La musica è finita (e gli artisti se ne vanno)
Tour rinviati, rimborsi in vista: un’estate da incubo
Ora è tutto un tirare segnacci sui calendari. Tour annullati, posticipati, rimodulati. Tra dita incrociate e cuori gonfi d’angoscia. Chi fermerà la musica? Fino a pochi mesi fa si pensava che il male assoluto, mascherato da nuova opportunità, fosse la frontiera “liquida”, lo streami ng che faceva pascere Spotify e le altre piattaforme che pagavano quasi niente i poveri artisti, ma allo stesso tempo facevano girare nomi e canzoni da trasferire poi sui palchi. Perché, morta la speranza di un più consistente riscatto del disco fisico (sì, regge la nicchia del vinile, ma i cd non li vuole più nessuno, e con i negozi chiusi sarà un de profundis), il settore poggiava la propria sopravvivenza sui concerti. Con i grandi nomi disposti a spendersi in estenuanti carovanate, e le figure di mezzo a tentare il salto di qualità tra palazzetti e club. Lo tsunami-coronavirus è passato tra amplificatori e strumenti già pronti per lo show, e nessuno può prevedere quando e come si ripartirà.