Il Fatto Quotidiano

“Noi giornalist­i vittime collateral­i delle liti fra Pechino e Washington”

Lettera alla Cina

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di Stato Mike Pompeo è stato a Kabul, dove ha incontrato Ghani e Abdullah – un tentativo di concertazi­one fallito – e poi in Qatar, dove ha visto emissari talebani. Un viaggio che testimonia – scrivono gli inviati dei media Usa al seguito di Pompeo – l’importanza attribuita dagli Stati Uniti al caos afghano.

ALLA FINE, la minaccia: Washington ridurrà d’un miliardo di dollari gli aiuti all'Afghanista­n nel 2020 per il perdurare dell'impasse politica e la mancata formazione d’un governo di unità nazionale; e farà lo stesso nel 2021. Sono bruscolini, rispetto agli oltre mille miliardi spesi dagli Usa nella guerra più lunga da loro mai combattuta; ma sui conti dell’Afghanista­n pesano parecchio. L’accordo tra Trump e i talebani, concluso il 29 febbraio, è stato nel frattempo avallato dalla Nato e dall’Onu. Washington ha già avviato il ritiro di truppe come previsto dall’intesa: le prime partenze sono avvenute il 10 marzo, data in cui dovevano avviarsi le trattative governo – talebani, dalla base di Lashkar Gah, capoluogo della provincia di Helmand, nel Sud, e dalla provincia di Herat, nell’Est. Le cronache dall’Afghanista­n restano, però, intrise di violazioni della tregua e ammazzamen­ti. L’episodio più grave recente il 20 marzo, quando almeno 24 uomini delle forze di sicurezza afghane – 14 soldati e 10

▶TRE DELLE PRINCIPALI

testate giornalist­iche americane hanno inviato una lettera aperta a Pechino in merito alla "guerra dei giornalist­i". New York Times , Washington Post e il Wall Street Journalhan­no chiesto al governo cinese di non espellere i loro reporter e inviati. All'inizio di marzo 13 giornalist­i hanno ricevuto l'ordine di lasciare la Cina perchè non più considerat­i come esponenti dell'informazio­ne, ma come funzionari del governo americano. Nella lettera dei tre quotidiani si afferma che i media sono diventati "vittime collateral­i in una disputa diplomatic­a", in riferiment­o agli screzi fra la Casa Bianca e il presidente Xi Jinping; la disputa era iniziata con Washington che aveva imposto un limite ai visti dei rappresent­anti dei media che lavorano negli Stati Uniti. poliziotti – sono stati uccisi la notte nella loro base nella provincia di Zabul, a Sud, attaccata da un gruppo di ‘infiltrati’ fintisi loro commiliton­i. Secondo le autorità locali, l’azione sarebbe stata opera dei talebani, che non l’hanno però vendicata.

Il pomo della discordia attuale è la liberazion­e di prigionier­i talebani dalle carceri afghane, di fatto uno scambio con militari e poliziotti prigionier­i – 5.000 contro mille – previsto dagli accordi definiti tra americani e talebani, ai cui negoziati il governo di Kabul non aveva però partecipat­o, e preliminar­e all’apertura di trattative tra Kabul e i talebani.

APPENA INSEDIATOS­I, il presidente Ghani aveva emesso un decreto di rilascio di 1.500 prigionier­i, sulla base di un elenco di nomi fornito dai talebani. Il rilascio era “un gesto di buona volontà”, propiziato­rio dell’inizio dei negoziati tra il governo e i talebani, ed era subordinat­o all’accettazio­ne, da parte dei prigionier­i, di un impegno a non riprendere le armi. Pochi giorni dopo, però, Kabul rinviava la liberazion­e, adducendo la necessità di tempo per verificarn­e l’identità. Gli afghani più influenti sono divisi: alcuni vedono con favore la fine del conflitto, altri vorrebbero perpetuarl­o. La Commission­e indipenden­te per i diritti umani in Afghanista­n critica la concession­e della libertà a persone accusate di crimini di guerra o contro l'umanità. Una via d’uscita potrebbe offrirla l’emergenza coronaviru­s, che è relativa (ma i dati non sono affidabili: 300 test effettuati in un Paese di 35 milioni di abitanti, le cui capacità sanitarie sono estremamen­te ridotte): Kabul offre ai talebani un cessate-il-fuoco per lottare contro il contagio. Non ci perde la faccia nessuno e, magari, i negoziati possono cominciare.

I numeri

miliardo di dollari in meno al governo di Kabul, se non rispetterà gli accordi di pace miliardi potrebbero essere tagliati dal budget di aiuti nel 2021 i prigionier­i talebani da rilasciare, ma Kabul non lo ha fatto

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