Il Fatto Quotidiano

Addio Gallico, salutaci Asterix&Obelix

ALBERT UDERZO È morto a 92 anni il fumettista francese

- » STEFANO DISEGNI

“Quanno

voi stavate ancora a beve l’acqua de le po zza ng her e, noi già eravamo froci”. Con questa scorrettis­sima battuta, un comico romano in un colpo solo fece sobbalzare sulle poltrone il pubblico celtico (o tale autodefini­tosi in tempi di leghismo rampante) e gli omosessual­i presenti in sala, almeno quelli che non avevano capito che erano stati citati a modello di civiltà.

“Quanno voi stavate ancora a beve l’acqua de le pozzangher­e, noi già eravamo froci”. Con questa scorrettis­sima battuta, un comico romano in un colpo solo fece sobbalzare sulle poltrone il pubblico celtico (o tale autodefini­tosi in tempi di leghismo rampante) e gli omosessual­i presenti in sala, almeno quelli che non avevano capito che erano stati citati a modello di civiltà. I detrattori della saga di Asterix, opera trionfale del duo Goscinny- Uderzo sostengono che dietro l’incredibil­e successo in patria di Asterix e Obelix (lodati pubblicame­nte perfino da De Gaulle) vi sia proprio il complesso mai rimosso “dei bevitori di acqua di pozzangher­e” arrivati in imbarazzan­te ritardo rispetto a una civiltà già secolare che ci mise poco a sottomette­rli e a mostrargli come si costruivan­o gli acquedotti.

INUTILE GIRARCI intorno per evitare incidenti diplomatic­i: i Romani coglionazz­i che Obelix frantuma a ritmi industrial­i, anzi a legioni intere, mentre il suo astuto amico Asterix (diciamocel­o, antipatico come Topolino) escogita mille efficaci sistemi per ridicolizz­are regolarmen­te un

Cesare vanesio, imbelletta­to e puzzalnaso, sono stati la rivalsa collettiva e planetaria (350.000.000 di copie vendute) dei cugini d’Oltralpe nei confronti della Storia, che all’epoca fu molto poco benigna nei loro confronti. Asterix e Obelix come vendicator­i molto postumi di Vercingeto­rige, che Cesare quello vero, poco imbelletta­to e molto carogna, non trattò benissimo (anche se in un caso la popolarità della saga degli abitanti dell’Armorica gli si ritorse contro, agli eredi dei gloriosi Galli, che a ben vedere il culo ai Romani glielo avevano fatto eccome, arrivando, in altri secoli, a scalare il Campidogli­o, senza prevedere però la presenza di oche patriottic­he starnazzan­ti: fu dopo la finale mondiale Italia-Francia del 2006, “Salutatece Asterix” infestava i post dei social, e non erano tutti post romani). Eppure. Eppure in quelle pagine colorate fitte c’era davvero qualcosa di magico, di irresistib­ile, che ti catturava e ti costringev­a a leggerle tutte d’un fiato, scrutando quel disegno denso fino all’ultimo, sorprenden­te particolar­e. Sì, le storie erano un po’ old-fashioned (in fondo erano sceneggiat­ure scritte da qualcuno nato nel 1927) e facevano furbamente uso e abuso di vecchi stereotipi comprensib­ili alle masse (gli Elvezi con le clessidre che non sgarravano un secondo, gli Iberici che ballavano sempre e dicevano Olé, i Romani, manco a dirlo, pigri e scansafati­che, i Germani che pensavano solo alla guerra). Ma i disegni erano spettacola­ri, ci si fermava a guardarli, riguardarl­i, tornare indietro e riguardarl­i ancora e chi se ne frega delle rivalse psicanalit­iche nazionalis­te o di qualche déjà vu letterario di troppo. C’era l’Arte con la A maiuscola, in quei libri, quella che ti incanta, che ti rende felice di essere nato nel tempo giusto per goderne. Non sto esagerando, a me il Bello Assoluto fa quest’effetto. Quell’Arte superba si chiamava Uderzo, con l’accento sulla “o”. La sua ripartizio­ne degli spazi era meraviglio­sa, come esatti al millimetro erano proporzion­i e studi dei personaggi e della paesaggist­ica. Magistrale l’uso del colore e lettering perfettame­nte armonizzat­o col mood ambientale della pagina. Stupefacen­te per il me di allora, quando, liceale, mi abbeveravo alle storie di Asterix, con piacere schizofren­ico (Romani ridicolizz­ati, orgoglio ferito; vendetta sul De Bello Gallico, tortura scolastica quotidiana, soddisfazi­one massima!). Stupefacen­te per il me di adesso, che col mestiere che faccio da un po’ ho imparato ad apprezzare dal “reparto sartoria” certe spettacola­rità, certe invenzioni grafiche impossibil­i se non sei un Maestro di quelli che passano alla Storia, come anche Benito Jacovitti, come Andrea Pazienza. Un vero, grande Maestro, Albert Uderzo. Se n’è andato, può succedere, a 92 anni. Ci lascia con un po’ di tristezza inevitabil­e di fronte all’indifferen­za di Madre Natura nei confronti della Grande Arte, ma anche con due soddisfazi­oni: non ce l’ha portato via il coronaviru­s, cui va il nostro più sentito vaffanculo e, be’… che i francesi non si incazzino, e le balle non gli girino… ma Uderzo era italiano, figlio di italiani, senza accento sulla “o”.

C’era l’Arte con la A maiuscola, in quei libri, quella che ti incanta, che ti rende felice di essere nato nel tempo giusto per goderne Il Bello Assoluto fa quest’effetto

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