10 COSE CHE CI INSEGNA IL CONTAGIO DEL VIRUS
Approfittare dell’emergenza per crescere come cittadini
Nell’articolo
“Cosa ci insegna ( di buono) il virus” Tomaso Montanari ha ricordato che non tutte le disgrazie vengono solo per nuocere e che questa del coronavirus sottolinea tre gravi colpe: la perfida mortificazione della sanità pubblica per quella privata; la scellerata disattenzione all’inquinamento; la rozza turistificazione di città come Firenze e Venezia. Sulla scorta di queste osservazioni, possiamo considerare la pandemia come un immenso seminario formativo, grazie al quale, sferzati della necessità, apprendere ciò che, in tempi normali, abbiamo rifiutato.
1. Dopo il compiaciuto corteggiamento dell’uno vale uno, dell’ incompetenza, dei negazionismi e terrapiattismi, potremmo imparare che, di fronte a un pericolo incombente come la pandemia, nessuna autorità è più affidabile della scienza.
2. P otre mmo poi apprendere che, per quanto organizzati e progrediti possano essere gli enti locali, di fronte a un disastro nazionale occorre una superiore cabina di regia, unica, autorevole, dotata di saperi e poteri eccezionali per tempi eccezionali.
3. Potremmo poi riconoscere la necessità del welfare. Inventato dai liberali alla fine dell’Ottocento e semi-affossato dai neo-liberisti, comunque consente a quasi tutti gli italiani di essere curati e studiare. Stiamo scoprendo che negli Usai sospetti di Cov id -19 debbono pagare 1.200 euro per il tampone e che la diffusione del coronavirus causerebbe un’ecatombe: milioni di americani, privi di assicurazione, verrebbero respinti dagli ospedali. Ci stiamo anche rendendo conto di quanto sia sciagurata la decurtazione di fondi subita dalla sanità negli ultimi 10 anni e quanto demenziale sia il numero chiuso nelle facoltà universitarie in un paese che ha appena il 23% di laureati, contro il 66 della California.
4. La reazione efficiente degli ospedali, degli impiegati comunali, dei funzionari pubblici ci può dimostrare che la sanità e le altre funzioni pubbliche dispongono, più del settore privato, di un personale che somma preparazione professionale e dedizione personale a dispetto della diffusa immagine i “servitori dello Stato” sciatti e demotivati.
5. La paura del contagio, costringendo aziende e scuole a chiudere i battenti, ci potrebbe finalmente insegnare l’adozione di quel quello smart work che si sarebbe potuto adottare da anni, risparmiando ai lavoratori tempo, denaro, stress e alienazione; alle aziende microconflittualità, spese perle lo catione incremento di efficienza; alla
Le basi Servono una cabina di regia nazionale e una sanità all’avanguardia, con più medici
collettività inquinamento, traffico e spese di manutenzione stradale. Recuperando il 15-20% di produttività.
6. La dialettica tra scienziati, politici ed economisti, con reciproche accuse di inadempienze e imprecisioni, potrebbe insegnarci che anche le “scienze esatte” non sono del tutto esatte e che, a seconda delle circostanze, deve prevalere la durezza della cultura scientifica o la morbidezza di quella sociale.
7. Le incertezze e i contrordini che hanno incrinato le prime operazioni potrebbero farci apprendere che, di fronte a un nemico misterioso, minaccioso e incombente la prudenza e la gradualità valgono più di uno sventato decisionismo e che l’unica cosa da accelerare è la capacità di “apprendere ad apprendere” facendo tesoro di ogni indizio verso le soluzioni giuste.
8. La pervasività della pandemia, ci potrebbe insegnare che, alla faccia dei sovranismi, il mondo è quel “grande vi ci na to ” di cui parlava McLuhan e che richiederebbe un governo superiore, una ONU autorevole e rispettata.
9. L’effetto a volte controverso, sortito dalle decisioni dei governanti, ci può insegnare che debbono adottare 4 criteri: gestire i processi decisionali non in base al semplice buonsenso ma secondo le tecniche scientifiche fornite dagli esperti di decison making; comunicare le decisioni secondo i crismi delle scienze della comunicazione; affidarne l’esecuzione ad amministrativi di qualità; controllarne l’esecuzione.
10. Le sciocchezze che ci è toccato ascoltare in questi giorni, ogni commentatore avventuratosi fuori dalle sue conoscenze, ci insegna, come dice Leopardi, che “il modo migliore per celare agli altri i confini del proprio sapere consiste nel non superarli”.