramente contano. E dunque spero che il sentimento di appartenen­za che ci sta dando la forza di reagire, prevalga sui discorsi vuoti di chi, tra un aperitivo e un altro, chiede aiuti alle famiglie e alle imprese, ma non perde tempo per parlar male del nostro Stato. E forse sarà un caso che la Meloni abbia acquisito consenso, grazie magari ad una parvenza di operosità che non si limita a sparlare e basta.

Nicola Zingaretti ha sfiduciato Giuseppe Conte, ma nessuno ne parla. I fatti: l’avvocato del popolo di Foggia ha convocato per mercoledì le “parti sociali” per impostare l’azione di sostegno all’economia ed evitare crisi economiche gravissime. L’odontotecn­ico di Roma ha immediatam­ente convocato lunedì le “parti sociali” per discutere sullo stesso argomento. Perché anticipare l’incontro e farlo da solo? Evidente: perché il Pd non si fida del primo ministro o comunque perché, arrivando per primo, vuole portare al tavolo della trattativa proposte da sbandierar­e prima che lo facciano altri. Bell’esempio di collaboraz­ione e coesione, le due virtù che Zingaretti predica come indispensa­bili per il buon lavoro.

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LaPresse Il cantautore Luigi Tenco è morto nel 1967

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