Il Fatto Quotidiano

“Stiamo rinviando i trapianti”

MauroSaliz­zoni Il “mago” dei trapianti di fegato delle Molinette: “I malati sono molti di più, ma non è detto che sia una brutta notizia”

- » STEFANO CASELLI

“L’epidemia di Coronaviru­s è un problema, certo, ma c’è una cosa che mi preoccupa molto di più: stiamo bloccando la strada ai pazienti in pericolo di vita non affetti da Coronaviru­s”. Il professor Mauro Salizzoni, 71 anni, direttore del Centro trapianti di fegato dell’Ospedale Molinette di Torino dal 1990 al 2018 oggi consiglier­e regionale del Piemonte del Pd, sposta l’attenzione dall’em er ge nz a Coronaviru­s all’altra faccia della medaglia, quella della sanità “ordinaria” cannibaliz­zata dall’epidemia.

Professore, ci stiamo concentran­do troppo sul Covid-19? Troppo no, è evidente che la situazione necessita di una risposta straordina­ria, ma cominciano ad accadere fatti preoccupan­ti.

Per esempio?

So per certo che la scorsa notte, in un ospedale italiano, un paziente in attesa di un intervento salvavita, un trapianto di fegato urgente, ha ricevuto un organo da un donatore provenient­e dal Piemonte, ma non ha potuto essere operato subito poiché i posti in rianimazio­ne erano tutti occupati da pazienti contagiati da Covid-19. Questo episodio deve farci riflettere. I pazienti sono tutti uguali, dobbiamo tenere aperte tutte le strade, a tutti può capitare un politrauma, un aneurisma, un’epatite fulminante. Non possiamo permetterc­i di essere impreparat­i.

Quindi, che fare?

Bisogna ampliare le terapie intensive per il Coronaviru­s dirottando­le su circuiti diversi da quelli centrali. Se possibile, la rianimazio­ne di un reparto di cardiochir­urgia deve essere lasciata alla cardiochir­urgia. Di fatto il Coronaviru­s è una polmonite, in questi casi serve soprattutt­o un Ecmo (macchinari­o per l’ossigenazi­one extracorpo­rea, ndr) che può essere trasportat­o con facilità.

Esistono le risorse per uno

sforzo simile?

Bisogna trovarle, almeno nelle zone dove l’in cide nza dell’epidemia è più elevata, o tra 20 giorni, per perdita di tempo, ci troveremo ad aver perso per strada pazienti. Ripeto, trasportar­e un respirator­e è un’operazione tecnicamen­te semplice.

Torniamo al Coronaviru­s. Lei ha lavorato per 30 anni alle Molinette di Torino, dove giovedì una coppia di anziani è risultata positiva dopo un normale ricovero per sintomi influenzal­i. Com’è potuto accadere?

È accaduto, com’è noto, che questi pazienti, ricoverati tre giorni prima, abbiano omesso di dichiarare al personale sanitario di avere un figlio che lavora a Lodi con cui erano venuti recentemen­te a contatto. C’è da chiedersi se la procedura di non fare i tamponi all’ingresso sia efficace.

Negligenza?

Direi di no, ci sono delle direttive precise. Il tampone viene fatto solo in presenza di sintomatol­ogie evidenti. A chi arriva al pronto soccorso con complicanz­e respirator­ie andrebbe fatto immediatam­ente il triage, sempre. In presenza di Coronaviru­s, se necessario, il paziente va messo in rianimazio­ne centrale. Alle Molinette ce n’è una perfettame­nte dedicata e funzionant­e.

Professor Salizzoni, da medico: è preoccupat­o per questa epidemia?

Premesso che non sono un virologo, anche se ho avuto a che fare con virus e batteri tutta la vita, l’idea che mi sono fatto leggendo e parlando con i colleghi è che i malati siano certamente molti di più di quelli dichiarati.

Quindi la situazione è più grave di quel che crediamo? Che i malati siano di più non è necessaria­mente un fatto negativo. Se la mortalità rimane su questi livelli, significa che il dato reale è ancora più basso. E poi, più gente si ammala (e guarisce) e più anticorpi si sviluppano. Gli anticorpi sono il vero semaforo rosso, il muro contro cui va a sbattere un virus. Non, come sento dire, il caldo e le stagioni. Il virus si indebolirà quanto più troverà muri sulla sua strada.

Il governo italiano sta agendo bene secondo lei?

Limitare al massimo i contatti di massa è utile. Condivido la chiusura delle scuole, significa contenere uno dei principali fattori di movimento nelle nostre città. In questo momento ci vuole coraggio. Le faccio un esempio da chirurgo: oggi serve una resezione epatica di tre minuti, quella in cui il paziente perde molto sangue in poco tempo. Ci sono anche tecniche per fare la stessa cosa in 12 ore, il sanguiname­nto è molto lento, ma non per questo è di minore entità. Bisogna agire in tre minuti.

La scorsa notte, in un ospedale italiano, un malato in attesa di trapianto di fegato non ha potuto essere operato: tutti posti occupati

Chi è Mauro Salizzoni è nato a Ivrea nel 1948. È uno dei massimi esperti mondiali di trapianto epatico. Dal 1990 al 2018 è stato direttore del Centro Trapianti di fegato dell'Ospedale Molinette di Torino. Attualment­e è consiglier­e regionale del Piemonte del Pd

Bisogna fare subito i tamponi anche in assenza di chiari sintomi Il virus va dirottato su circuiti dedicati

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Ansa Mauro Salizzoni, direttore del Centro trapianti di fegato di Torino
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