Spioni russi spiati con i loro segreti dagli hacker slavi
Operazione Fronton Un gruppo di giovani slavi viola il programma di cyber-distruzione mondiale dell’ex Kgb di Mosca e lo rivela al mondo
Intorno a noi ci sono oggetti vivi: quelli capaci di registrare informazioni dettagliate, mappare i luoghi in cui si trovano, comunicare dati a distanze lontanissime in tempo reale. Rimangono immobili e silenziosi in case, edifici strategici, palazzi del potere. Esiste però anche uno strumento per insinuarsi nei loro pannelli di gestione, assumerne il comando e metterli fuori uso. Nome in codice: Fronton. È un software capace di penetrare e prendere il controllo dei dispositivi intelligenti grazie all’Idc, “l’Internet delle cose”.
FRONTON È UN MEZZOmaligno capace anche di “distruggere, smantellare e rendere inaccessibile Internet per ore in interi Paesi”. È l’ultima cyber-arma segreta di Mosca, progettata dalle aziende digitali al servizio del Cremlino. Ma i programmatori che volevano spiare sono stati a loro volta spiati: gli archivi dei mercenari digitali, assunti solo per difficili e peculiari progetti virtuali, sono stati violati. Alcuni pirati informatici hanno scrutato, serpeggiato tra i loro archivi e hanno trovato un bugper rubare i documenti.
Commissionato nel 2018 dall’Fsb, ex Kgb, servizi segreti russi, il progetto Fronton è stato perfezionato negli anni nelle sue versioni Fronton- 3D e Fronton-18 dalle aziende Informinvestgrup e la subappaltatrice 0day, per l’unità 64829, più nota come Centro sicurezza informazioni. Scopo di Fronton è organizzare attacchi sincronici, infettare server e dispositivi, unirli in una rete sola di gestione che li mette fuori uso contemporaneamente, come in simultanea finirono in tilt i server americani della costa est Usa nel 2016, evento citato da esempio nel materiale poi reso pubblico. “Possiamo dimostrare che i tirapiedi del Cremlino ci spiano” dice la scritta rossa sulla schermata nera del sito dei pirati russi venuti dal deep web. Nella nazione dell’“Internet sovrano”, dove il traffico della rete è analizzabile e filtrabile dallo Stato, hanno sintetizzato quasi tutto nella scelta del loro nome: i russi che hanno svelato i piani dell’Fsb si fanno chiamare Digital Revolution e non si sa precisamente dove e quanti siano. Un teschio dal cappuccio rosso per icona sventola sopra il loro motto: “I prossimi ad agire budem my, saremo noi”. E loro “sono il volto della rivoluzione cifrata, sono tanti e sono ovunque” e “non tollerano più le offese del governo. Conduciamo la lotta per il diritto di vivere normalmente”. Si dichiarano coraggiosi, nuovi guardiani dei tubi e dei cavi della Federazione.
Il leak dell’algoritmo della distruzione. Sono rimasti sconsolati e inascoltati dai media in patria finché la prima emittente a pubblicare i documenti da loro sottratti è stata la britannica Bbc: si tratta di dodici pagine in cui si susseguono codici sorgente, diagrammi e algoritmi dell’ultima, potente cyber-arma. Incomprensibili ai non addetti ai lavori, gli schemi sono stati analizzati e resi decifrabili per tutti. Per descrivere gli effetti di Fronton è stata scelta una parola a cui gli slavi ricorrono spesso: “zombie”. I server e gli oggetti Idc diventano manipolabili fantasmi dal controllo eterodiretto e un serbatoio di informazioni da cui attingere per rubare dettagli sensibili e non. Alla nazione, a Paesi stranieri, a chiunque ovunque.
La missione
Gli informatici pronti a far conoscere le mosse dei mercenari: “Salviamo il Web”
SE LA SFIDA DEL TEMPO per le potenze mondiali è il controllo digitale, il duello dei giovani e anonimi nerd russi è violare, ripetutamente e vorticosamente, la filiera di aziende che lavorano per gli uffici della sicurezza di Mosca. “Continueremo a esporre i progetti che mostrano come le autorità stanno cercando di spingere tutti sotto il controllo dell’FS B”. Nel 2018 per presentarsi al mondo, dichiarare guerra al potere centrale di Mosca e dimostrare le loro intenzioni, gli hacker della Digital revolution hanno violato i server della Kvant, altra compagnia a cui il ministero dell’Interno russo ha fatto spesso ricorso.