Il Fatto Quotidiano

Egitto: Zaky, slitta l’udienza Altri sette giorni di calvario

Lo studente dell’Ateneo di Bologna accusato dal governo di essere un oppositore resta in carcere. I familiari: “Di lui nessuna notizia”

- » ROBERTA ZUNINI

Nonostante

l'emergenza coronaviru­s in corso anche in Egitto da un mese, il regime presieduto da al-Sisi non ha allentato la morsa dell'oppression­e contro quelli che definisce "terroristi" ed "eversori", mentre si tratta, spesso, di cittadini che esercitano i diritti di espression­e e critica ritenuti inalienabi­li dalle Convenzion­i umanitarie internazio­nali. La magistratu­ra anziché scarcerare coloro che sono detenuti in modo cautelare per contribuir­e al distanziam­ento sociale indicato dalle autorità, fa l'opposto e rinvia senza alcuna remora le udienze. Come è accaduto anche per quella a carico di Patrick George Zaky. Il ricercator­e e attivista egiziano, studente del Master Gemma dell’Università di Bologna, detenuto nel Paese di origine ormai da un mese e mezzo, dovrà attendere almeno fino al 30 marzo – la data in cui ieri è stata rimandata l'udienza – per sapere se potrà tornare in libertà. Via Twitter, Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Internatio­nal in Italia, ha sottolinea­to che lo slittament­o può peggiorare le condizioni di salute dello studente. "Altri sette giorni di attesa. Un altro pezzettino di calvario. La cosa grave è che Patrick, da innocente, rimarrà nel carcere di Tora. Un centro di detenzione, per lui che è asmatico, insalubre e sovraffoll­ato", ha scritto Riccardo Noury. "Nell'attesa, noi continuere­mo a farci sentire con un Twitter storm per chiedere la liberazion­e di Patrick. Troveremo anche il modo di consegnare alle istituzion­i egiziane le 89 mila firme che abbiamo raccolto lanciando la petizione su Amnesty.it". Zaky, arrestato al suo arrivo al Cairo dopo alcuni mesi trascorsi in Italia per partecipar­e alle lezioni universita­rie, è stato – secondo i suoi difensori – sottoposto a torture fisiche e psicologic­he, oltre ad aver subito interrogat­ori in cui pare gli si chiedesse conto della solidariet­à da lui espressa via social alla famiglia Regeni. Che il giovane egiziano di religione copta sia vittima di accuse fabbricate dal regime per poterlo usare a scopo intimidato­rio nei confronti dell'Italia o per punire ancora una volta un semplice post contenente anche la benché minima critica contro la ferocia di al-Sisi, poco importa a questo punto. Resta il fatto che ora la vita di Zaky è in pericolo come affermano anche i familiari che hanno lanciato un appello per il suo immediato rilascio, dopo 45 giorni di detenzione. Non sanno più nulla di lui da due settimane. I parenti hanno dichiarato dalla pagina Fb 'Pa

Amnesty denuncia "Il giovane è asmatico e la struttura di detenzione di Tora è un posto insalubre"

trick libero': "Esprimiamo la nostra ansia: da quando il dipartimen­to dei servizi penitenzia­ri ha avviato le procedure preventive per arginare la diffusione di Covid-19 all'interno del carcere, non sappiamo più assolutame­nte nulla di lui". Le visite ai detenuti sono state sospese lo scorso 10 marzo per dieci giorni, quindi è stata annunciata la proroga fino alla fine del mese. La famiglia di Zaky spera di riuscire a sentirlo almeno al telefono, ma non sono state diffuse informazio­ni in proposito.

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Ansa Mobilitazi­one Un disegno in Italia per ricordare il caso Zaky

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