GLI OSPEDALI PRIVATI NON RISOLVONO MAI
Lo spettro malevolo del contagio, come in un racconto di Stephen King, si fa trovare all’improvviso dove tutti avevano detto (compreso qualche esperto) che ormai era passato. O che, con le nuove norme e le nuove precauzioni, non poteva venire più. Ma ciò che accade è come la commedia buffa di un comico cattivo: si ammalano insieme tutti gli anziani di un ospizio che, ti dicono francamente i cronisti, ormai usciranno solo morti o morenti.
E, NELLA STESSA pagina o nello stesso Tg, ti annunciano che è appena stato ricoverato il giovane atleta che si stava allenando nelle migliori palestre del mondo e che ritorna in quarantena il giovane manager che sembrava guarito. Le misure di difesa ordinate dal governo (un po’ scientifiche e un po’ disciplinari) sono drastiche perché sono tutte in prova. Quale sarà quella giusta? Non è possibile scegliere ma, se ubbidite a tutte, creano un vuoto pauroso e un senso pericoloso di abbandono e impotenza. Dietro le quinte della scena angosciosa si agitano domande senza risposta e molta confusione. Un dubbio, molto diffuso e poco discusso, comincia ad apparire su alcuni giornali e in qualche “riflessione approfondita”: siamo sicuri che ci dicano cose vere su contagiati, morti, guariti, malati e persone in pericolo? Lo stato di collasso degli ospedali e la crescente incapacità di accoglienza in molte strutture non viene a dirci che la minaccia aumenta mentre continuiamo a non trovare l’arma che ferma il virus? La domanda è importante perché, se non è politica, è facile da smontare, e non si può ridurre a un battibecco (Mattarella ha provato a spiegarlo alla Meloni e a Salvini). E se è scientifica non ci resta che aspettare. Però è naturale che il dubbio si aggravi ogni volta che giunge una nuova stretta (compresa la proibizione del lavoro) senza che, in apparenza, sia accaduto un fatto nuovo. Molti dubbi si riferiscono all’area di Roma, dove si cercano nuovi ospedali proprio nei giorni in cui si sostiene che a Roma l’infezione è più contenuta e nessuno ci spiega (neanche il Papa) la camminata solitaria e affaticata di Francesco per le strade della città vuota. Anche pagare ospedali privati di media dimensione e di media dotazione (quanto a terapia intensiva e di emergenza) è un’iniziativa motivata dall’urgenza, ma difficile da capire in una regione e una città che per anni hanno chiuso ospedali, anche grandi e dotati, e tagliato freneticamente posti letto, e dichiarando il tutto come importante beneficio economico e politico per il futuro. Per esempio un antico e moderno ospedale nel cuore di Roma. Sono rimasto in contatto con alcuni dei personaggi-guida della comunità medica e infermieristica che non solo aveva fatto dell’ospedale San Giacomo uno dei più apprezzati in Europa (in particolare ortopedia, cardiologia, terapia intensiva, rianimazione) ma aveva impedito a lungo ogni gioco di scambio politico a danno di un’istituzione medica perfettamente funzionante. Quella comunità medica ha preteso invano, insieme alla popolazione che gravitava su quella comunità e alle centinaia di beneficiari di tutta la regione dell’eccellente reparto di dialisi considerato tra i migliori d’Europa, di sapere perché un ospedale che apparteneva alla storia della città ( data di nascita 1486, “dono alla città” di Roma del cardinal Salviati), ha dovuto essere chiuso e liquidato con tutto il suo valore clinico, in trenta giorni, senza ritorno. Dice il dottor Fabio Biferali, cardiologo di punta e una delle guide e dei difensori dell’antico ma nuovissimo ospedale (attrezzature cliniche appena rinnovate con una spesa di 5 milioni subito prima della chiusura e dell’abbandono): “Gli spazi utilizzabili anche adesso sono come quelli della Fiera di Milano, ma in più sono già suddivisi e connessi come devono essere in un ospedale rivisto e riorganizzato up to datesubito prima della chiusura. Il lato dell’edificio dedicato all’ortopedia aveva (e avrebbe ancora) un indipendente ingresso carrabile (dunque per le ambulanze) sulla centrale e facilmente raggiungibile via di Ripetta. Evidentemente la soluzione voluta è stata quella di utilizzare strutture private, non importa se lontane o difficili da raggiungere per le famiglie dei pazienti”. Poiché le strutture private, anche quelle remote come Casal Palocco e la clinica Columbus, sono state costruite di recente (in attesa, si direbbe, di grandi occasioni) la loro data di costruzione ci viene venduta (anzi, ci viene fatta comprare) come modernità e dunque ben più all’altezza dei tempi dei grandi ospedali antichi-moderni, perfettamente funzionanti e noti nel mondo della buona medicina, a cui hanno inchiodato le porte. Il coronavirus sono dunque due misteri, per i romani, come in un thriller complicato. Che cosa è il virus. E che cosa ha indotto le autorità regionali di un tipo e dell’altro a chiudere rapidamente e per sempre grandi istituzioni ospedaliere che erano pronte per qualsiasi evenienza con medici, infermieri, macchine e prestigio.