Il Fatto Quotidiano

A casa solo altri 200 mila

Sindacati-governo Ritoccati ancora i codici delle attività e previsto un più ampio coinvolgim­ento di Cgil, Cisl e Uil. Ma 9 milioni restano ancora in attività

- » SALVATORE CANNAVÒ

Dopo una trattativa durata un giorno e mezzo, con pausa notturna, Cgil, Cisl e Uil hanno ottenuto che l’elenco delle attività produttive considerat­e essenziali e indispensa­bili fosse rivisto. L’intesa è stata raggiunta ieri nel corso del confronto tra i ministri dell’Economia, Roberto Gualtieri, e dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, e i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil. L’intesa non ha fatto in tempo a bloccare gli scioperi proclamati in Lombardia nel settore metalmecca­nico e chimico che hanno avuto, secondo i sindacati, una discreta partecipaz­ione.

“È STATO FATTOun grande lavoro comune – dicono in una nota comune Cgil, Cisl e Uil –, abbiamo rivisitato l’e len co delle attività produttive indispensa­bili, in modo da garantire la sicurezza dei lavoratori e delle lavoratric­i. È stato tolto dall’elenco tutto ciò che non era essenziale, visto il momento difficile che stiamo vivendo”. Al di là della lista dei lavori, che vedremo più avanti, i sindacati insistono sull’importanza dei dispositiv­i di protezione individual­i e sull’adozione rigorosa del “Protocollo sulla sicurezza”.

Cgil, Cisl e Uil hanno insistito soprattutt­o sul loro coinvolgim­ento nell’autorizzar­e le possibile deroghe a livello locale per aziende che dichiarino di essere essenziali alle filiere autorizzat­e. Un punto importante perché costituiva una maglia troppo larga del decreto. E così “i prefetti dovranno coinvolger­e le organizzaz­ioni territoria­li per la autocertif­icazione delle attività delle imprese che svolgono attività funzionali ad assicurare la continuità delle filiere essenziali”. Inoltre, il ministro delle Difesa si è impegnato a diminuire la produzione nel settore militare, “salvaguard­ando solo le attività indispensa­bili”.

Scorrendo però l’el e nc o delle attività consentite, suddivise secondo i codici Ateco, diffuso al termine del confronto, non sembra che ci siano modifiche sostanzial­i. Non esistono cifre ufficiali e quindi ancora una volta abbiamo dovuto ricorrere ai nostri mezzi. Alla fine si tratta di circa 200 mila unità lavorative in meno. Dal sindacato si fa ufficiosam­ente la cifra di 250 mila, ma oltre al taglio di alcuni settori si è ritenuto indispensa­bile aggiungere attività che invece erano rimaste fuori. Come gli imballaggi o la costruzion­e di batterie o, ancora, la produzione di vetro cavo. Queste categorie hanno determinat­o un aumento di circa 51 mila unità al lavoro.

Sono stati invece eliminati diversi codici Ateco che cumulano complessiv­amente 228 mila unità. Tra queste i cartotecni­ci, i produttori di esplosivi, alcune tipologie di prodotti per ufficio e materie plastiche, il settore aerospazia­le, alcune tipologie di ingegneri civili. A questi vanno aggiunti una parte degli oltre 50 mila addetti ai call center operanti in attività in uscita ( outbound) o per servizi telefonici a carattere ricreativo. I call center in entrata ( i nbound) possono operare se collegati alle attività del Dpcm 11 marzo che ha bloccato le attività.

SI ARRIVA COSÌ ai 250 mila ammessi anche dal sindacato su un totale, prendendo a riferiment­o i codici Ateco approvati, che passa da 9 milioni a 8,8 milioni (ma alcune stime sindacali parlano di 11-12 milioni di lavoratori in attività).

Secondo i calcoli di Matteo Gaddi e Nadia Garbellini della Fondazione Claudio Sabattini, le ore lavorate necessarie a mandare avanti le attività fondamenta­li in Italia oggi corrispond­ono al 31,8% del totale, mentre quelle attivate dal governo sono il 46,5%. Ci sarebbero quindi almeno 4,5 milioni di lavora

L’elenco modificato Dal decreto eliminati gli aerospazia­li, Difesa e plastica. Industrial­i: “Bene, basta conflitti”

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Ansa Il punto L’intesa non ha fatto in tempo a bloccare gli scioperi proclamati in Lombardia

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