Il Fatto Quotidiano

MA BOCCIA IGNORA IN CHE GUAI SIAMO

Quelli che la crisi Coronaviru­s si risolve con il “primato della politica”

- ▶ GIORGIO MELETTI

Il presidente della Confindust­ria Vincenzo Boccia ha trasmesso a un Paese impaurito un messaggio che moltiplica lo sconforto. “È il momento del primato della politica”, dice, rilanciand­o un vecchio motto della Dc. Lo propugnava Paolo Cirino Pomicino a fine anni 80. Antonio Patuelli, che oggi se la tira da banchiere ma allora era anche ufficialme­nte un politicant­e di seconda fila, lo accusava di volere “una restaurazi­one del primato della politica sull’efficienza e la produttivi­tà”. Il primato della politica per lorsignori è trafficare, e Boccia muore dalla voglia come molti dei suoi colleghi imprendito­ri per finta, spesso solo prenditori di denaro pubblico.

La nenia la sappiamo a memoria. Serve un fiume di denaro pubblico per dare liquidità a un’economia collassata, e tutti d’accordo, poi c’è il salto logico: la seconda mossa n e ce s s ar i s si m a sono le “semplifica­zioni che permettano l’a ttivaz ione immediata delle opere pubbliche e dei cantieri”. Sembra una vera ossessione. Non solo Boccia, anche il suo probabile successore Carlo Bonomi vuole fermare il Coronaviru­s con semplifica­zioni e grandi opere, e anche l’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e, più scatenato di tutti, il viceminist­ro delle Infrastrut­ture Giancarlo Cancelleri, che vuole accelerare i cantieri Tav mentre il suo partito, il M5S, chiede di fermare i cantieri della Torino-Lione per destinare il denaro a più sensati impieghi.

È come se – a forza di raccontare che i grandi cantieri erano l’unico modo di tirar fuori l’Italia dal suo declino ventennale – nei loro cervelli fosse rimasto solo quel pensiero, e non si rendessero conto della drammatici­tà del momento. Per dire, due vecchi democristi­ani come Pier Ferdinando Casini e lo stesso Cirino Pomicino parlano di patrimonia­le. In tutto il mondo ci si preoccupa di salvare le piccole e medie imprese, non le grandi. L’economista Michele Boldrin, liberista a 24 mila carati, dice che i titolari di redditi sicuri (statali e pensionati) dovrebbero cedere il 20 per cento del loro netto mensile a chi è rimasto per strada.

Di questo si parla. E qui siamo a gloriarci dell’i potet ica accelerazi­one ( nb: partenza dei cantieri se va bene in 3-4 anni anziché 6 o 7) della tratta ferroviari­a Fortezza- Ponte Gardena, 28 chilometri al costo di oltre un miliardo di euro che in un futuro indefinito e remoto ( mentre controllia­mo l’andamento della pandemia sulla scala dei giorni) collegherà il nuovo tunnel del Brennero alla nuova ferrovia Ponte Gardena-Verona che completerà il corridoio di collegamen­to ferroviari­o tra una città portuale, Helsinki, e un’isola, Malta, distanti 4 mila chilometri.

Abituati a succhiare il denaro dei contribuen­ti per poi dare la colpa del debito pubblico a malati e pensionati, si sono convinti che i soldi pubblici non finiscano mai. Questa classe dirigente è più lenta degli spiantati a capire che cosa ci sta arrivando addosso, e che bisognerà fare scelte e rinunce dolorose, decidere se dare da mangiare ai camerieri dei ristoranti rimasti a piedi o scavare tunnel ferroviari. E se chiediamo soldi all’Europa per il Coronaviru­s chi glielo dice poi agli “antipatici” olandesi che li spendiamo per le nostre cattedrali nel deserto?

Molti pensano che nel Dopoguerra, troppo spesso evocato a sproposito, l’Italia abbia conosciuto un’età dell’oro grazie al piano Marshall, e che ci aspetta una riedizione di quell’epoca felice e fiera di riscatto. Sarà bene che questi allegroni aprano almeno un libro, e scoprano che in milioni fecero la fame; che con il piano Marshall gli Stati Uniti ci hanno regalato meno del 2 per cento del Pil, e che i nostri padri se lo fecero bastare; e che oggi sarebbero 30-40 miliardi di euro che nessuno ci regalerà perché anche i ricchi stanno contando i morti. Il “primato della politica” sarà il benvenuto quando darà ai governi la dignità di ignorare le stupidaggi­ni (interessat­e) di Confindust­ria.

Twitter@giorgiomel­etti

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