MARIO CIANCIO
Annullato il sequestro all’editore de “La Sicilia”
e MANCANZA di pericolosità sociale e nessuna sproporzione tra i redditi e la liquidità utilizzata nel corso del tempo. Con queste motivazioni, la Corte d’appello di Catania ha disposto l’annullamento del provvedimento di sequestro e confisca dei beni del potente editore Mario Ciancio Sanfilippo. Imprenditore, latifondista ed ex monopolista dell’informazione, attualmente Ciancio, 87 anni, è a processo per concorso esterno in associazione mafiosa.
I beni, tra cui il quotidiano La Sicilia – di cui per decenni è stato anche direttore – e la maggioranza delle quote della Gazzetta del Mezzogiorno di Bari, oltre alle reti televisive Antenna Sicilia e Telecolor, gli erano stati confiscati in primo grado il 20 settembre 2018. “Non può ritenersi provata – scrive la corte – l’esistenza di alcun attivo e consapevole contributo arrecato da Ciancio in favore di Cosa nostra”.
A emergere però “in maniera certa e univoca – continuano nel provvedimento – è un rapporto di particolare vicinanza e cordialità tra Ciancio e la mafia catanese”.
Sotto la lente d’ingrandimento della Procura di Catania una scalata imprenditoriale cominciata negli anni 70. Supportata da una corposa consulenza fiscale realizzata dalla società inglese Pricewaterhouse che ha analizzato 1500 bilanci e 1000 visure societarie. Ciancio, testimone di nozze del presentatore Pippo Baudo, è stato presidente della Fieg ed vicedirettore dell’Ansa. Ad accusarlo ci sono anche una schiera di pentiti. L’ultimo, in ordine di tempo, è stato il boss Francesco Squillaci. Nei verbali ha definito l’editore “amico di Nitto Santapaola” oltre a ricostruire un finto attento che il capo della mafia catanese avrebbe organizzato il 17 agosto 1990 in una villa dell’editore. “Doveva rifarsi una verginità – ha spiegato – e passare per vittima di Cosa Nostra”.