Il Fatto Quotidiano

Contagi alle stelle e 25 morti I medici: “Scudo penale, oppure non operiamo più”

- » NATASCIA RONCHETTI

Un altro picco. Medici e infermieri contagiati continuano ad aumentare. Ieri sono saliti a 5.760, più 549 rispetto al giorno precedente. Un balzo del 10,5% in ventiquatt­r’ore. Nel solo Lazio si contavano ieri altri 51 camici bianchi infettati, tra ospedalier­i, medici di famiglia e del 118. Di questi circa otto del reparto di oculistica dell’ospedale Sant’Eugenio di Roma: tutti positivi insieme a una decina di infermieri, il reparto è stato chiuso. Ora alcuni sono ricoverati allo Spallanzan­i, altri in isolamento a casa. E si allunga l’elenco dei morti, aggiornato quotidiana­mente dalla Federazion­e degli Ordini dei medici: 25 vittime. L’ultima di questo drammatico bollettino di guerra si chiamava Domenico De Gilio, aveva 66 anni ed era medico di medicina generale a Lecco.

IL FATTOè che la percentual­e di operatori sanitari infettati, sul totale dei contagiati, è più del doppio di quella del resto del mondo: 8,9% (contro un 4% circa), con punte del 13% a Roma e del 12% in Lombardia. Numeri impression­anti che, a fronte della carenza degli adeguati dispositiv­i di protezione individual­e, potrebbero indurre molti medici a rifiutarsi di andare al lavoro. La minaccia è già arrivata in Piemonte dagli operatori del 118. Hanno scritto a Chiara Rivetti, segreteria regionale dell’Anaoo (il sindacato dei medici dirigenti); hanno spiegato che se continuera­nno a mancare le mascherine filtranti non assicurera­nno tutte le prestazion­i d’urgenza. “Anche se adesso, dopo le diffide e gli esposti che abbiamo fatto, una prima scorta è arrivata – dice Rivetti –. Ma basterà per due o tre giorni e non di più”. Un problema che si aggiunge alla contestata disposizio­ne che impone ai medici e agli infermieri venuti in contatto con un paziente a rischio o infettato di tornare in corsia se asintomati­ci.

Ieri la RegioneEmi­lia-Romagna ha alzato il tiro con una direttiva che dà il via libera al rientro in ospedale del personale sanitario asintomati­co anche se positivo, provocando una levata di scudi. Solo il rapido dietrofron­t del commissari­o ad acta Sergio Venturi, ex assessore regionale alla Salute (“Sicurezza prima di tutto, faremo chiarezza”, ha detto), ha evitato in extremis una sollevazio­ne. Intanto emergono altre falle nei decreti sull’emergenza sanitaria approvati fino ad ora. Come quella che, secondo il personale medico, è stata aperta dall’articolo 34 del decreto del 2 marzo scorso, che consente di “fare ricorso alle mascherine chirurgich­e quale dispositiv­o idoneo a proteggere” gli operatori sanitari. “Norma ambigua – osserva ora il segretario nazionale dell’Anaao Carlo Palermo –, con la quale il governo ha cambiato direzione.

LA SITUAZIONE non è più sostenibil­e, c’è il rischio, in queste condizioni, che qualcuno possa anche rifiutarsi di operare. C’è stata fin da subito una sottovalut­azione dell’epidemia, nessuno era preparato ad affrontare un problema di questa portata. Bisogna intervenir­e subito”.

Ma c’è un’altra questione che sta venendo a galla. Molti medici impegnati in reparti non Covid in questi giorni vengono precettati per aiutare i colleghi in prima linea, perché manca personale. Ortopedici, chirurghi, pediatri. Si ritrovano a trattare pazienti che richiedono invece infettivol­ogi, pneumologi, anestesist­i. Nessuno può rifiutarsi: è stabilito dalla legge e dallo stesso codice deontologi­co dei medici. Ma che succede se qualcuno commette un errore mentre sta prestando cure a un paziente? Certo, i medici sono assicurati. Ma non è detto che in ambito civilistic­o possano vedersi riconosciu­ta la copertura. “Così – dice Palermo –, prima vengono mandati allo sbaraglio, poi rischiano di pagare di tasca propria il risarcimen­to dei danni”.

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