“Mia moglie dice: ‘Basta vittimismo’ Amo Superpippo”
È il co-conduttore di “Deejay chiama Italia”. Ora è dj anche su Instagram...
Asette anni smontava le radioline per “cercare la voce di mio padre”; a sedici ascoltava tutto il giorno le emittenti private, “perché ero fissato, sapevo qualunque aspetto, anche i più impensabili, su come si costruiva e gestiva una trasmissione”. A 38 anni il riflettore ha illuminato anche lui e Nicola Savino è entrato nel ciclo ristretto dei “fa mo si ” (“per fortuna quando ero già grande”) e, zitto zitto, cheto cheto, è nel gotha della radiofonia italiana (conduce, con Linus, Deejay chiama Italia), ha presentato programmi come L’Isola dei famosi, Quelli che il calcio, Le Iene; così quando qualcuno lo definisce “spalla”, gli girano vorticosamente le scatole e si ricorda delle origini meridionali (“sono un po’ permaloso ”).
È stato uno dei primi in quarantena e a causa di un collaboratore colpito dal virus; da quando è in casa, ogni pomeriggio alle 18.30, estrae dalla memoria e dallo scaffale i suoi vinili, e ritrova il vezzo di quando era deejay: “P er quaranta minuti cerco di far ballare le persone su Instagram. Anche se da venerdì ci sono problemi: mi hanno bloccato”.
Che è successo? Questione di copyright, di diritti d’autore, non ci avevo pensato e in assoluto lo capisco: però vi sembra il momento? È un modo per distrarre migliaia di persone. Migliaia di persone, e lei stesso...
La mia giornata è più piena di prima, dico “sì” a tutto. Sempre. È una reazione nervosa e di attaccamento alla vita.
Fa le pulizie?
(Tono incerto, un po’ colpevole) Sì, sì, comunque sì... abbastanza; ho imparato qualcosa, e mi dedico a lavatrice, lavastoviglie e stendere i panni non è semplice (spiega nei dettagli l’operazione).
È diventato bravone. (Ride) Il grande insegnamento di questo periodo è la pazienza.
E poi mette(va) dischi... Avevo smesso nel 2010, mi sentivo inadeguato, avevo 43 anni e mi domandavo: “Ma cosa ci combino qui?”. Ora invece sto riconsiderando tutto, e in maniera irrazionale.
Cioè?
Se uno mi domanda: dove vuoi andare a parare, non ho risposta, è solo un soccorso, prima di tutto a me stesso, uno sfogo disperato, e poi per gli altri.
Sua moglie balla sullo sfondo in stile cubista.
E pensare che è la persona seria di casa, una lettrice, una donna profonda, ma adesso è necessaria la leggerezza. Definisce sua moglie “leggera” mentre lei tenta perennemente di abbassare il livello.
Sempre, e da una vita. Mia moglie mi accusa: “Smettila di fare la vittima”.
Lo fa?
Per farmi accettare vivo sotto l’effetto “Paperino”, e in questo c’è del vero; però uno come me, votato alla leggerezza, alla risata, non può individuare nel supereroe un modello di vita: preferisco Superpippo a Superman.
Lei con la Gialappa’s è una delle poche “spalle” diventate protagonista.
Loro erano un mio sogno già nel 1986 ai tempi di Radio Popolare; anzi sognavo di essere loro.
Fan vero.
Gli dico sempre, guardandoli negli occhi: state attenti perché sarò il vostro “Chapman” (il folle che 40 anni fa ha sparato a John Lennon); comunque parliamo una lingua comune.
La definisca.
Sarcasmo, Milano, scherzare su tutto anche su parenti molti prossimi defunti. Cinismo.
Sulla mamma si scherza? Io posso, anche sulla mia che non c’è più.
Il limite?
Su se stessi non ci deve essere, con gli altri uno deve mantenere maggiore considerazione, ma non è semplice e scattano i sensi di colpa.
È permaloso? Moltissimo.
Cosa la offende?
(Ride) Sicuramente le battute sulle caratteristiche fisiche, e un tempo non amavo la storia del secondo, quando mi definivano “spalla”; se nelle dirette mi scrivono “ti è venuta la pancia” ci resto male. Sono vanitoso.
Nel suo lavoro la vanità è importante.
È un plus, però è fondamentale resistere agli insulti e non dare soddisfazione. Io a volte ci casco, specialmente sui social, poi li blocco.
Le manca il mignolo. Errore di un’ostetrica quando avevo sette mesi: per anni ho cercato di nasconderlo, quando andavo in televisione utilizzavo una protesi, poi ho capito la stupidaggine e me ne sono liberato.
Ora che ha riscoperto i vinili, sarà sommerso dai ricordi... È un continuo, è come restare intrappolati nell’adolescenza: le prime fidanzate, le prime giornate, settimane, mesi, anni chiuso in radio.
Ha iniziato presto.
Tutto parte dai viaggi all’estero di mio padre: era ingegnere all’Eni, spesso partiva per i Paesi arabi e tornava a casa carico di sensi di colpa e di radioline (ci pensa) . Una di queste l’ho recentemente ritrovata e ricomprata per 100 euro su eBay. E lei?
Avevo sei o sette anni, e la sera, quando andava via la luce, grazie alla diffusione delle onde corte (le AM) riuscivo a trovare stazioni molto lontane, anche della Grecia o oltre, così smontavo tutto e in qualche modo cercavo mio padre lì dentro (cambio tono). Solo a dirlo mi commuovo, per me era un dolore, anzi è il mio problema.
E suo padre?
Non c’è più; per fortuna da adulto ho recuperato il rapporto con lui e un giorno si è sfogato: “Non sono stato un grande genitore”, io ovviamente l’ho tranquillizzato ( in sottofondo del rumore).
Che fa?
Scelgo un disco.
Non molla.
Vedere dal vivo e per anni dei fuoriclasse come Linus è stato una guida, ti entrano in testa i loro tempi
Lo show è finito quando non ho visto i tifosi allo stadio; poi c’è una questione: quanti hanno tre mensilità sul conto?
IL CALCIO
Robbie Williams È altra categoria, potrebbe diventare il più grande entertainer del mondo: un Fiorello in scala assoluta
No, ora no, e sono un po’ preoccupato, non vorrei il conto tutto assieme; ( t ono
basso) e non abbiamo ancora toccato il tasto dolente dell’attività fisica.
Se vuole possiamo già parlare di sesso.
Bel casino: abbiamo un’adolescente, e la sua camera da letto è confinante con la nostra.
Meglio dormire...
Dormo pure poco, e non prendo alcun tranquillante, non mi piacciono, anche perché sono figlio di genitori abbonati al Tavor e, come dice Freud, per ammazzare padre e madre il figlio segue sempre direzioni opposte; e poi è un danno per il lavoro.
Tradotto.
Quando presentavo Colorado tornavo a casa ed ero sovraeccitato dalle luci e dagli applausi. Ero in over. Quindi mi addormentavo alle tre con la sveglia alle sette, così a un certo punto ho ceduto al Tavor, ma la mattina in radio perdevo mezzo secondo sulla reazione a una battuta. Per noi i tempi sono fondamentali.
Nel 1986 quali erano i suoi miti?
Amavo le radio private milanesi, con Gerry Scotti, Claudio Cecchetto, Amadeus, Linus, Albertino, Gianni Riso, Fausto Terenzi; amavo i mo rn in g
show delle sette del mattino.
Si sente milanese?
Moltissimo, devo tutto a questa città, e sono milanese proprio perché meridionale...
Non sarà stato sempre semplice. Mi dicevano “ah, Savino, il cognome finisce con la ‘o’, tu sei un terùn”; però rappresento un caso particolare, perché cresciuto a San Donato Milanese, anzi a Metanopoli, una cittadella dell’Eni, una specie di dormitorio per i dipendenti, dove eravamo tutti uguali, tutti di altri posti. È uno dei primi vip in quarantena...
E quando è finita ho pure notato il comportamento del prossimo nei miei confronti: scendevo per la spesa e le persone mi tenevano a distanza, compresa la portiera; in realtà credo di essere stato male a gennaio.
Perché?
Prima di Sanremo, e per una settimana, ho avuto tosse secca, febbre alta e fatica a respirare. Stavo per chiamare i soccorsi.
Torniamo alla radio: lei ha iniziato come regista: rubava il mestiere con gli occhi?
No, non ci pensavo e non so neanche cosa mi è scattato...
Però?
Vedere dal vivo e per anni dei fuoriclasse come Fiorello, Amedeus o lo stesso Linus è stato una guida, quindi ti entrano in testa i loro tempi e il loro atteggiamento: a Radio Deejay chi fa il figo, il fenomeno o la star, dura come un gatto in tangenziale. Siamo un po’ come la Juventus.
Come si trova da “famoso”.
Per fortuna lo sono diventato a 38 anni e mi è sembrato di tornare bambino: da piccolo vivevo in un posto dove tutti ci conoscevamo e salutavamo; ora avviene lo stesso.
Ha dichiarato: “Con questo lavoro si va fuori strada”.
Diventi egoriferito, chiuso in un piccolo mondo che ritieni di interesse generale; poi l’assenza da video e da luci della ribalta può causare delle crisi d’astinenza.
Lei è un fervente interista...
Il calcio è uno degli indicatori del mio mutamento.
Addirittura.
Già dai primi provvedimenti del governo è come se avessi archiviato la mia passione per il calcio: ho assistito a Juventus-Inter con un profondo disinteresse e per me lo spettacolo è finito quando non ho visto i tifosi allo stadio; poi c’è una questione economica: quanti italiani hanno più di tre mensilità sul conto corrente? Ricordo Non tantissimi. quando a Radio Deejay ero un fonico e guadagnavo un milione di lire al mese e per comprare dei mobili sono stato costretto alle rate.
Vizio.
Mi piacciono gli alcolici e la Playstation, che per fortuna è in camera di mia figlia e mi vieta l’accesso così non posso utilizzarla sempre.
Scaramanzie.
Poche: non nego l’attenzione al gatto nero e alla scala.
A Radio Deejay ha incontrato tutti. Chi l’ha stupita?
Robbie Williams (celeberrimo cantante inglese) e lo penso ogni volta che viene in trasmissione; è un’altra categoria, potrebbe rappresentare il più grande e n t e r t a in e r del mondo, un Fiorello in scala assoluta.
Parole grosse.
Mi colpisce la sua sensibilità, la prontezza di riflessi, il senso dello spettacolo e la memoria. Si ricorda tutto. Tutto. Quando l’ho rivisto la seconda volta, mi ha chiesto di mia figlia e per me la memoria è un superpotere. È potere vero.
Obblighi le persone a parlare bene di te.
Voto della maturità?
50 e non ero studioso: sono sempre stato sul filo del 6, poi quando c’è un momento d’urgenza, mi preparo con grande tenacia e cerco di stupire. Amo stupire. Amo sorprendere il nemico nel sonno.
Nel ruolo di deejay, rimorchiava in discoteca?
Poco, non sono mai stato bravissimo con le donne, non ci so fare, sono sempre stato più conquistato e con il senno di poi potevo lanciarmi di più. È un rimpianto?
Alla fine sono contento del mio percorso: chi ha deciso che è un figo chi sta con tutte? È un darsi via...
Quando parla riflette, come chi ha lavorato su stesso...
Per anni ho cercato delle risposte in terapia, ma riflettere non è mai abbastanza. Però è vero, è così.
(Cantano i Queen in “Radio Ga Ga”: “Starei da solo a guardare la tua luce. Mia unica amica lungo le notti adolescenziali. E tutto ciò che dovevo sapere, l’ho ascoltato sulla mia radio”)