C’erano una volta i talent
Impensabili le selezioni senza calca
Applausi
per Gaia. A distanza, certo. Con l’eco lontana degli schiamazzi di quel pubblico di entusiasti che il coronavirus ha esiliato dalla tribuna di Amici 19. Dopo mille titubanze, Maria De Filippi è riuscita a condurre in porto l’edizione più tormentata, tra porte chiuse, litigi con i prof, umani cedimenti, risse in diretta tra i tecnici, e un risultato d’audience (4 milioni 822mila spettatori con un 22,78 di share) in linea con gli anni precedenti. Che non possono esser più esaltanti come nelle stagioni ruggenti della “tv di prima”.
Applausi per Gaia. A distanza, certo. Con l’eco lontana degli schiamazzi di quel pubblico di entusiasti che il coronavirus ha esiliato dalla tribuna di Amici 19. Dopo mille titubanze, Maria De Filippi è riuscita a condurre in porto l’edizione più tormentata del suo talent, tra porte chiuse, litigi con i prof, umani cedimenti, risse in diretta tra i tecnici, e un risultato di audience (4 milioni 822mila spettatori con un 22,78 di share) in linea con gli anni precedenti. Che non possono essere più esaltanti come nelle stagioni ruggenti della “tv di prima”, i 6/7 milioni di quando i social e la visione online avevano un peso specifico marginale rispetto al dominio del piccolo schermo.
MA È INDUBBIO che venerdì sera, con l’i nc or on az io ne della brava Gozzi – la 22enne italo-brasiliana che con ostinazione ha cancellato lo smacco di XFactor 2016, dove era stata sconfitta dai Soul System – si sia celebrato anche un rito di passaggio verso il possibile crepuscolo dei faraonici tornei a eliminazione dove uno su mille ce la fa, anzi spesso neppure lui, e tutti gli altri condannati a fare i conti con le illusioni perdute. Maria è di fronte a una sfida autorale e produttiva: ha già ammesso che il suo modo di fare una televisione che punta sulla “realtà” e sulla narrazione della gente comune dovrà essere rivoltato come un calzino. Un ripensamento che, dunque, non vale solo per i talent: che Uomini e Donne sarebbe senza il pubblico gossipparo in studio, per non dire dei baci e balli negati fra tronisti e corteggiatori? Come sollecitare le corde dell’empatia degli spettatori senza l’abbraccio da happy ending a C’è posta? Bella domanda: ma quella è la drammaturgia del quotidiano- ordinario. Per A mi c i lo storyboardè ancor più crudele: lì innumerevoli aspiranti star del pop immaginano di giocarsi una carriera. A torto, quasi sempre. Perché ogni talent, prima ancora di essere un girone della morte dove una giuria di caronti e televotanti può rispedirti nel basso inferno dell’anonimato, è un trampolino. Sta al concorrente sapersi produrre in un primo tuffo nella vasca del mercato discografico, dove nuotano troppi pesci piccoli, qualche vecchio navigatore delle correnti melmose e alcuni squali. Di anno in anno, in quella piscina, l’acqua si è fatta sempre più bassa, e il rischio di rompersi l’osso del collo è consistente. Quel mercato, semplicemente, non esiste più. I dischi d’oro di un tempo sono pura mitologia: ben che vada, oggi un emergente può sperare in poche migliaia di “copie” della sua canzone, quasi tutte digitali, trast rea minge download. Con i cd puoi farci il tiro al piattello. E se, fino a mesi fa, la nuova presunta stella poteva contare sul cono di luce della televisione, ora non avrà neppure il breve periodo di visibilità mediatica post-vittoria da sfruttare con una stringa di live. Sì, il coronavirus può aver messo un punto all’era dei talent. Si faranno ancora? Amici aveva aperto già mesi fa i casting per l’ediz ione 2021: ma dove e come gestirli senza assembramenti e nevrosi varie? E lo stesso problema ha XFactor, che a maggio di ogni anno convoca oceaniche selezioni di candidati. Scenari inimmaginabili, nel mondo alle prese con la quarantena, quando l’inconscio collettivo non gradisce più del tutto il gioco al massacro dell’eliminazione.
OGGI LO SLOGAN è “distanti ma uniti”, con i fans mobilitati per via virtuale: ma il concorrente è dannatamente solo in scena con la propria fragilità e la sua forza d’animo. E se la De Filippi può decidere per se stessa, valutazioni più complesse deve farle proprio X Factor, dai costi ormai troppo onerosi per le strategie di una rete satellitare. L’edizione originale, quella inglese, è stata congelata già prima dell’emergenza dal suo creatore Simon Cowell: irraggiungibili i picchi di audience del 2010, quando su ITV 19 milioni di spettatori assistettero alla clamorosa vittoria di Matt Cardle sugli One Direction. Chissà domani chi trionferà, tra gli artisti e il Covid, che ha già spazzato via il Primo Maggio e l’Eurovision Song Contest, messo sotto scacco i talent, e allunga l’ombra pure su Sanremo.
La vittoria di Gaia Il programma di Maria De Filippi è finito venerdì: ascolti in linea con gli anni precedenti, quando c’era il pubblico Ma per i concorrenti è stata dura