La lunga guerra del Pollino “Basta alle centrali nel Parco”
Gli ambientalisti si battono contro un nuovo impianto nel sito Patrimonio dell’Unesco
Una centrale idroelettrica sul Frido, il torrente delle lontre. Nel cuore del Pollino, tra Basilicata e Calabria, dove si trova il Parco nazionale più esteso d’Italia: 192 mila ettari.
Sono giorni decisivi per la battaglia di ambientalisti e comitati lucani che da anni si battono contro un progetto che rischia di portare cemento in una zona incontaminata e delicatissima. Una storia cominciata nel 2008 che, però, sembrava archiviata. Invece ecco che, nonostante siano cambiate le giunte regionali e le maggioranze, il destino del Frido torna in pericolo. Si sta decidendo in queste ore.
RACCONTA Stefano Deliperi dell’associazione ambientalista Gruppo di Intervento Giuridico (Grig): “Il Frido è uno dei corsi d’acqua più importanti sul piano naturalistico del Mezzogiorno, vede anche la presenza della lontra. Il percorso del torrente interessa i comuni di Chiaromonte, San Severino Lucano e Viggianello (Potenza), zona tutelata con il vincolo paesaggistico dove è presente il divieto di ‘modificazione del regime delle acque’. Eppure la Regione Basilicata ha autorizzato una società emiliana”, che poi ha ceduto i diritti a un’impresa locale, “a realizzare una centrale idroelettrica da 987 kW”. Ma il problema, sottolinea Deliperi, non è soltanto la centrale: “Ci sono le opere connesse, la viabilità e le condotte”. Senza contare che il torrente così rischia di essere ridotto a una lingua d’acqua dove gli animali non troverebbero più le condizioni per vivere e riprodursi. Il progetto, dopo anni di stand by, era ripartito nel 2013 con l’arrivo “de l l’autorizzazione unica per la realizzazione e l’esercizio di impianti di produzione energetica da fonte rinnovabile, emanata dopo il superamento della procedura di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.). Si prevede il mantenimento di un deflusso minimo vitale per il Torrente Frido di soli 150 litri al secondo, che ridurrebbe un tumultuoso torrente di montagna a uno stentato rigagnolo”.
Intanto i lavori erano cominciati, non senza polemiche. Ricorda Deliperi: “I cantieri erano già stati avviati e avevano provocato danni enormi. Nel 2017 sono interve
IL PARCO
Il Parco nazionale del Pollino è il più grande d'Italia, situato a cavallo tra Basilicata e Calabria, tra le province di Cosenza, Potenza e Matera con i suoi 192.565 ettari, di cui 88.650 nel versante della Basilicata e 103.915 in quello della Calabria, prende il nome dall'omonimo massiccio montuoso. È stato istituito nel 1988 nuti la Sovrintendenza all’Archeologia, il Paesaggio e le Belle Arti della Regione Basilicata e il Parco Nazionale. Hanno ordinato la rimessa in pristino della zona dopo i lavori per realizzare la viabilità che serviva la centrale e il cantiere. Ci sono voluti anni perché la situazione ritornasse com’era”.
Gianni Rosa, assessore all’Ambiente e all’Energia della giunta di centrodestra eletta nel 2019 ha dichiarato: “La centrale interessa un’area naturale protetta di primissimo piano”. Un impianto da bocciare, quindi? “Il progetto parte da lontano, con un’istanza presentata dodici anni fa. Sulla fattibilità si è pronunciato nel 2013 il governo regionale dell’epoca, che con una delibera ne autorizzò la realizzazione. Stiamo approfondendo tutte le questioni connesse all’impianto, mettendo in campo tutte le azioni necessarie”.
TUTTA COLPA di chi c’era prima, insomma.
Gli ambientalisti, però, non la vedono così: “La pronuncia di compatibilità ambientale era ormai priva di effetti dal 2018, era l’occasione giusta per fermare le ruspe. Invece la Regione nelle scorse settimane ha voluto a ogni costo prorogarne l’efficacia, pur di favorire un vero e proprio scempio ambientale annunciato”.
Non c’è pace per il Pollino, questa distesa di faggi, abeti bianchi, querce e ant i c h i pini nel cuore del Sud. Le cronache ricordano la battaglia decennale degli ambientalisti contro la central e a biomasse sulle rive del fiume Mercure: l’impianto da 35 megawatt, entrato in funzione nel 2015, è progettato per bruciare ogni giorno 900 tonnellate di materiale. Una ciminiera che svetta in mezzo ai boschi.
E non c’è pace per la Basilicata, come dice Gianni Leggieri (consigliere regionale M5S): “Tanti progetti sono stati avviati a capocchia, in aree protette. Come le pale eoliche, che sono dappertutto e non danno nessun beneficio alla gente comune”.
La scheda
L’oasi verde Esiste già una struttura a biomasse da 35 Megawatt. Quella idroelettrica sarebbe da 97 mw