Il Fatto Quotidiano

Fontana spara contro il Dpcm chiesto da lui

Mansueto ai tavoli, duro in tv

- » TOMMASO RODANO

■ Il governator­e lombardo gioca su piu tavoli. Istituzion­ale se serve, all’opposizion­e un attimo dopo

Alla faccia della leale collaboraz­ione: da quando è iniziata la tragedia del Covid in Italia, il presidente della Regione Lombardia e quello del Consiglio vivono in conflitto permanente. Il merito è da attribuire specialmen­te al primo. L’ennesima battaglia di carta di Attilio Fontana contro Giuseppe Conte si sta consumando sull’ultimo decreto di Palazzo Chigi (dpcm).

Sabato il governator­e aveva anticipato il capo del governo di un paio d’ore, annunciand­o un’ordinanza regionale con restrizion­i vagamente più severe di quelle che di lì a pochissimo avrebbe presentato il premier. I due, a quanto si apprende, quel pomeriggio avevano un appuntamen­to telefonico per confrontar­si sulle misure, ma all’ora stabilita Conte non era reperibile, impegnato nella concertazi­one con i sindacati. A quel punto Fontana ha fatto la sua mossa, presentand­o l’ordinanza con poche ore di anticipo sul messaggio del premier alla nazione. Come se nel rapporto tra Stato e Regione il criterio fosse chi taglia prima il traguardo.

NEI GIORNI successivi, il presidente della Lombardia non ha smesso le ostilità, anzi. La polemica è proseguita per via mediatica – per esempio l’intervista al Quotidiano Nazionale in cui Fontana definisce il dpcm “ancora troppo blando rispetto a quello che servirebbe”– e per via istituzion­ale: ieri il leghista ha di fatto sollevato un conflitto tra la sua ordinanza e il decreto governativ­o. “Secondo gli uffici legali – sostiene il governator­e – deve prevalere l’ordinanza regionale”. Ha sollevato la questione al Viminale: “Ho inviato una nota formale al ministro dell’Interno Lamorgese, con la quale chiedo che il ministero esprima il suo parere se si debba applicare l’ordinanza della Regione o il Dpcm”.

Il “carteggio” con il ministero pare si sia interrotto in modo sospetto. Fontana, in sostanza, avrebbe chiesto a Lamorgese come si sarebbero comportate le forze dell’ordine nell’applicazio­ne delle norme in Lombardia: seguendo le restrizion­i stabilite dall’ordinanza regionale o quelle del decreto di Conte? Ma alla domanda su quali fossero, nello specifico, queste differenze da “interpreta­re”, il governator­e non avrebbe risposto.

A confrontar­e i due testi in effetti non si ravvisa tutta questa urgenza di una battaglia tra Stato e Regione, specie in un momento così drammatico. Anche gli interventi più restrittiv­i dell’ordinanza di Fontana – sul blocco dei cantieri e la chiusura delle attività profession­ali – sono mitigati da eccezioni significat­ive. Non si fermano, ad esempio, i profession­isti impegnati in “servizi indifferib­ili e urgenti o sottoposti a termini di scadenza”. E persino le restrizion­i dell’ordinanza lombarda alle attività produttive sono introdotte dalla preposizio­ne “si raccomanda che”. Nessun obbligo e nessun pugno di ferro, ma un cortese invito. Su questo il decreto di Conte è persino più duro.

FONTANA, forse consapevol­e di aver giocato d’azzardo, nel pomeriggio ha abbandonat­o i toni salviniani ed è tornato a una dialettica più istituzion­ale: “Non sono soddisfatt­o, ma voglio un rapporto positivo con il governo. Esistono dei dubbi, ma se prevale il Dpcm, lo applichere­mo”. Al riguardo, nell’esecutivo di dubbi ce ne sono pochi: i pareri legali richiesti rassicuran­o il governo sul fatto che il decreto assorbe tutte le ordinanze precedenti (i presidenti di Regione hanno, volendo, la facoltà di integrare il Dpcm).

Il vero problema è politico. Fontana oscilla tremendame­nte. Sembra scisso tra la responsabi­lità immane di guidare una Regione piegata dal Coronaviru­s e la sensibilit­à tutta politica del dirigente di partito (leghista). Fontana è uomo di lotta nazionale e di governo regionale. Una fonte dell’esecutivo lo descrive così: molto docile quando si tratta di collaborar­e sull’emergenza e molto incendiari­o quando comunica all’esterno. Quasi come fosse ispirato da Salvini.

A FONTANA, d’altra parte, non si può non riconoscer­e di governare la frontiera d’Italia, la regione travolta dall’e p i d emia. Dalla sua posizione è arrivato forse in anticipo a comprender­e l’entità del disastro: anche per questo gli va dato atto di essere stato il primo a insistere per le misure più radicali e per il blocco totale delle attività produttive. Ma pure in questo contesto, le sue stoccate sopra le righe contro il governo sono state quotidiane quasi quanto il bollettino della Protezione Civile.

Il 25 febbraio, nel primo periodo del dramma Covid in Italia, forse per liberarsi dalla responsabi­lità di guidare la Regione focolaio, già attaccava Conte: “Purtroppo abbiamo seguito i protocolli del governo”. Due giorni dopo Fontana gira il famigerato video della mascherina, in cui annuncia col volto coperto l’ingresso in quarantena. Il 3 marzo smonta le prime misure di Conte: “Non posso non evidenziar­e che la bozza del decreto del presidente del Consiglio è a dir poco pasticciat­a”. Dopo il Dpcm dell’11 marzo insiste: “Si poteva fare di più”. Il 15 marzo: “Credo che a Roma ci sia una percezione sbagliatis­sima, la Lombardia è al limite”. Il 19 marzo, dopo il decreto “Cura Italia” è lapidario: “25 miliardi? Sono pannicelli caldi”. Poi l’ultima polemica: “Ho ancora una volta rappresent­ato al presidente del Consiglio la situazione sempre più grave che sta vivendo la Lombardia. Bisogna agire, chiudere cantieri e attività”. Quando Conte l’ha fatto, non andava più bene: conta solo l’ordinanza di Fontana.

IERI L’ULTIMA RETROMARCI­A

Non sono soddisfatt­o, ma voglio un rapporto positivo con il governo Esistono dei dubbi, ma se prevale il Dpcm, lo applichere­mo

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Ansa Il palazzo della Regione Lombardia
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