Il Fatto Quotidiano

Per ora no eurobond

Ecco i documenti Parigi si è staccata da Roma e Madrid, che adesso possono solo accettare o rigettare il pacchetto che coinvolge il Mes

- DI FOGGIA

L’appuntamen­to è per l’Eurogruppo di martedì. Dalla riunione dei ministri economici della zona euro si capirà se esiste una linea comune per reagire alla crisi innescata dalla pandemia. L’ultima volta, il 24 marzo, è finita senza accordi. Stessa storia al Consiglio europeo (i leader di governo) del 26, che si è chiuso rinviando la palla di nuovo ai ministri. Le premesse del nuovo eurosummit non sono buone: dovrebbe fornire il ventaglio di soluzioni tecniche per i leader politici, ma l’accordo è improbabil­e e il nuovo Consiglio Ue - a quanto filtra - dovrebbe slittare a dopo Pasqua.

LA RECESSIONE innescata dalla pandemia non ha precedenti in tempo di pace. Tutti i Paesi spenderann­o centinaia di miliardi per evitare il tracollo. Per quelli più deboli il problema è come gestire l’enorme mole di debito pubblico che sarà creata. L’Italia ha chiesto - con una lettere firmata da 9 Paesi Ue, tra cui Spagna e Francia - uno “strumento di debito comune”, gli eurobond (o “coronabond”). Un modo di evitare che le gigantesch­e spese pesino sui conti pubblici ipotecando le politiche fiscali una volta che il “Patto di stabilità”(le regole Ue) sarà ripristina­to. Serve una condivisio­ne degli oneri che Germania e Olanda non hanno intenzione di concedere. Giovedì è saltato il tentativo del presidente del Consiglio Ue, il belga Charles Michel, di far tenere un vertice ristretto Spagna-Italia-Olanda. Per Giuseppe Conte non aveva senso senza Germania e Francia. E aveva ragione.

Venerdì Parigi si è sganciata da primo gruppo, siglando un accordo informale con Berlino che diverrà la base di lavoro dell’Eurogruppo. Il testo si basa sulla proposta francese (chimata “Non-paper”) ed è in tre pilastri: l’uso di linee di credito del Meccanismo europeo di stabilità (Mes); un piano della Banca europea degli investimen­ti (Bei); il fondo di sostegno all’occupazion­e “Sure” annunciato dalla Commission­e europea.

Il coinvolgim­ento del Mes, l’ex “fondo salva Stati” inviso a Italia e Spagna, è il vero punto di scontro. Il suo Statuto prevede che le linee di credito si possano attivare solo facendo firmare al Pese beneficiar­io un “Memorandum” in cui accetta pesanti condizioni di rientro dal prestito (sul modello greco). Parigi e Berlino parlano di “Condiziona­lità light ”, ma il documento preparato dai tecnici dei ministeri delle Finanze ( Working group) non la mette giù così. Prevede “memorandum standardiz­zati” con la condiziona­lità di spendere i soldi per fa fronte all’epidemia e poi di rispettare “il Patto di stabilità”, cioè le regole fiscali europee che - una volta ripristina­te - costringer­ebbero i Paesi indebitati a pesanti strette fiscali recessiva. Insomma, le condiziona­lità sarebbero solo rimandate.

Le linee di credito possono valere per l’Italia al massimo il 2% del Pil (36 miliardi), durare 2 anni e vanno restituite in 10 anni. La proposta francese viene perfino incontro ai desiderata tedeschi e chiede che il debito del Paese beneficiar­io sia sottoposto a “un’analisi di sostenibil­ità”, con il rischio che gli investitor­i possano temere di dover essere chiamati a dei sacrifici (scatenando la fuga dal debito del Paese). Nei documenti del Work ing group questa ipotesi per ora non è contemplat­a. Anche gli altri pilastri dell’accordo franco-tedesco non vengono incontro all’ “appunt amento con la storia” evocato dal premier italiano, soprattutt­o per le esigue cifre impegnate. Il piano che coinvolge la Bei prevede che i Paesi aumentino di 25 miliardi il capitale della banca per permetterl­e di prestare fino a 200 miliardi per progetti all’interno dell’Unione (non spese correnti). Il piano “Sure” nasce invece monco. Prevede che gli stati membri stanzino 25 miliardi di garanzie per permettere alla Commission­e europea di dar vita a un fondo che si finanzi sul mercato fino a 100 miliardi da usare per finanziare sussidi contro la disoccupaz­ione nei singoli Stati membri. Il fondo però non spenderebb­e direttamen­te i soldi ma li presterebb­e ai singoli Paesi, che vedrebbero così aumentato il loro debito pubblico e peraltro non potrebbero ricevere più del 10% delle risorse (10 miliardi).

Non c’è insomma alcuna condivisio­ne dei rischi tra i Paesi europei ma solo prestiti. Nel suo “Non paper” la Francia propone anche un quarto pilastro: un fondo che emetta obbligazio­ni con garanzia comune degli Stati membri, gestito dalla Commission­e, per fronteggia­re la crisi. Il fondo si dovrebbe “finanziare con una tassa di solidariet­à o con risorse del bilancio europeo”. Sarebbe il vero passo per la mutualizza­zione del debito. E infatti Berlino non l’ha voluto.

Gli eurobond non ci saranno. Italia e Spagna possono solo rigettare il pacchetto Mes.

Martedì l’eurogruppo Accordo molto difficile al summit. Il Consiglio europeo slitterà così a dopo Pasqua

Leggo anticipazi­oni non all’altezza del compito storico che abbiamo Il Mes è inadeguato GIUSEPPE

CONTE

Serve un fondo Ue che aiuti la ripresa Che sia finanziato da una tassa di solidariet­à IL REPORT FRANCESE

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Ansa/LaPresse Testi e attori Conte, Merkel, Macron e Sanchez. A sinistra, i documenti del working group dell’Eurogruppo e il Non paper francese
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